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Serie A e coronavirus: tutto congelato e niente scudetto?

Luciano Moggi
Luciano Moggi

Luciano Moggi nasce a Monticiano il 10 luglio 1937. Dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus, vince sei scudetti (più uno revocato), tre Coppe Italia, cinque Supercoppe italiane, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea, una Coppa Intertoto e una Coppa Uefa. Dal 2006 collabora con Libero e dal 13 settembre 2015 è giornalista pubblicista.

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Siamo italiani e come tali troppo spesso ciarlieri. Il Coronavirus ha messo a nudo tutte le nostre amenità che sconfinano in debolezze, paure del presente e del futuro. È questo il momento dei se, forse, probabilmente; tutti danno le loro opinioni in libertà che riguardano il presente e il futuro senza sapere quando avrà fine il presente. Si è arrivati persino a chiedere alla gente di cantare l'Inno di Mameli dalle terrazze di casa, chissà se per chiamare a raccolta il popolo italiano, pensando che possa ricacciare questo nemico invisibile oltre i nostri confini.

La verità è che in questo momento la paura fa 90. Adesso siamo tutti affratellati, ma per timore del contagio: c' è da sperare che il Coronavirus abbia almeno insegnato qualcosa. Perché in Italia, fino a poco tempo fa, se qualcuno emergeva al di fuori di una certa cerchia veniva additato al pubblico ludibrio ed esportato nel mondo, a mezzo media. Adesso si canta invece Fratelli d' Italia trascurando che in passato, sia in politica come nel calcio, si sono verificati fatti in controtendenza all' Inno di Mameli. In politica si potrebbe evidenziare la diatriba tra Di Maio e Salvini a seguito delle dimissioni di Matteo da ministro, prima grande amore e poi grande guerra: ci voleva il Coronavirus a dar ragione a Salvini perché, come voleva appunto la Lega, si sono dovuti chiudere i porti, gli aereoporti e anche gli interporti. Nel calcio sarebbe sufficiente parlare di Calciopoli e le sentenze definitive dei due processi, quello Sportivo e quello Ordinario: la prima «campionato regolare, nessuna partita alterata», la seconda finita «con il reato a consumazione anticipata», che non è altro che il frutto di illazioni personali, non suffragate dai fatti, mancando tra l' altro gli arbitri, tutti assolti.

A quei tempi andava di moda parlare di potere nel calcio, che non era un reato ma la stima di chi lavorava nel settore rivolta verso chi sapeva dare a questo sport immagine e carisma fino ad arrivare alla conquista del titolo mondiale. Il potere vero, inteso come tale, c' è stato invece dopo il 2006, ma di stampo scarsamente meritorio: con presidenti inadeguati che portarono il nostro calcio ad essere eliminato per due volte al primo turno del Mondiale, fino a non superare il girone di qualificazione nell' ultima edizione. Adesso si naviga addirittura a vista, in tanti parlano ma nessuno decide e se qualcuno propone lo fa solo pro domo sua.

Intanto l' Uefa annuncia lo spostamento dell' Europeo al 2021, dando precedenza a Champions ed E-League. Ma esiste il problema di finire i campionati nelle varie nazioni per poter dare alla stessa la possibilità di fare i calendari. Ecco allora che in Italia già si ipotizza di ripartire il 3 maggio, senza sapere però se il Coronavirus ne darà la possibilità. E, per fronteggiare eventuali ulteriori emergenze, si è anche ipotizzato: la non assegnazione del titolo; playoff e playout; congelamento della graduatoria. Troppe previsioni che finiscono sempre per scontentare tutti.

Secondo noi invece, considerando la lunga inattività delle squadre e tenendo in conto debito la salute dei giocatori, sarebbe già ora di pensare a sospendere il campionato non assegnando il titolo, mandando alla Champions le prime quattro classificate alla 26esima giornata. Stessa cosa per l' E-League. Poi congelamento delle retrocessioni e promozione delle prime due della serie B in A, da fare quindi a 22 nel 2020-21. Ci sembra l' unica soluzione di buonsenso praticabile. Indubbiamente un momento difficile per questo sport. Occorrerebbe ovviamente l' uomo forte (che non c' è), che sapesse decidere mettendo tutti a tacere, compresa l' Assocalciatori, facendo presente a Tommasi che se le tv tacciono perché il pallone non rotola, gli stipendi non corrono. 

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