Milan, più confusione in sede che in campo: cosa succede in società
Sui social (e non solo) già si sentono commenti fuorvianti sulle squadre, naturalmente a seconda del colore della maglia cara a chi scrive. Noi, prima dell’inizio del campionato, avevamo analizzato le pretendenti allo scudetto, poggiando le nostre considerazioni su basi concrete riguardanti cambi di allenatori, cessione di giocatori leader, fuga di dirigenti bravi, campagne acquisti sbagliate. Per alcune di queste ragioni scrivemmo e confermiamo che Napoli e Lazio non avrebbero potuto ripetere il grande campionato appena terminato. Perché cambiando allenatore da Spalletti a Garcia - nel Napoli sarebbe cambiata necessariamente la preparazione, oltre all’atteggiamento in campo magari alla ricerca di non dipendere esclusivamente dalle giocate funamboliche di Osimhen a segno 34 volte nello scorso torneo, exploit difficilmente ripetibile (lo racconta la sua carriera).
Anche perché la cessione di Kim, leader della difesa, avrebbe indebolito il reparto, allo stesso modo della contemporanea “fuga dalla vittoria” di mister Spalletti e del ds Giuntoli che avrebbe sicuramente influito negativamente sul rapporto squadra-società, togliendo ai giocatori i referenti abituali e, soprattutto credibili. Il pari di Bologna (0-0) conforta la nostra tesi di un Napoli discreto a centrocampo, male però davanti con Osimhen che ha sbagliato addirittura un rigore e dopo la sostituzione se l’è presa con Garcia che pochi minuti prima aveva sostituito anche Kvaratskhelia provocando i fischi del pubblico. La nostra convinzione è che il feeling della squadra col nuovo tecnico sia inesistente e la tensione a fior di pelle.
Alla stessa maniera scrivemmo che la Lazio difficilmente avrebbe ripetuto il secondo posto dopo le dimissioni del ds Igli Tare (vero leader della dirigenza) e la cessione di Milinkovic Savic. Erano i motivi delle nostre perplessità, anche se il timone del comando restava nelle salde mani di Lotito, che però non andrà mai dal mister (che predica sempre di voler fare la partita) a dire che questa squadra ha vinto una sola partita, giocando tra l’altro di rimessa, contro un Napoli malmesso. Lo può fare un ds, ma deve essere credibile. Quando Sarri dice «non attacchiamo più la porta» evidentemente non ha capito che manca profondità che è la forza di Immobile, e se non va in gol Ciro si fa dura. La dimostrazione di quanto stiamo dicendo ce l’ha data anche il pari interno col Monza (1-1) e soprattutto l’essere andati subito in vantaggio con il rigore di Immobile per poi venire raggiunti e anche dominati dalla squadra lombarda.
A Torino, sponda Juve, i tifosi dovrebbero smetterla di criticare mister e società o deprimersi per il pareggio interno con il Bologna per poi esaltarsi dopo la vittoria contro la Lazio che, in questo momento, naviga a vista. A suo tempo pronosticammo la Juve in zona Champions ma solo perché non ha partite infrasettimanali di Coppe. C’è da sperare che la recente sconfitta col Sassuolo (4-2) abbia fatto capire a tutti che la squadra è questa: più forte in ripartenza (il gioco caro ad Allegri) di quando si sbilancia per fare la partita (quello che vorrebbero i tifosi). E non si può imputare niente al nuovo ds Giuntoli che non ha potuto movimentare il mercato per esigenze economiche societarie.
Del Milan avevamo accennato che avrebbe avuto bisogno di rodaggio, ma la sconfitta nel derby e subito dopo la presenza di Ibrahimovic vicino alla squadra ci induce a pensare che ci sia più confusione in sede che in campo. E la vittoria stentata col Verona (1-0) potrebbe essere una conferma. Dell’Inter, che ha vinto a Empoli 1-0 con un gran gol di Dimarco, abbiamo già ampiamente parlato, ponendola in pole-position tra le pretendenti al titolo.