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Josè Mourinho, sceneggiate che non fanno più ridere: la Roma perde anche così

Luciano Moggi
Luciano Moggi

Luciano Moggi nasce a Monticiano il 10 luglio 1937. Dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus, vince sei scudetti (più uno revocato), tre Coppe Italia, cinque Supercoppe italiane, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea, una Coppa Intertoto e una Coppa Uefa. Dal 2006 collabora con Libero e dal 13 settembre 2015 è giornalista pubblicista.

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Al Gewiss Stadium di Bergamo, Atalanta-Lazio 2-2 è stata una partita dai contenuti tecnici elevati tra due formazioni che solitamente stazionano nei quartieri alti e, siccome l'Atalanta si presentava davanti alla Lazio di un solo punto, era ipotizzabile perfino il sorpasso di Sarri. Che la gara potesse quindi mettere in evidenza toni agonistici rilevanti non c'erano dubbi, oltretutto perché la Dea è sempre stata costretta ad inseguire: vantaggio di Pedro, pari di Zapata; secondo vantaggio di Immobile (anima della Lazio perché sa impostare e anche finire le azioni come pochi), secondo e stavolta definitivo pareggio di De Roon. Tutt' altra musica per la partita della Juve, subito in svantaggio di due gol a Verona, autore Simeone che, dopo un periodo di stasi, sta ritornando fra i migliori punteri del nostro campionato. In occasione del primo gol è stato bravo ad approfittare di un retropassaggio di Arthur e nel secondo della marcatura troppo blanda di Bonucci, mentre la sua squadra sovrastava nel gioco e nel ritmo i bianconeri sempre costretti a rinculare.

 

 

 

La sconfitta di Verona, 2-1, decreta il crollo sportivo e anche carismatico della Juve un tempo vincente, la sua aureola di "grande" sembra fare parte del passato: ormai senza alcun timore reverenziale viene attaccata da tutti come se fosse una provinciale. Faranno bene i bianconeri a calarsi nelle prossime contese con molta umiltà, magari avranno capito che per vincere occorre tirar fuori gli artigli, specialmente quando la classe latita. E senza affidarsi al carisma della maglia che un tempo ammaliava gli avversari. L'iniziale sconfitta casalinga con l'Empoli poteva essere colta come un campanello d'allarme, così non è stato perché prevalse la fiducia riposta nel mister Allegri, quasi avesse avuto la bacchetta magica: e adesso la débacle di Verona ne certificale conseguenze. Non ce ne vogliano i tifosi juventini se diciamo che, dopo nove anni di vittorie, è anche giusto riposare un anno: anche Dio lo fece dopo aver portato a termine la creazione... Basta che questo tempo serva a rinnovare la squadra per ritornare competitivi.

 

 

In crescendo la prestazione del Toro di Cairo, che rimanda a Genova la Samp con tre reti nel sacco scalando posizioni importanti di classifica. Così come la Fiorentina che, oltre a battere lo Spezia 3-0 (tre reti di Vlahovic), respira aria di Champions. In chiusura di giornata il derby Salernitana-Napoli e Roma-Milan. A Salerno ha vinto un Napoli non bello ma concreto (1-0, rete di Zielinski), i tre punti erano la sola cosa che contava. Non è stato certo il brillante Napoli di sempre, mancando la profondità, la fisicità e l'imprevedibilità che sa dare Osimhen, oltre alle giocate di capitan Insigne, entrambi lasciati a riposo in vista di Legia Varsavia di Europa League. Contro la Roma si è visto invece un Milan bello e concreto che ha vinto meritatamente perché un giocatore di 40 anni, Zlatan Ibrahimovic, fatti i patti con il diavolo, ha messo le ali, è sceso all'Olimpico e con la sua sapienza calcistica, oltre alla forza fisica, ha segnato e fatto segnare portando il suo Milan ad una vittoria strameritata. E lasciando a Mourinho le solite sceneggiate che non fanno più ridere nessuno. Fiero chi vi scrive di averlo portato in Italia, bravo Zlatan. Intanto l'Inter, protesa all'inseguimento delle due, batte 2-0 (doppietta Correa) una buona Udinese, faticando e senza entusiasmare. E adesso sotto con le coppe.

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