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Napoli vivo più che mai, perché con questo Osimhen lo scudetto è possibile

Luciano Moggi
Luciano Moggi

Luciano Moggi nasce a Monticiano il 10 luglio 1937. Dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus, vince sei scudetti (più uno revocato), tre Coppe Italia, cinque Supercoppe italiane, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea, una Coppa Intertoto e una Coppa Uefa. Dal 2006 collabora con Libero e dal 13 settembre 2015 è giornalista pubblicista.

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Il Milan ha battuto l'Empoli (1-0) a San Siro, mettendo a tacere le voci che davano i rossoneri imbattibili con le grandi e vulnerabili con le piccole. Effettivamente non è stata una passeggiata per i milanisti che nel primo tempo hanno messo a frutto la classe superiore portandosi in vantaggio con una rasoiata di Kalulu - un tiro più da trequartista che da difensore - che ha beffato l'incolpevole Vicario. Nella ripresa l'Empoli si è presentato con il piglio di chi non vuole perdere e, con ripartenze brucianti, ha impegnato severamente Maignan che è riuscito a mantenere inviolata la propria porta grazie ad alcune grandi parate, ma anche ad un gioco di squadra determinato. Impeccabile il reparto arretrato: su tutti Maignan, Kalulu e Tomori.

Così il Milan è riuscito a vincere pur in sofferenza, sicuramente complice la giornata di stanca di Kessie, Leao e Giroud, e ha fatto felice Pioli che per tutta la settimana aveva predicato che l'Empoli doveva essere considerato alla stregua di una grande. Il tecnico sapeva che questa giornata poteva rappresentare il crocevia per tentare una fuga, considerando le difficoltà che avrebbero incontrato i diretti avversari (il Napoli a Verona e l'Inter in trasferta col Torino), e ci teneva che i grandi vecchi Ibrahimovic e Giroud, che in carriera hanno vinto tanto, potessero motivare con la loro esperienza i tanti ragazzini che, al momento, non hanno vinto niente, facendogli capire come e quanto la vittoria avrebbe messo pressione alle rivali.

E quanto lo stesso Milan ne avrebbe guadagnato in autostima, perché vincendo avrebbe costretto i cugini ad una ricerca affannosa del successo con possibilità anche di perdere. Cosa che può succedere quando per forza si deve vincere. L'Inter ne ha dato dimostrazione. Ha pareggiato 1-1 al 93' con rete di Sanchez al termine di una rincorsa affannosa quanto disordinata. Ma ha rischiato di perdere avendo subito per tutta la gara l'aggressività dei granata, magari anche per la stanchezza accumulata nelle due partite di Champions contro il Liverpool, ma soprattutto perché gravava sulle sue spalle il peso di una partita che, se persa, poteva costituire il punto di non ritorno nella lotta scudetto. Contemporaneamente, poi, ha pesato l'assenza di Brozovic, vista la mancanza di idee dell'Inter in questa partita anche perché il croato, stante le sue caratteristiche rapportate al modo di giocare del Toro, era l'unico che poteva venir fuori dalla pressione granata dando un'identità alla manovra dei nerazzurri che hanno giocato spesso più a pallonate che a pallone. Il pareggio aggrava notevolmente la classifica dell'Inter, che deve recuperare la partita di Bologna: il Milan, che è volato a + 4, non è più soltanto capolista virtuale.

Il Napoli invece si è dimenticato presto della batosta subita al Maradona col Milan ed è andato a riprendersi tre punti importanti nel difficile campo del Verona, facendo capire a tutti che è vivo più che mai e pronto a lottare per il titolo. Nella bella prestazione sono emersi in modo particolare Koulibaly dietro, Osimhen davanti con la sua doppietta, e Anguissa che, con la sua prestanza fisica, completa il centrocampo ed è anche il costruttore del gioco. Nella corsa a qualificarsi in Champions ha perso colpi l'Atalanta che, con il pareggio al Gewiss Stadium col Genoa (0-0), sembra abbandonare qualsiasi velleità lasciando il posto alla Juve, imbattuta da quindici giornate (10 vittorie e 5 pareggi), che ha battuto la Samp 3-1 a Marassi con due autogol e un rigore a favore, contro nove calci d'angolo a zero a favore della squadra ligure. 

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