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"Everest", il racconto della tragedia del 1996 come deve essere narrata

Giorgio Carbone
Giorgio Carbone

Nato a Tortona (Al) il 19 dicembre 1941. Laureato in giurisprudenza a Pavia. Giornalista dal 1971. Per 45 anni coniugato all'attrice Ida Meda. Due figli. Critico cinematografico (titolare) per "La Notte" dal 1971 al 1995. Per "Libero" dal 2000 a oggi. Autore di tre dizionari: Dizionario dei film (dal 1978 al 1990); Tutti i film (dal 1991 al 1999); Dizionario della tv (1993).

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EVEREST
Iris, ore 21. Con Jake Gyllenhaal, Josh Brolin e  Robin Wright. Regia di Baltasar Kormakur. Produzione 2015. Durata: 2 ore

LA TRAMA
L'Everest, la montagna più alta del mondo, conquistata dopo penosissimi tentativi  all'inizio  degli anni 50, otto lustri dopo era diventata una meta accessibilissima. Perciò nel maggio 1996 due spedizioni si arrampicarono collo spirito di chi intraprende una gita domenicale. Perciò quando arrivarono in cima  erano in troppi e  furono obbligati a ripartire in ritardo. Troppo in ritardo. A metà della discesa era già buio. E una tormenta trasformò il ritorno in incubo. Otto scalatori morirono e la maggior parte tra i migliori alpinisti del mondo.

PERCHÈ VEDERLO
Perché Kormakur sa raccontare la tragedia del 1996 come doveva essere narrata. Con tensione, con dolore (ognuna delle morti atroci ha il suo spazio). Ma anche (sulla scorta del libro di Jon Krocauer) senza glissare sulle cause del dramma: calcoli commerciali, imprevidenza, la presunzione di fare una passeggiata là dove 40 anni prima tanti avevano fallito pur osando l'inosabile.

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