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Dusan Vlahovic? Quello che ancora non ha capito: cos'è la Juventus

Luciano Moggi
Luciano Moggi

Luciano Moggi nasce a Monticiano il 10 luglio 1937. Dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus, vince sei scudetti (più uno revocato), tre Coppe Italia, cinque Supercoppe italiane, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea, una Coppa Intertoto e una Coppa Uefa. Dal 2006 collabora con Libero e dal 13 settembre 2015 è giornalista pubblicista.

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Soltanto pochi anni addietro il derby di Torino è stata una partita importante per la classifica perché riguardava una squadra in lotta per lo scudetto. Lo Juventus-Toro di venerdì ci è apparso invece come una sfida in tono minore, addirittura una stracittadina da metà classifica, terminata con un pareggio sostanzialmente giusto, sebbene i numeri del campo pendano più dalla parte dei granata: più possesso palla (54% a 46%), più calci d'angolo (9 a 7), più passaggi completati (353 a 296), più attacchi pericolosi (65 a 31). La Juve ha segnato sugli sviluppi di un corner grazie all'errato posizionamento di Milinkovic-Savic (andato a spasso dentro la sua area piccola: è un portiere non nuovo agli svarioni) ed ha poi fatto poco rispetto al proprio potenziale per impensierire il Toro, che ha meritato un punto ottimo per puntellare la classifica. Mentre l'obiettivo ormai chiaro per la Signora è stare aggrappata al quarto posto. Non di più. 

Un Bremer quasi perfetto su Vlahovic è la dimostrazione dei meccanismi non funzionanti fra i bianconeri: il serbo non ha ricevuto palloni ispirati dal centrocampo, che Allegri ha scelto di schierare molto fisico e poco adatto alla costruzione (Locatelli, Rabiot e Zakaria). Vlahovic ha fatto due reti nelle prime due partite in bianconero, poi nelle ultime due è rimasto a secco senza particolari squilli. È l'evidente cartina di tornasole delle diversità che ci sono fra la Juve e la Fiorentina. I compagni di squadra viola giocavano in sua funzione, in bianconero tutti sgomitano per dividersi il palcoscenico giocando per la squadra e al contempo per se stessi, per segnare e andare in porta: quindi Dusan dovrà adattarsi senza snaturarsi. Ma questo fa parte delle prerogative di chi vuole essere campione. Non servirà essere dei fuoriclasse per giocarsi il passaggio ai quarti di finale di Champions contro il Villarreal dopodomani, avversario non insormontabile che però impone cautela. Si diceva lo stesso, infatti, anche delle rivali incontrate nei tre anni passati (Ajax, Lione e Porto) che hanno causato pesanti scosse alle panchine juventine. 

Intendiamoci, la partita in Spagna è alla portata di una Juve con gambe e idee chiare, non lascia tranquilli il fatto che invece possa scendere in campo la versione "ammirata" nel derby: andare ad affrontare il Sottomarino Giallo senza ritmo potrebbe diventare un problema. Vale lo stesso ragionamento per l'Inter, che alle 18 ospita al Meazza il Sassuolo: una partita chiave perché casalinga, perché dopo il ko nel derby e il pari a Napoli Inzaghi deve tornare a vincere per non perdere il passo del Milan, e perché la partita di Champions contro il Liverpool richiede un seguito. L'Inter ha mostrato di poter competere con gli inglesi per per 70 minuti: se rispetto al livello dei top club di Premier l'intero calcio italico è inferiore, è però un attestato di forza da traslare sulla serie A. Dall'ottimo primo tempo di Barcellona vorrà ripartire domani il Napoli, atteso a Cagliari da una partita tutt' altro che scontata. La squadra di Mazzarri nell'ultimo periodo ha fatto 8 punti in 5 partite, tanti quanti l'Inter, ma Spalletti ha i mezzi per puntare allo scudetto. Quello che desidera il Milan, ma lo stop inatteso a Salerno deve far riflettere i rossoneri, forse troppo gasati dopo la vittoria (non meritatissima) nel derby.

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