Luciano Rispoli, l'uomo che rispettava tutti
Grande dirigente Rai, inventò il talk show e lanciò grandi star, inventò la tv civile e il linguaggio garbato: un libro di Mariano Sabatini lo ricorda (in attesa che lo ricordi anche viale Mazzini...)
Era lo Chateaubriand del piccolo schermo -l’eleganza delle piccole cose-. Hanno finito per trattarlo come l’ultimo degli stagisti.
«Quanta vita, quanto entusiasmo, quante intuizioni e quanta artigianale abilità scompaiono con lui: un uomo perbene che ha fatto della televisione civile (non amava l’aggettivo garbato che lo ha perseguitato per tutta la sua permanenza terrena) sempre legata a spunti culturali e al buon gusto». Sta tutto qui, sta nell’epicedio esalato dal suo biografo Mariano Sabatini l’essenza di Luciano Rispoli che in questi giorni avrebbe compiuto 90 anni. Non è un caso che oggi esca proprio a firma di Sabatini, la biografia Ma che belle parole- Il fascino discreto della radio e della tv Vallecchi pp 234, euro 16), titolo che richiama l’estasiato tormentone con cui Rispoli reagiva alle esternazioni del linguista Gian Luigi Beccaria nel suo storico programma Rai Parola mia, sulla fascinazione dei lemmi e dell’idioma italico. Sabatini è malato da sempre di rispolite.
Amava, da adolescente, in modo viscerale i programmi di Luciano come i ragazzini oggi impazziscono per i Maneskin; e da adulto, dopo averne seguito l’iter professionale e umano ne è diventato lo scudiero in programmi che hanno segnato la storia come Tappeto volante. Figlio di un militare, Rispoli è stato, con Arbore, Piero Angela e pochi altri l’esempio plastico dell’educazione prussiana applicata alla tv di servizio, e di una vita privata blindata fino all’ossessione.
Sabatini ne scava la memoria da bambino attraverso solo tre particolari dell’infanzia legati a tre città diverse, «la raccolta di fragole nel bosco a Gorizia, un villino a Vercelli dinnanzi a quello di un colonnello olimpionico di scherma, il gioco del dottore fatto con una bimbetta in cima a una scala, a Brescia». Poi ne riporta il ruolo prepotente della madre, la facoltà di giurisprudenza mai finita, il matrimonio con la sua Teresa celebrato da padre Pio, i tre figli, e il lavoro che ne occupava l’esistenza. Sabatini rievoca gli inizi di Rispoli dirigente di viale Mazzini, ai tempi delle “radiosquadre” che setacciavano i paesi italiani allestendo spettacoli nelle piazze per rastrellare abbonamenti alla Rai.
E quindi ecco le intuizioni di Bandieragialla, della Corrida, del rivoluzionario Chiamate Roma 3131 che aprì la radio fino ad allora formale e istituzionale, alla partecipazione del pubblico da casa. «Non tutti sanno poi che scoprì anche Raffaella Carrà, e che negli anni 70 in piena austerity quando gli italiani la domenica erano costretti a rimanere in casa si inventò il primo talk show (fu lui e non Maurizio Costanzo, che venne assunto primo da Rispoli nel ’63, ndr), L’ospite delle due cui parteciparono nomi come Dario Argento e Lamberto Bava», dice Mariano.
E rammenta che, in tarda età professionale, Rispoli non amava i dirigenti Rai che l’avevano tenuto fuori dal grande giro –Fabrizio Del Noc in primis- ; ma adorava gli showman che si erano ispirati al suo stile, «Gerry Scotti e il suo <CF2711>Passaparola</CF>, un’evoluzione accettabile del suo <CF2711>Parola mia</CF>». Rispoli era soprattutto Il tappeto volante, in onda su Telemontecarlo dal 1993 al 2000 (poi su network privati): lì segnò un modo di fare tv. Il tappeto era una trappola psicologica. Chi vi andava ospite veniva immerso in un idromassaggio di coccole e parole, mai un rimprovero, mai uno scazzo. Si ha una gran nostalgia di quei pomeriggi «garbati». Di Rispoli, della sua affabilità e del suo approccio nasale - Max Tortora lo imitava attribuendogli una ferocia inumana, pure se Sabatini afferma che l’imitatore più amato era Fabio Fazio -, si hanno ricordi vividi.
Il rispetto era il suo mantra. Ricordo una sera d’estate, a Ostuni, alla presentazione di un libro: rimase a sorbirsi, con pazienza biblica, domande e sfoghi di tutti i 200 astanti, firmando a ognuno di loro, sempre con il sorriso stampato tutte le copie del volume. Solo che il libro non era il suo, era il mio, «Non volevo che fossi messo in imbarazzo...» sorrideva, affogato nella folla. Il saggio lo rievoca. Assieme alla sue incazzature, per esempio, con Melba Ruffo da Tmc passata alla Rai senza avvertirlo; o ai suoi moti d’orgoglio come quando il Presidente Napolitano lo nominò Commendatore per riconosciti meriti linguistici. Negli ultimi anni “Zio Luciano” s’era macchiato di gentili efferatezze. Massacrava in diretta gente come il Mago Otelma e varie signorine, sue ospiti paraculate da padrini politici. Sabatini cita una sua provocazione su Repubblica «In tv non si vive di solo cacca».
Aveva ragione. Ora la battaglia di Mariano è sempre la stessa: la Rai ha titolato studi e dedicato auditorium ai suoi eroi. Cara Presidente Marinella Soldi, caro dottor Fuortes, perché non dedicare a Rispoli almeno una sala montaggio, un corridoio, uno sgabuzzino?