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"Barry Lyndon", un grande affresco e risultati visivi portentosi

Giorgio Carbone
Giorgio Carbone

Nato a Tortona (Al) il 19 dicembre 1941. Laureato in giurisprudenza a Pavia. Giornalista dal 1971. Per 45 anni coniugato all'attrice Ida Meda. Due figli. Critico cinematografico (titolare) per "La Notte" dal 1971 al 1995. Per "Libero" dal 2000 a oggi. Autore di tre dizionari: Dizionario dei film (dal 1978 al 1990); Tutti i film (dal 1991 al 1999); Dizionario della tv (1993).

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BARRY LYNDON
Iris ore 23.15. Con Ryan O' Neal, Marisa Berenson e Patrick Magee. Regia di Stanley Kubrick. Produzione Gran Bretagna 1975. Durata: 3 ore

LA TRAMA
Dal romanzo di William Thackeray l'autore della "La fiera delle vanità" è un'altro ritratto di avventuriero settecentesco, un affresco d'epoca in un'epoca che è al tramonto anche se la maggior parte della popolazione d'Europa non lo sa. Barry è un giovane irlandese che fa fortuna associandosi a un avventuriero che gioca nei grandi salotti inglesi ( Barry è una sorta di braccio violento che sostituisce il socio nei duelli quando questi, e accade sovente viene sfidato). Accumula una fortuna e la triplica sposando una ricca vedova. La sorte gira quando il figlio piccolo muore. Sfidato a duello dal pavido figliastro, Barry ha imprevedibilmente la peggio e viene privato di tutto.

PERCHÈ VEDERLO
Perché Kubrick che non ha mai fatto un film che somigliasse al precedente, qui s'è cimentato nel grande affresco con risultati almeno visivamente portentosi. All'epoca ebbe quattro Oscar (per le scene, i costumi e soprattutto per la splendida colonna sonora, geniale rielaborazione delle musiche di Mozart, Vivaldi, Schubert e Haydn).

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