Roberto Mancini? Altro che criticarlo: ringraziamolo per aver rilanciato il nostro calcio
E ormai agli atti la finalissima di Wembley tra Argentina e Italia, finita con gli azzurri presi a pallonate e ridicolizzati. Un secco 3-0 che ha scatenato tante critiche ingiustificate al nostro ct, con richiesta anche di dimissioni sia per lui che per il presidente federale Gravina. Secondo noi Mancini fa il fuoco con la legna che ha, e non può compiere certamente miracoli: non merita quindi di essere criticato perché nel suo percorso c'è la vittoria dell'Europeo e la scoperta e il rischio di lanciare giovani che non sono titolari nemmeno nei loro club, come Zaniolo prima e adesso il 18enne Gnonto, che per giocare è dovuto emigrare in Svizzera. E lui, Mancini, è andato a pescarlo a Zurigo, facendolo addirittura esordire con la Germania nella partita in cui, anche se a tratti, l'Italia ha messo in mostra un gioco piacevole a conferma di come sia più facile giocare bene contro avversari più deboli.
È questo un principio che affermiamo con forza, tra l'altro decisamente attinente alla gara, totalmente diversa da quella con l'Argentina e non si capisce perché i tedeschi siano stati presentati come una compagine tra le più forti. Meglio sarebbe stato dire: tra le meno deboli. La prima ipotesi che ci viene in mente è perché tra i tedeschi giocano ben sette titolari del Bayern Monaco, molto bravi nell'amministrare la palla ma mancanti di profondità in zona gol, evidentemente risentendo del fatto che il condottiero naturale che hanno nel Bayern, il bomber Lewandowski, non gioca con loro ma con la Polonia e anche quest'anno ha vinto la classifica dei capocannonieri della Bundensliga con 35 gol. Ci è sembrato fortemente enfatizzato persino il filone di vittorie ottenuto dalla squadra di Flick nelle ultime 10 gare: due pareggi, uno con i Paesi Bassi (1-1) e uno recente con l'Italia (1-1), più otto vittorie consecutive, senza però specificare con chi, che trascriviamo noi perché si possa capire la pochezza dell'avversario incontrato. Due vittorie con il Liechtenstein (11 gol fatti, 0 subiti); due successi con l'Armenia (10 gol fatti, 1 subito), vittoria con Romania (2-1), Islanda (4-0), Macedonia (4-0) e Israele (2-0).
Questo l'excursus della Germania nell'annata 2021/22, tanto magnificato probabilmente per far digerire meglio il pari dell'Italia a quanti non seguono il calcio estero. Che non sfugge però a noi e tanto meno a Mancini, il quale al termine della gara di Bologna ha confessato: «Ne abbiamo ancora di strada da fare, e non è facile, per tornare competitivi come una volta». Lontano è infatti il 2006, quando l'Italia vinse il Mondiale a Berlino con dei dirigenti che avevano veramente a cuore il bene del calcio nazionale. Poi uno tsunami travolse il nostro pallone e azzerò quei dirigenti, che furono sostituiti da Guido Rossi, commissario della Figc nonché ex consigliere dell'Inter e presidente di Telecom, mentre a capo dei festeggiamenti, nel pullman scoperto, prese posto il presidente del Consiglio Prodi: quel momento segnò la fine della bella favola del nostro calcio che, successivamente, è stato eliminato dai Mondiali al primo turno per ben due volte e nelle due più recenti edizioni non è riuscito nemmeno a qualificarsi.
A maggior ragione dovremmo adesso ringraziare Mancini che, da uomo solo al comando, nonostante la confusione che regnava nel calcio al tempo del suo avvento, ha saputo motivare i giovani, nella stragrande maggioranza privi di esperienza internazionale, pilotandoli fino al tetto dell'Europa. Magari anche approfittando, come dicono in tanti, del mese in cui altri, che non avevano bisogno di mettere in mostra le proprie qualità, magari non davano il meglio per riposarsi in vista dei futuri impegni di campionato, Champions, E-League e Conference. È quanto ci ha confermato, successivamente, la mancata qualificazione ai Mondiali del Qatar.