Durata, disdetta e recesso: tutto quello che c'è da sapere sulle locazioni di immobili commerciali e industriali
Nelle locazioni di immobili urbani, la legge prevede che il contratto debba avere una durata minima inderogabile.
Ciò serve per tutelare l'interesse del conduttore di avere la certezza di poter utilizzare l'immobile per un certo periodo di tempo minimo.
Egli, infatti, vi stabilisce la propria residenza o il proprio domicilio (in caso di locazioni ad uso abitativo) oppure la sede della propria attività lavorativa (per le locazioni ad uso diverso dall’abitazione).
Questa durata minima varia a seconda del tipo di utilizzo che viene fatto del bene, cioè a seconda che si tratti di locazioni ad uso abitativo o ad uso diverso dall'abitazione.
In caso di locazioni di immobili ad uso industriale, commerciale, artigianale e per qualsiasi attività di lavoro autonomo, la durata della locazione non può essere inferiore a sei anni, rinnovabile per altri sei.
Di conseguenza, anche se le parti concordano una durata inferiore, la locazione si intende comunque stipulata per sei anni.
Il contratto può essere stipulato per un periodo più breve soltanto in casi del tutto eccezionali, qualora l'attività esercitata nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio.
La disdetta del contratto di locazione
La legge regola in modo articolato e dettagliato i termini e le modalità con i quali le parti possono porre fine alla locazione.
Alla scadenza dei sei anni, il contratto si rinnova tacitamente per altri sei anni, salvo che una delle parti dia disdetta all’altra, da comunicarsi almeno 12 mesi prima della scadenza a mezzo lettera raccomandata o a mezzo pec.
Tuttavia, mentre il conduttore è libero di comunicare una disdetta pura e semplice, senza dare alcuna motivazione, la stessa cosa non vale per il locatore.
Alla prima scadenza contrattuale, infatti, quest’ultimo può negare il rinnovo del contratto, comunicando la disdetta nel termine di 12 mesi, soltanto in alcuni casi.
Più precisamente, il locatore può dare disdetta soltanto se deve:
a) adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta;
b) adibire l'immobile all'esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una attività industriale, commerciale, artigianale o qualsiasi altra attività di lavoro autonomo;
c) demolire l'immobile per ricostruirlo, ovvero procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro;
d) ristrutturare l'immobile per rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita conforme a quanto previsto nell'art. 12 della legge 11 giugno 1971, n. 426.
Al di fuori di questi specifici casi, quindi, il locatore non può impedire il rinnovo del contratto alla prima scadenza.
Egli, inoltre, quando comunica la disdetta del contratto, deve anche dichiarare la propria volontà di conseguire la disponibilità dell'immobile locato; in tal caso, deve anche specificare, a pena di nullità, il motivo sul quale la disdetta è fondata; se non lo specifica, il contratto si rinnova per altri sei anni.
Il conduttore, invece, come già detto, gode di maggiore libertà, in quanto ha diritto di disdire il contratto entro 12 mesi dalla prima scadenza senza dover fornire alcuna spiegazione.
Il recesso del conduttore
Le parti, inoltre, sono libere di inserire nel contratto una clausola che consenta al conduttore di recedere in qualsiasi momento con un preavviso di almeno sei mesi; il recesso deve essere comunicato con lettera raccomandata o con pec.
In mancanza di una simile clausola, il conduttore può comunque recedere in qualsiasi momento dal contratto con un preavviso di almeno sei mesi, ma soltanto se ricorrono gravi motivi; anche in questo caso, la comunicazione deve avvenire con lettera raccomandata o con pec.
Per quanto riguarda quest’ultima tipologia di recesso, la sussistenza o meno dei gravi motivi è una questione molto delicata ed è spesso motivo di lite tra conduttore e locatore.
Su questo aspetto la Corte di Cassazione si è pronunciata diverse volte con sentenze che hanno chiarito alcuni punti importanti, che purtroppo non erano stati regolati dalla legge.
Innanzitutto, la Corte ha stabilito che i gravi motivi devono essere specificati nella lettera di recesso; diversamente, in mancanza di questa indicazione, il recesso non è valido.
Il locatore, infatti, ha diritto di conoscere le ragioni che stanno alla base della scelta del conduttore.
La Corte ha anche stabilito un criterio generale per verificare, di volta in volta, se sussistono o meno i gravi motivi; questi infatti devono collegarsi a fatti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto locativo, che siano tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la persistenza del rapporto stesso.
In conclusione, salvo diverso accordo tra le parti, il recesso anticipato del conduttore è possibile soltanto in alcuni casi particolari e del tutto eccezionali e va esercitato prestando molta attenzione al contenuto da inserire nella lettera.
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