Ma perché Gennaro Sangiuliano non può parlare di Prezzolini dalla Meloni?
La polemica -abbastanza insulsa- del direttore del Tg2 che non può parlare davanti alla platea di FdI ma può farlo alle Feste dell'Unità. Ma sin dai tempi di Sandro Curzi...
Gennaro Sangiuliano detto Genny è un conservatore invincibile. È un fatto ontologico. Genny ha grumi di conservatorismo che gli scorrono nel dna: già a sette anni conosceva drammi e trionfi del Risorgimento; al liceo citava Spengler, Weber, Papini e Pirandello; dopo la laurea si connotava come uno dei maggior esperti di Prezzolini dell’orbe terracqueo. Al punto che, ancora oggi, appena ti vede, ti dà la mano, e ti cita a mantra la famosa frase «il progressista è la persona del domani, il conservatore è la persona del dopodomani». Non ci puoi prendere un caffè, col buon Gennaro, che subito ti assale alla gola con Thomas Mann, Ortega y Gasset e Machiavelli, mentre magari tu vorresti spettegolare su Salvini, o Draghi, il Milan o Barbara D’Urso. Non ce la può fare.
Talora la foga da storico dei movimenti conservatori di Sangiuliano (ci ha scritto sopra tre libri) diventa talmente avvolgente da instillare nell’interlocutore un imbarazzato senso d’ignoranza. Ma, onestamente, m’imbarazza di più che proprio il suo intervento professorale sul tema durante la Conferenza programmatica di Fratelli d’Italia abbia scatenato l’ira della sinistra. Che l’ha trovato «grave e assolutamente improprio. Non è mai accaduto che un direttore di Tg Rai facesse un comizio a una convention di partito. Secondo le regole Rai chi lo ha autorizzato? Serve un urgente chiarimento e l’intervento dei vertici Rai». Questo, almeno, ha twittato la senatrice Valeria Fedeli, capogruppo del Pd in Commissione di Vigilanza Rai. A cui, in un riflesso pavloviano, ha fatto eco Michele Anzaldi il Torquemada di Italia viva non chè segretario della commissione di Vigilanza. Il quale Anzaldi ha ribadito su Facebook: «Il comizio del direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano alla convention di Fratelli d’Italia a Milano rappresenta un caso senza precedenti: mai un direttore di un tg Rai era salito sul palco di una conferenza di partito per un intervento di carattere politico, addirittura proprio l’intervento chiamato a lanciare il discorso immediatamente successivo della leader Giorgia Meloni. Come ha potuto l’amministratore delegato Fuortes autorizzare una tale umiliazione della funzione del servizio pubblico? Come è stato possibile avallare un atto di tale disprezzo e arroganza nei confronti dei cittadini che pagano il canone?».
Ora, intendiamoci. Fedeli e Anzaldi, nel gioco degli opposti, hanno fatto il loro dovere politico: hanno scatenato un dibattito che s’è inarcato su tutta la dorsale culturale del centrosinistra. Epperò, notiamo –ci si perdoni- una puntina di malafede. Perché non solo la partecipazione di Genny all’evento meloniano era prettamente tecnica senza alcun riferimento all’attualità politica; e non solo era stato autorizzato dal direttore generale della Rai uomo non certo inviso alla sinistra.
Ma pure perché, nella partecipazione di un direttore di tg del servizio pubblico ad appuntamenti politici, nulla v’è d’inedito. Solo nel febbraio di quest’ anno, per dire, la scuola di formazione Dem del Pd, il “corso di politica” di Gianni Cuperlo aveva tra i suoi relatori, oltre a Prodi, Gentiloni, Letta e Fassino anche Andrea Vianello direttore di RadioRai e Giovanna Botteri storica corrispondente, tra l’altro tra i migliori giornalisti su piazza. E Giovanni Donzelli, tra gli organizzatori della Conferenza di FdI ha giustamente notato altre incongruenze. Scrive Donzelli: «Fatemi capire: Sangiuliano può intervenire alla Festa dell’Unità a presentare il libro di Landini, ma non a un evento di Fdi? Davvero volete punire i giornalisti solo se partecipano a iniziative dell’opposizione?». E la domanda è legittima, nessuno s’è mai lamentato di Genny sotto la bandiera rossa. E la stessa domanda di Donzelli se pone, in un certo qual modo, perfino Carlo Calenda leader di Azione sfatando la fake dell’intervento “senza precedenti” di un dirigente Rai: «Senza precedenti direi di no. Pensa Campo Dall’Orto (ex direttore generale Rai, ndr) alla Leopolda. Su non facciamo doppia morale. Non porta bene».
Tra l’altro, siamo in molti, sorretti dall’anagrafe, a ricordare che le ospitate di Sandro Curzi, storico direttore del Tg3 alle accesissime Feste dell’Unità fine anni ’80.
Comunque da qui, da questa strana amnesia da sinistra, ecco arrivare l’alzata di scudi del centrodestra per Sangiuliano: dal FdI Francesco Lollobrigida («quello di Sangiuliano è stato un contributo di alto spessore che ha arricchito il dibattito») a Antonio Saccone dell’Udc, dal democristianissimo Rotondi a Maurizio Lupi che invoca la fragile democrazia interpretativa dell’articolo 21 della Costituzione, quello sulla libertà d’espressione. Tutti concordi nel ritenere che nella convention di Fratelli d’Italia –tutt’altro che una “manifestazione elettorale”- il pregiato intervento del direttore avrebbe dovuto aprire il dibattito culturale, non chiuderlo con la solita, istintiva, lite da cortile…