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Perché Renzo Piano s'informa solo su Rainews24 (e gli fa lo studio a gratis)

L'archistar dona un nuovo fighissimo set per le notizie alla all news della tv di Stato. Perché dopo il Covid e nel mare delle fake questo rimane un modello giornalistico vincente

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Renzo Piano e Carlo Fuortes alla presentazione dello studio di Rainews24 Foto: Renzo Piano e Carlo Fuortes alla presentazione dello studio di Rainews24
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Qualche anno fa, Renzo Piano aveva approcciato il mondo dell’editoria costruendo la sede del Sole 24 Ore a Milano. Quando feci umilmente notare al leggendario architetto che i giornalisti -immersi in quel lussureggiante palazzo fatto di ferro bianco, volute di plexiglass e archi sospesi nel tempo e nello spazio- si lamentavano perché i bagni erano strettini, be’, Renzo sorrise di quei sorrisi eterei che ricordano ogni volta un discorso di Kennedy, e sospirò: “Ma che stronzi…”. Dopodiché Piano –ferma restando la parentesi ben remunerata della sede del New York Times- si tenne ben lontano dai territori dell’informazione.

Perciò stranizza la notizia che Piano, archistar planetaria dedita al culto del sussurro, abbia dichiarato davanti a un piatto di bucatini a pranzo con l’ad Rai Carlo Fuortes, di essere un “cosmopolita non un apolide che usa come trait d’union informativo con l’Italia Rainews24” (cioè di informarsi solo attraverso il canale all news della tv di Stato); e che, dunque, sulla base di una curiosa forma di riconoscenza, lo stesso Piano abbia espresso il desiderio di “ridisegnare lo studio del canale”. Cioè: Renzo Piano è grato a Rainews24 per i servigi svolti; e, in uno slancio d’affetto, gli regala il nuovo set griffatissimo. Il neo direttore della rete Paolo Petrecca, alla notizia, ha avuto un improvviso calo degli zuccheri. Così come aveva inizialmente pensato a uno scherzo il direttore precedente Andrea Vianello –oggi a capo di Radio1 Rai- , dirigente che aveva partecipato alle prime riunioni del megaprogetto affidato allo studio dallo studio Alvisi- Kirimoto, ad un costo nella media, se non sotto la media. Ora, qua non mi dilungo sull’entità progetto: “l’idea è quella del laboratorio delle notizie a 360°, di uno studio interattivo di 220 mq, di 6 telecamere di nuova generazione, di led wall” per complessivi 50 metri quadrati di una fucina dell’informazione, da cui –dice Piano- salta fuori di tutto come “dalle tasche di Eta Beta”, afferma il Petrecca. Roba molto tecnica. Evitiamo.

 Semmai mi chiedo: perché Renzo Piano, in qualunque parte del mondo si trovi, si abbevera solo alle notizie di Rainews? E perché afferma di fare lo stesso il Presidente della Repubblica Mattarella? E molti dei potenti imprenditori, politici, stakeholders di questo Paese? Boh. Essendo io gradito ospite di quelle frequenze potrei apparire di parte. Eppure, è un dato di fatto che la rete all news della tv di Stato –considerata, per anni, marginale rispetto alle sorelle generaliste- sia una della voci più autorevoli dell’informazione sul campo. Lasciamo stare le “maratone” elettorale nate qui (e su SkyTg24) e divenute un marchio di fabbrica del giornalismo televisivo tout court, come quello degli Speciali di Enrico Mentana, di Monica Maggioni o Genny Sangiuliano. Lasciamo stare anche i picchi molto alti raggiunti –come a Sanremo, o al funerale di Sassoli, per capirci-; il tutto anche col sito della Rai (che dipende sempre da Petrecca come il Televideo); e questo grazie alla collaborazione continua con Elena Capparelli direttrice di Rai Play, la vera anima digitale del servizio pubblico. Lasciamo anche stare la grande libertà d’azione di cui godono i cronisti in quella sorta di Shamballah giornalistica esiliata ai confini di Saxa Rubra; libertà esercitata proprio per il fatto di essere fisicamente un po’ lontani dai confini dell’impero. Tra l’altro, a Rainews, vige una consistente quota rosa di colleghe brave; mi vengono in mente, tra le altre, Giorgia Rombolà, Emanuela Bonchino, Sabrina Bellomo alla conduzione o Silvia Balducci che rese un’efficace impressione del giornalismo da trincea con i suoi servizi minimalisti dalla zona rossa del Covid. Per dire. Lasciamo stare il contributo –mattoncino su mattoncino- che ivi hanno dato i vari di rete da Maggioni a Di Bella a Vianello, perfino al battezzatore Mineo, validissimo direttore persosi nei meandri della politica.

L’analisi più semplice è che il modello delle all news, che molti davano al tramonto con l’avvento dei social, oggi è più vivo che mai. La verità è che, nella palude delle fake news pescate nel mare sempre più oceano del “giornalismo reticolare”, oggi tutti gli indicatori registrano un disperato bisogno di giornalismo autorevole, competente, certificato. E i social hanno il problema dell’autorevolezza inesistente. Nella velocità delle notizie in tempo reale il pubblico privilegia, oggi più che mai, la professionalità nell’incartare le notizie e fornirle fresche al lettore/telespettatore come il pane. Ed ecco quindi il nuovo, spiazzante, successo –soprattutto presso i giovani- del servizio in diretta epperò siglato dal bollino blu della riconosciuta competenza di giornalisti i quali esercitano il loro porco mestiere senza fare i divi, col padrinaggio politico ridotto all’osso e col massimo undertstatement. Gli spettatori lo capiscono. Renzo Piano, forse, più degli altri….

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