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Italia, fermiamo l'invasione straniera se vogliamo bene alla Nazionale: serve una riforma fiscale

Luciano Moggi
Luciano Moggi

Luciano Moggi nasce a Monticiano il 10 luglio 1937. Dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus, vince sei scudetti (più uno revocato), tre Coppe Italia, cinque Supercoppe italiane, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea, una Coppa Intertoto e una Coppa Uefa. Dal 2006 collabora con Libero e dal 13 settembre 2015 è giornalista pubblicista.

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«C'era una volta l'Under 21...». È questo il manifesto sullo stato di salute del nostro calcio: speriamo che il suo timoniere, Gabriele Gravina, sappia e voglia voltare pagina. L'incipit della "favola" (al momento dal finale amarissimo) spiega il perché la nostra Nazionale maggiore non si è qualificata per la seconda volta di seguito ai Mondiali e chiama in causa l'invasione degli stranieri (343 in serie A, il 62% dei calciatori, dei quali il 90% è mediocre) e l'impiego che ne fanno le nostre squadre. In qualche occasione abbiamo visto anche undici titolari non italiani. Un problema di sistema ovviamente mai risolto, che la nostra Nazionale si porta tuttora appresso e che viene però sempre evidenziato solo in presenza di risultati negativi.

Dopo la mancata qualificazione a Russia 2018 si incolpò ilct Ventura, considerato inadeguato, e il presidente federale Tavecchio, pure lui bollato come inadatto. Entrambi furono giubilati, e ci stava. Mentre, dopo l'ultima figuraccia, ct e presidente, sono ancora sani e salvi ai loro posti per aver vinto l'Europeo. Conferma con merito per Mancini, con riserva invece per Gravina a patto che riesca a far ripartire il calcio senza lasciarsi dietro i problemi insoluti da tempo, che riguardano soprattutto l'Under 21, come detto in apertura.

Era dal 1990 che la nazionale dei giovani vinceva i propri tornei, o arrivandoci vicino, perché in quegli anni trovavano posto in squadra giocatori come Cannavaro, Panucci, Inzaghi, Albertini, Peruzzi, Gattuso, Pirlo, Nesta, Vieri, Buffon, Totti, Barzagli, Immobile, De Rossi e Gilardino. I quali giocando, oltre a fare esperienza, affinavano il loro talento tanto da diventare i futuri assi della nostra Nazionale. Oggiperò rischierebbero di non avere spazio nelle nostre squadre, zeppe come sono di stranieri che impediscono ai giovani italiani di giocare e crescere. Infatti l'U21 ha da tempo smesso di essere competitiva, di riflesso la Nazionale maggiore non ha più potuto attingere a quello che è stato per anni il suo serbatoio di riserva abituale.

È questo il motivo per cui il rinnovamento di Mancini si è fermato alle qualificazioni mondiali ed è per questo che non puntiamo il dito contro di lui. Preferiamo rivolgere le nostre attenzioni ai Signori del Palazzo, che avrebbero dovuto intuire l'impossibilità di utilizzo e relativa valorizzazione dei calciatori italiani già dopo il disastro di quattro anni fa. Considerando che la libera circolazione dei "comunitari" non può essere vietata, a seguito della sentenza Bosman, i nostri dirigenti dovrebbero cercare almeno di sensibilizzare le società a mandare in campo un numero massimo di giocatori provenienti dall'estero, ovviamente concordato, oppure minimo di italiani. Così facendo costringerebbero le società stesse a ragionare di più prima di acquistare stranieri e, nel caso di un possibile braccio di ferro tra le parti, basterebbe che i pagamenti per i trasferimenti dall'estero passassero, anziché tramite FIFA, tramite la Lega come se fossero trasferimenti interni.

Così facendo verrebbero sicuramente meno stranieri (lo può capire chi è stato nel calcio), i bilanci sarebbero meno fallimentari, l'Under 21 tornerebbe a vincere valorizzando i nostri giovani e la Nazionale maggiore rifiorirebbe.

Qui termina la favola, con una morale adatta solo a chi la vuol capire, e la palla passa direttamente alla realtà della 31esima giornata che pone in evidenza il Derby d'Italia tra Juventus e Inter, la solita partita già piena di polemiche ancor prima di essere giocata. L'Inter potrebbe tornare competitiva, sia mentalmente sia per lo scudetto, solo vincendo e facendo suo anche il recupero contro il Bologna. Ragion per cui questa volta dovrà essere la squadra nerazzurra a fare la partita, mentre la Juve potrà attuare il solito gioco di rimessa che non piace ai suoi sostenitori ma che ha portato i bianconeri, grazie a 16 giornate consecutive di imbattibilità, addirittura a ridosso delle prime tanto da far loro paura (magari resterà solo paura...). Il pareggio sarebbe come una sconfitta per l'Inter (specialmente se il Milan, favoritissimo, dovesse battere il Bologna a S.Siro domani sera) ma è il risultato più probabile perché alla Juve può bastare anche un punto per meglio tenere a bada l'Atalanta (nella corsa Champions) che dovrà vedersela al Gewiss Stadium con un Napoli in cerca di vittoria per non perdere terreno nei confronti del Diavolo: il treno scudetto non aspetta più nessuno. Vediamo favoriti i partenopei, nonostante le assenze dell'infortunato Di Lorenzo e degli squalificati Rrahmani e Osimhen.

Certo, spicca la curiosa programmazione delle gare: sarebbe interessante sapere chi sia stato il genio a stabilire questi anticipi e posticipi collocando il Milan a giocare sapendo il risultato di Inter e Napoli. Sembra fatto apposta per alimentare polemiche. Chissà cosa direbbe Sarri, se coinvolto nella lotta...

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