Fasciofobia, all'allarmi son fascisti!
La torta con la faccia del Duce, il braccio alzato, le fobie, Telemeloni: tutti i luoghi comuni (sfatati) sul Littorio che non c'è nel libro di Alberto Busacca
E’ il nostro oracolo di fascisterie vere e immaginarie, il Denis Mack Smith di Libero, il Guerri del cubicolo accanto. L’ Alberto Busacca.
Ogni volta che in redazione, dalla realtà, s’affaccia, una polemica in camicia nera e un allarme sul “nuovo Ventennio alle porte” (e le volte, di ’sti tempi sono tantissime), be’ ecco stagliarsi Busacca, laconico come un eforo spartano, puntualissimo a darci di quella polemica e di quell’allarme, l’interpretazione autentica. Il collega Busacca conosce a perfezione l’ambiente di cultura della destra ex missina, ne percepisce le pulsioni, ne annusa entusiasmi e rancori. Sicché era l’unico in grado di firmare Fasciofobia –Bugie e follie dei nuovi antifascisti (Sign Books pp 258, euro 20).
TUTTE LE FOLLIE Ossia un corposo saggio che fotografa i continui attacchi che la sinistra –creatività ammirabile- da un paio d’anni a questa parte sta sapientemente confezionando contro il governo “fascistissimo”. Ecco. Fasciofobia svela tutte le bufale dei compagni. E cancella i luoghi comuni in circolazione che si autoalimentano nel dibattito quotidiano: l’eccidio delle foibe come colpa dei fascisti che avevano provocato i titini; il saluto romano come reato quando lo è solo se «determina la ricostituzione del partito fascista»; Togliatti che voleva sì una Costituzione antifascista ma, proprio per questo, rispettosa di tutte le opinioni altrui compresa quella fascista dell’Msi; Formigoni, Moratti, e tutti i leghisti da Bossi a Salvini additati fascisti che si «tolgano dai coglioni» diceva Gino Strada identificando il Littorio con tutto ciò che batteva a centrodestra. Busacca con tigna monacale e penna da storiografo, estrae dalle cronache articoli, racconti, interviste che distillano inconfutabili verità. Vado random.
Sul folklore ducesco: «Appurato che i fascisti ci sono ancora, la domanda successiva è: cosa dovrebbe fare lo Stato? Metterli tutti in galera? Perseguirli in qualche modo? Impedire la pubblicazione dei calendari di Mussolini o le sfilate a Predappio che tanto preoccupano la sinistra?». Sul 25 aprile festa in appannaggio esclusivo della sinistra: «Da molti anni i partiti che rappresentano la destra in parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo. Il frutto fondamentale del 25 aprile è stato, e rimane senza dubbio, l’affermazione dei valori democratico». Sul perché l’antifascismo degli anni 70 è diverso da quello del ’48: «La parola antifascismo, per la “vecchia” destra italiana, non è legata solo ai cortei del 25 aprile o alle celebrazioni dell’ Anpi, ma anche alle azioni di chi a distanza di un trentennio dalla caduta del fascismo riteneva giusto continuare a uccidere fascisti o presunti tali: studenti di destra come Sergio Ramelli, padri di famiglia come Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci, e l’elenco potrebbe continuare. Superare questo portato biografico è uno sforzo immane». Eppoi, aggiungeteci la inchieste sulle torte con la faccia del Duce, l’intangibilità della Costituzione dove effettivamente la parola “antifascismo” non compare mai, il Var sull’analisi del braccio teso alle feste, l’Anpi partigiano senza partigiani trasformato in partito che insorge su tutto dalla Finanziaria all’autonomia differenziata.
Busacca accende una nuova luce sul postfascismo contemporaneo. Roba molto diversa da quella del classicone Fascisti immaginari di Lanna/Rossi che nel 2003 divenne l’inno della nuova destra finiana. Nel saggio Busacca, a Fini, dedica un capitolo, partendo dall’appello alla Meloni di «abiura del fascismo»; e poi lascia intravedere gli errori dell’operazione politica di Alleanza Nazionale.
COLPA GENERAZIONALE Busacca è un millennial, non ha mai conosciuto né Mussolini né Almirante: ammette gli errori del fascismo ma non ne vive il complesso di colpa generazionale. Daniele Capezzone, nella prefazione scrive che «rifiuta la tattica catenacciara troppo spesso praticata a destra: va all’attacco, non si limita a giocare in difesa». Certe volte pure troppo. È un libro che ripristinando il principio di realtà non fa –ci si perdoni la battuta- di tutta l’erba un fascio.