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"Io capitano", una storia orribile con una cifra narrativa fiabesca nel film di Garrone

Giorgio Carbone
Giorgio Carbone

Nato a Tortona (Al) il 19 dicembre 1941. Laureato in giurisprudenza a Pavia. Giornalista dal 1971. Per 45 anni coniugato all'attrice Ida Meda. Due figli. Critico cinematografico (titolare) per "La Notte" dal 1971 al 1995. Per "Libero" dal 2000 a oggi. Autore di tre dizionari: Dizionario dei film (dal 1978 al 1990); Tutti i film (dal 1991 al 1999); Dizionario della tv (1993).

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IO CAPITANO
Al cinema. Con Seydou Sarr, Moustrapha Fall, Issaka Sawagodo. Regia di Matteo Garrone. Produzione Italia 2023. Durata: 2 ore

LA TRAMA
Due ragazzini senegalesi fuggono dal Dakar, la colonia francese saccheggiata e allo stremo. Non sono emigranti "politici" nè strettamente economici, vogliono venire in Europa attirati come i profughi albanesi di fine secolo da un mondo luccicante, fatto di lusso e di canzoni (aspirano a "diventare famosi" poverini). Ma debbono attraversare prove tremende: la traversata del deserto popolato di cadaveri, l'inferno dei campi di concentramento libici, la traversata nei barconi.

PERCHÈ VEDERLO
Perché Garrone nel raccontare una storia terribile (e senza omettere orridi particolari) ha scelto una cifra narrativa fiabesca, come una prosecuzione del suo precedente Pinocchio (dove il gatto e la volpe sono impersonati dai mercanti di uomini). Il piccolo Seydou è un indomito personaggio difficilmente dimenticabile, un eroe in una situazione dove gli eroi sembrano non aver diritto di cittadinanza.

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