Frost/Nixon, così Ron Howard trasforma in oro tutto quel che tocca
FROST/ NIXON
Con Frank Langella, Michael Sheen e Kevin Bacon. Regia di Ron Howard. Produzione USA 2008. Durata: 2 ore. Tv, Sky cinema 2 ore 21.15
LA TRAMA
Il film rievoca, sulla base di un testo teatrale di Peter Morgan, le interviste televisive rilasciate dall'ex presidente Nixon al giornalista inglese David Frost a tre anni di distanza dalla poco gloriosa uscita dalla Casa Bianca dopo lo scandalo Watergate. David Frost non era all'epoca un superstar dei talk show politici, la sua fama era legata a trasmissioni pomeridiane dove la parte del leone la facevano il gossip e le rubriche di cucina. Per questo probabilmente Nixon accettò di battersi in diretta con lui, convinto che ne avrebbe fatto un sol boccone e avrebbe restaurato la sua immagine alquanto compromessa dal Watergate. Ma aveva sottovalutato Frost, che vedeva in quel confronto l'occasione per fare il balzo di carriera, arrivare ai talk del prime time televisivo. Ci riuscì. Dopo le prime puntate che avevano visto prevalere l'ex premier (la risposta del pubblico era stata più che favorevole nei suoi riguardi) Nixon perse ogni prudenza, mise a nudo le sue tare di sempre (l'arroganza del potere, l'inferiority complex nei confronti di politici più amati). Ammise la sua complicità nel Watergate, cosa che era riuscito a non fare nei giorni prima delle dimissioni. Vince Frost per getto della spugna (lo staff di Nixon cercò di interrompere la trasmissione)
PERCHE' VEDERLO
Perché ancora una volta Ron Howard mostra la sua capacità di tramutare (se non in oro, certo in grande spettacolo) tutto ciò che conta. Anche in un genere, quello storico politico che sullo schermo non ha mai funzionato troppo bene. Nixon/Frost riesca funzionare pur raccontando una storia vissuta 30 anni prima e ormai archiviata dal pubblico americano. Howard è talmente bravo da tramutare un handicap in una scena vincente. Lui, Ron (l'antico Rickie di Happy Days) fu probabilmente un nixoniano e probabilmente lo votò due volte. Qui, benchè condizionato dal dramma di uno scrittore liberal, permette a Nixon un'uscita più malinconica e dignitosa di quella della piece teatrale. E probabilmente di quella della vita reale.