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Miracolo al San Carlo dedicato al genio di Paolo Isotta

Il teatro napoletano, su richiesta del sindaco Manfredi, dedica un'ampia area al musicologo scomparso nel 2021. Nel 2013 la Scala del sovrintendente Lissner lo aveva bandito come «persona non gradita»

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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 Paolo Isotta Foto:  Paolo Isotta
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Come declamava egli stesso a nome di tutti i napoletani, Paolo Isotta riteneva San Gennaro più che una fonte miracolistica, una specie di assicurazione sulla vita.
Nato e morto sotto il vulcano, con l’attitudine popolare al sangue sciolto nell’ampolla, il «più grande musicologo del mondo» (a detta dei suoi inesausti fan), oggi vede il miracolo di uno spazio del partenopeo Teatro San Carlo a lui dedicato. “Spazio Isotta”. Maronna mia. E questo lo si deve senz’altro a San Gennaro.
Oltre, naturalmente al sindaco di Napoli Gaetano Manfredi presidente dell’ente lirico sobillato dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano napoletano pure lui, su proposta dell’ex deputato presidente di Polo Sud il napoletanissimo Amedeo Laboccetta, sobillato a sua volta dal musicista consigliere della Scala Nazzareno Carusi napoletano dentro. Tutti geniacci peraltro unti da Libero, a parte Manfredi. Ma Isotta oh Isotta!- è sempre stato una spanna sopra tutti. E sopra tutto.
Isotta era genio e spregiudicatezza, eros e thanatos, Ovidio e Totò, ingovernabile, tenero e dissipatore.

NEMESI STORICA E l’intestazione di «un’area» del «suo» teatro sa di nemesi storica. Anche perché viene imposta al sovrintendente dimissionario e abbastanza fuorilegge Stéphan Lissner. Ossia a colui che, nel 2013, come sovrintendente della Scala, a seguito di un articolo fortemente d’attacco di Isotta verso il direttore d'orchestra Daniel Harding e, indirettamente, di Claudio Abbado, dichiarò il nostro critico «persona non gradita» entro i confini del tempio milanese della classica. Noi di Libero, allora, proprio con un pezzone a firma Carusi difendemmo a spada tratta, le opinioni di Paolino. Il quale, soltanto un paio d’anni dopo, profondamente deluso da un mondo che stava cambiando, decise di autoesiliarsi dal quotidiano di via Solferino a cui era passato, nel 1980, dopo una sfavillante carriera al Giornale di Montarelli (e dopo aver abbandonato, nel 1994, l’insegnamento ai Conservatori di Reggio Calabria, Torino e Napoli, «per progressiva intolleranza verso gli allievi attuali») . Nel famigerato articolo di commiato sul Corrierone Isotta scrisse: «Torno a essere un musicista e null’altro che questo. Col presente articolo si chiude la mia attività di critico musicale svolta per più di quarantadue anni». Ovviamente, a parte la teatralità del gesto, non era vero nulla.

Isotta si dedicò sì allo studio e alla pubblicazione di nuovi libri, ma parallelamente collaborò con Il Fatto Quotidiano, dove produsse articoli lievi e aguzzi che svariavano tra musica, cultura, politica e costume; e, dal 2018, appunto, con Libero. Tra i premi ricevuti, nel 2017 c’è l'Isaiah Berlin, conferitogli «per altissimi meriti culturali», dopo Mario Vargas Llosa, Ralf Dahrendorf, Giovanni Sartori, Andrea Carandini. E molti altri che non elenco –come non elenco i suoi estimatori da Berlin a Sciascia, da Galasso a Severino- perché a farlo, a Paolino stesso, finanche dal suo illustre sepolcro, verrebbe l’orticaria. Dice Laboccetta nel sentito comunicato stampa che inserisce ufficialmente il faccione di Isotta tra le mura del San Carlo: «Sin dalla mattinata in Via Verdi ho avuto il piacere di parlare con tantissimi esponenti politici, di maggioranza e di opposizione. E tutti mi avevano garantito la totale condivisione dell'idea lanciata dall'associazione Polo Sud. Infine, un sentito e sincero ringraziamento desidero rivolgerlo al Sindaco Manfredi. Dopo gli anni dell'istrionismo e della demagogia Napoli sta restituendo alla Cultura il posto che le spetta. Avanti così!». Pure Laboccetta, con quell’aria da nobiluomo di Scarpetta, be’, è un tantino teatrale. Eppure ha ragione.

L’ERETICO Isotta l’eretico, meritava, per contrappasso, una legittimazione ufficiale della sua vita da dinamitardo. Figlio di un avvocato civilista, ricco di famiglia, una passione per Bach e per una direzione d’orchestra mai avvicinata, espressione d’una Napoli nobile e antica, fieramente omosessuale, bestia nera di ogni salotto culturale che lo esaltasse pur volendolo morto: Paolino Isotta prenderebbe l’omaggio inedito del San Carlo con irruente saggezza. Confessò, anni fa, ad Antonio Gnoli di Repubblica: «So che tutto è provvisorio ma al tempo stesso sento che la terra mi dà energia. Non ne ho paura. Semmai temo le circostanze del morire: la sofferenza innanzi tutto. Quanto a me, mi auguro di campare ancora a lungo. C'è un detto napoletano: ogni juorno è truvato in terra, ossia è regalato. Vorrei che il tempo che mi resta fosse dedicato alle cose meno effimere».

Quella targa lì, accanto al palco del San Carlo, sarebbe, per lui, oggi, la cosa meno effimera del mondo...

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