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E se l'Isis, Boko Haram e i nazisti dell'Illinois aspettassero Saviano a teatro?

autore di Gomorra rinuncia a due incontri a Reggio Emilia e dichiara di non andare in pubblico perché teme per la sua incolumità. Un timore un tantinello eccessivo (specie da uno che querela ogni cosa in movimento...)

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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 Roberto Saviano Foto:  Roberto Saviano
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Immaginatevi, una sera di novembre a Reggio Emilia. Una sera umida, tetra e patibolare come lo sguardo dell'eroe. Ecco, davanti ai cancelli del Teatro Valle, affollarsi nell'ordine: frange sparse del Pkk e dell'Isis, superstiti del battaglione Azov con bazooka sfuggiti a Putin, miliziani nigeriani di Boko Haram, un nostalgico anni 70 delle Br e un pugno di feroci nazisti dell'Illinois. Tutti lì spazientiti a sbirciare l'orologio. Scusate, ma cosa fate qui in fila? «Aspettiamo Roberto Saviano», rispondono sbuffando. 


Ma guardate che Saviano non viene. «Come non viene? Ma se abbiamo comprato il biglietto? Questo non è corretto...», urla un signore mascherato in corsetto antiproiettile. «Ma è sicuro che non viene?», insiste educatamente sparando una raffica di kalashnikov. Ma sì che non viene. «E perché non viene?». Saviano non viene perché dice che «non ha scudi». «E che minchia significa, non ha scudi?», incalzano gli astanti caricando un mortaio. Boh. Non so. In realtà, nessuno ha capito bene. I terroristi chiedono spiegazioni al bigliettaio. S' incazzano tutti.  Uno cerca di ordinare un missile dalla Cecenia.
Un altro, a sfregio, vuole piazzare del tritolo sotto il teatro. Un altro ancora, dell'Isis, fa un gesto di stizza inconsulto e, per sbaglio, stacca la linguetta di una delle granate sulla cintura. Ed è un'esplosione di raro scontento. Che - diciamoci la verità - è sempre meglio dell'«esplosione d'odio» che sta accompagnando da una settimanella a questa parte ogni atto, pensiero, opera e, soprattutto, omissione di Roberto Saviano. Ecco.
Immaginatevi questa scena surreale e pensate allo scrittore che ha appena annunciato, appunto, di disdettare gli incontri col pubblico di domenica 27 e lunedì 28 novembre a Reggio Emilia. Pensate, in particolar modo, ai motivi che l'hanno spinto a un gesto così ineducato. «Sono a processo con tre ministri di questo governo e percepisco odio, non voglio esporre chi mi ospita a questo clima», annuncia lui. E verga di suo pugno uno sfogo che è un grido di dolore verso i suoi fan, che di solito si avvicinano per toccarlo, stringergli la mano, strappargli un autografo. Ricordiamo l'antefatto.
Saviano, a Piazzapulita su La7 aveva dato dei «bastardi!» a Meloni e Salvini. Giorgia - che allora non era a Palazzo Chigi ma all'opposizione- l'aveva querelato. E Saviano, invece di scusarsi perla cazzata, con un formidabile senso del martirio ha girato la situazione a suo vantaggio; ha convocato conferenze stampa per informare che essendo scrittore ha licenza poetica di insultare chicchessia, basandosi sui reati d'opinione (un arzigogolo in punta di diritto che temo avrà vita breve); ha assemblato il suo commando situazionista capitanato da Michela Murgia, e ho detto tutto.
Come se non bastasse, ecco l'ennesimo colpo di teatro, una fascinosa mistura di vittimismo eroico: «Chiunque, al mio posto, ne sarebbe paralizzato». Chiunque. «I giornali di estrema destra, in alcuni casi pagati direttamente da esponenti della maggioranza parlamentare, stanno facendo uno squadrismo quotidiano: io sono sulle loro prime pagine ogni giorno, attaccato nella maniera più bassa e vile, senza che io sia davvero schermato da quella che dovrebbe invece essere una opinione pubblica "amica"». Considerando che, a cominciare dall'ascoltatissima tribuna di Che tempo che fa, Saviano attira sudi sé l'attenzione del mondo; be', la sua capacità di alterare la realtà qui travalica spiazzamento, indignazione e rabbia, e arriva quasi all'ammirazione.
Davvero. Quest' uomo è un genio.
Lo dico da «squadrista quotidiano di giornale di estrema destra». Saviano in uno spettacolare cortocircuito è in grado di lanciare strali verso la libera stampa che resoconta l'accaduto; ma, nel contempo, lamenta che la stessa stampa libera non gli faccia da sponda. Si tratterebbe di «silenzio per convenienza».
E, nella lettera pubblicata sul Corriere della sera, arriva perfino a definire coraggiosi quelli che lo sostengono, perché potrebbero essere vittime di «vendette trasversali». E quindi ecco che si immola per «proteggere chi non ha scelto il mio percorso ma desidera starmi accanto». Per questa nobile e drammatica ragione, per non mettere in pericolo degl'innocenti, Saviano ha annunciato l'annullamento degli incontri. «Settimane di attacchi continui, per timore di esporvi, di esporre chi mi ospita: responsabilità, questa, che sento gravosissima», ha detto, evocando un'«esposizione fisica» da evitare, perché «l'odio è tangibile e non esiste alcuno scudo». L'odio.
Nonostante abbia querelato chiunque solo provasse a fargli un buffetto (da Gasparri alla nipote di Benedetto Croce, da Genny Sangiuliano al giornalista casertano Di Meo), alla faccia della libertà d'espressione da lui invocata, Roberto rivela la sua essenza. Deve sacrificarsi, scivolare nel cono d'ombra per evitare di mettere in pericolo chi ama. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Un incrocio fra Spiderman e Salman Rushdie. Certo, poi devi spiegarlo - kalashnikov o no - a chi è lì in coda ad attenderne l'ombra nella notte...

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