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Se Netflix non parla male del Giovane Berlusconi

La critica: «Nella serie tv non c'è niente della P2 e troppo poco delle inchieste giudiziarie». Ma l'opera sulla prima parte della vita di Silvio è onesta e piacevole

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Il giovane Berlusconi Foto: Il giovane Berlusconi
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Silvio Berlusconi, ovvero l’ineludibile impellenza del nemico. «Avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore nostro. Pertanto, quando il nemico non ci sia, occorre costruirlo». Così Umberto Eco nel saggio Costruire il nemico (La Nave di Teseo) delineava le necessità di avere sempre un nemico a portata di mano, come faceva Linus con la sua coperta. Eco amava citare nei suoi discorsi, l’illustrazione dell’ottocentesco HM Paget, «E qui giace il mio nemico» . E chissà l’Umberto -morto prima di Silvio come sarebbe sopravvissuto alla dipartita del suo nemico ideale. Il nemico è consustanziale, è l’altra metà del cielo.

L’IRRESISTIBILE EPOPEA Ci si perdoni la premessa. Ma soltanto così, con la nostalgia del nemico, si spiega il curioso accanimento con cui i vecchi avversari oggi si trastullano nel ricordo di Silvio-che-non c’è più. L’ultima uscita in ordine di tempo è la recensione su Repubblica de Il giovane Berlusconi, l’irresistibile ascesa del cavaliere descritta nella docuserie di Netflix diretta da Simone Manetti e (ben) scritta da Matteo Billi e Piergiorgio Curzi. Sul quotidiano di Molinari con pregevole stile, quella vecchia volpe di Filippo Ceccarelli invoca ironicamente il defunto in versione “neurovisiva” nell’esaltazione di un’ipotetica Intelligenza Artificiale; poi descrive onestamente l’opera ricca di interviste –egli lascia intuire- un tantino “di parte”; infine assesta il colpo di katana. «Dispiace qui fare il Pierino, ma non c’è niente sulla “conquista” della villa di Arcore, niente sulla vexata quaestio delle origini dei quattrini, niente sulla P2, niente sullo stalliere, niente sulla prima moglie, niente su Veronica, pochissimo stranamente su Gianni Letta, Cesarone Previti non pervenuto, la parole “inchieste” (della magistratura) si ascolta alla fine del secondo episodio, poi mai più. In compenso Dell’Utri a volontà, di ottima resa e gran buonumore», scrive Ceccarelli. E aggiunge: «Ne è venuta fuori un’epopea, con tanto di Alleluja di Handel e Cavalcata delle Valchirie (entrambi i brani comunque dal vero). Del resto anche una mostra abbastanza misteriosamente organizzata nel settembre 2021 in un hotel di Milano con il nome “Piano B” puntava all’ “epica” fermandosi al 1994. Qui si arriva alla vittoria di Forza Italia, però un tantino viene anche il dubbio che da allora, grosso modo, come insegna la docuserie, l’immagine è prevalsa sulla parola, l’apparire sull’essere, il presente sul passato e il futuro, il profitto e la pubblicità su tutto il resto». Non è tutto. Il Fatto Quotidiano titola “Il ’68 di Silvio salvato dai puffi”. E l’Huffington Post recita “Il giovane Berlusconi. La creazione dell’impero e di tutte le sue distorsioni”. E così Wired, e le testate cinefile più liberal. Ora, il problema vero, per i colleghi, è che il film su Berlusconi parla bene di Berlusconi. Non siamo dalla parte di Aprile o Il caimano di Nanni Moretti, odi Videocracy di Erik Gandini, o di 1994: narrazioni feroci e urticanti che la sinistra aveva armato contro il suo Moloch politico. Il giovane Berlusconi è un racconto onesto e piacevole che tiene conto della prima parte della vita del nostro; la politica, gli scandali, le condanne vengono banalmente dopo a dividere l’Italia in due (ecco la spiegazione ai dubbi laceranti di Ceccarelli). Il film non offende, racconta.

VENNE PRIMA “LORO” Tra l’altro –parliamoci chiaro- anche Loro di Paolo Sorrentino non raccolse entusiasmi dalla sua stessa sinistra perché quella biografia berlusconiana (forse un giorno verrà rivalutata) non attaccava il politico né rovistava nell’uomo; al punto che i berlusconiani accesi non poterono accendersi in una rabbia preventiva. Semmai, da un punto di vista del racconto politico, quando il film di Sorrentino uscì ci chiedemmo se dopo anni di cassa mediatica, reportage, processi, documentari, potesse essere ancora necessario tornare su una vicenda sviscerata all'impossibile. Ma torniamo a bomba.

Il giovane Berlusconi. Ginevra Leganza su Libero osserva che Silvio agli esordi, «senza corona è meglio di The Crown»; e, in effetti, è vero. Invece di guardare alla luna di una produzione internazionale su un soggetto italiano (letto, per una volta, al positivo) gli ex avversari guardano al dito del terrore d’una beatificazione postuma. Quasi s’inebriano nell’ossessione del de cuius. Lo spettro di Berlusconi, di fatto, domina ancora la scena di coloro che gli erano oppositori in vita. E non è, si badi, solo una questione di fiction. Il mese scorso, l’Associazione nazionale magistrati, allo scopo di sparare contro l’idea di Carlo Nordio dell’introduzione di test psicoattitudinali per la categoria, trovò opportuno invocare il sogno delle «teoria psichiatrica» che sulle toghe Berlusconi espresse in un intervista a The Spectator nel 2003. E, pochi giorni fa, è divampata la polemica sull’emissione del francobollo dedicato all’ex Presidente del Consiglio, citando la contemporanea emissione dell’annullo postale di Giovanni Gentile (peraltro fascistissimo militante di Salò, ma di questo nessuno si è giustamente scandalizzato). Berlusconi, anche da morto, unisce fortemente i “suoi” e divide inesorabilmente i “loro”. Nell’uno e nell’altro caso, resta il modo migliore per consegnarsi alla Storia... 

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