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Il recupero crediti in parole semplici: cos'è e quando conviene agire

Giovanni Gregorio
Giovanni Gregorio

Avvocato civilista, patrocinante in Cassazione, sono nato, cresciuto e laureato a Milano, dove esercito in proprio la professione occupandomi principalmente di contratti commerciali, risarcimento danni da responsabilità civile,  diritto immobiliare e recupero crediti. Collaboro con il servizio di tutela legale di una primaria compagnia assicurativa, sono professionista delegato alle vendite giudiziarie immobiliari presso il Tribunale di Milano e tengo corsi di formazione aziendale in materia contrattuale.

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Probabilmente avrete già sentito parlare del recupero crediti; ma sapete cos’è questa attività? Nonostante sia molto utile per risolvere alcune situazioni critiche, spesso il suo funzionamento è poco conosciuto. Il recupero crediti si rende necessario in tutti quei casi nei quali chi deve pagare una somma di denaro non rispetta l’impegno assunto e non paga. Può accadere, ad esempio, che chi acquista un prodotto o un servizio, poi non paghi il prezzo concordato; oppure che il datore di lavoro non versi lo stipendio al proprio dipendente; oppure ancora che chi causa un danno ad altri, poi non paghi il risarcimento in denaro; e così via.

In tutte queste situazioni, il soggetto che ha diritto di ricevere la somma di denaro, cioè il creditore, dovrà decidere se intraprendere o meno delle iniziative nei confronti del debitore. Di solito, gli farà delle telefonate e gli invierà dei solleciti scritti. Ma se l’altro continua a non pagare? Se si nega al telefono e non risponde alle email e alle raccomandate? In questi casi, il creditore si troverà di fronte a un bivio: o lasciar perdere, rinunciando a quanto gli spetta; oppure agire in giudizio per ottenere il dovuto. In questo secondo caso, si parla di recupero crediti giudiziale. 

Cos’è il recupero crediti giudiziale?
Il recupero crediti giudiziale comprende una serie di atti compiuti davanti a un Giudice con un obiettivo: vincolare o “congelare” uno o più beni del debitore. Questi, una volta vincolati, vengono liquidati e convertiti in denaro per pagare il creditori.  Se essi consistono già in somme di denaro, queste verranno direttamente versate al creditore; se, invece, si tratta di beni di altra natura (ad esempio, una casa, un’auto, oggetti di arredamento, beni preziosi, titoli azionari o altro), questi verranno venduti all’asta e le somme ricavate dalla loro vendita vengono distribuite tra i creditori che ne fanno richiesta.

Il recupero crediti giudiziale, nel suo schema classico, ruota intorno a tre atti principali che si susseguono tra loro: il decreto ingiuntivo (o sentenza di condanna), l’atto di precetto e l’atto di pignoramento. Se il creditore è in possesso di una cambiale o di un assegno rilasciatogli dal debitore, il decreto ingiuntivo (o la sentenza) non è necessario. In altre situazioni, se il debitore è un imprenditore commerciale con un volume d’affari superiore a una certa soglia, il creditore può chiedere che il Tribunale ne dichiari il fallimento. In questi casi, egli potrà poi chiedere al curatore fallimentare di pagare il suo credito.

Quando conviene promuovere il recupero crediti giudiziale? E quando, invece, è meglio lasciar perdere?
Spesso il dubbio maggiore del creditore riguarda proprio la convenienza o meno del recupero crediti giudiziale. In altre parole, chi ha subìto il mancato incasso di una somma di denaro, se agisce in giudizio per recuperarla, deve anche anticipare le relative spese legali; è vero che queste vengono poi poste a carico del debitore, ma quest’ultimo, se non ha pagato il debito originario, a maggior ragione non pagherà neppure le spese legali per il suo recupero. 

Per evitare di sostenere spese inutili, quindi, il creditore deve capire in anticipo quali sono le reali possibilità di successo di un’eventuale azione contro il debitore. Per avere una risposta a questo interrogativo, egli deve preventivamente verificare se il suo debitore è proprietario di beni che possano essere pignorati. Se la risposta sarà positiva, allora sarà conveniente agire per il recupero del credito; in caso contrario, sarà meglio “lasciar perdere”.

Quali verifiche bisogna fare per accertare la consistenza del patrimonio del debitore?
Prima di agire in giudizio per il recupero del credito è quindi importante fare alcuni approfondimenti sulla situazione economica del debitore e sulla consistenza del suo patrimonio. Per farlo, vi sono diversi modi. 

Innanzitutto, è possibile effettuare alcune visure presso la Camera di commercio, presso il Catasto, presso la Conservatoria dei registri immobiliari e presso il PRA. Si può anche incaricare un’agenzia investigativa per fare ricerche approfondite sul debitore. In alternativa, si può ottenere dal Tribunale l’autorizzazione ad accedere alle banche dati delle pubbliche amministrazioni. In questo modo è possibile conoscere le preziose informazioni in possesso dell’Agenzia delle Entrate e degli Enti di previdenza. Grazie ad esse infatti il creditore potrà individuare, da esempio, i rapporti bancari e i rapporti di lavoro del debitore.

Il recupero crediti giudiziale può essere vantaggioso anche se il debitore risulta “nullatenente”?
In alcuni casi, il creditore può comunque ottenere un beneficio anche se agisce nei confronti di un debitore “nullatenente”. Alcuni creditori, infatti, possono avere dei vantaggi fiscali per il solo fatto di avere tentato di recuperare il credito in via giudiziale, anche se la loro iniziativa ha avuto esito negativo. Sono questi i casi delle banche e, più in generale, delle società. I loro crediti, infatti, vengono iscritti nell’attivo del bilancio. Su di essi, quindi, le società pagano le imposte. L’impossibilità di recuperare un credito, attestata, ad esempio, da un verbale di pignoramento negativo, consente alla società di iscrivere il credito nel passivo del bilancio, ottenendo, in questo modo, un risparmio fiscale.

di Giovanni Gregorio
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