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Quirinale, se Tv Talk indaga le (fiacche) maratone tv

Il programma degli analisti televisivi di Raitre scandaglia la "mentanizzazione" dei retei nella corsa al Colle. Dice Gene Gnocchi: "Fortuna che non si è accavallato a Sanremo, sennò avevamo Amadeus Presidente della repubblica..."

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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La banda di Tv Talk Foto: La banda di Tv Talk
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Dice il Gene Gnocchi, con aria meno surreale del solito: “Meno male che le votazioni per la Presidenza della Repubblica sono finite in tempo. Correvamo il rischio di accavallarsi a Sanremo e di avere Amadeus e al Quirinale e Draghi all’Ariston, vestito da Achille Lauro”.

Gene lo afferma perentorio, con quella sua aria smagata da Felice Andreasi negli anni 70 (e io sono abbastanza d’accordo) dalla poltrona del Tv Talk di Massimo Bernardini; e lo afferma mentre rivela innate doti di comedian-commentatore politico dal suo speaker’s corner di Quarta Repubblica su Rete4. Gnocchi presenta a Tv Talk il suo spettacolo teatrale Se non ci pensa dio ci penso io (con domande ontologiche, fondamentali nella vita di un uomo, tipo “perché Dio ha tollerato un gioco come il curling?”), la solita goduria nonsense in stile Fratelli Marx. Ed è proprio il nonsense la chiave interpretativa della settimana del Quirinale che, mediaticamente, è stata roba da fiaccare un bisonte. Figuriamoci noi giornalisti.

Tv Talk ha, come al solito, sminuzzato, eviscerato, interpretato il racconto di elezioni che hanno quasi monopolizzato pubblica attenzione e i social. Ne è uscito, impietosamente, il ritratto di un Parlmento fatto di chiacchiere fumanti, di teorie astrali, di dilatazione proustiana della corsa a Colle nei palinsesti (con seri danni sul traino della fiction di Raiuno, per esempio) che hanno inguainato – e inguaiato-  i canali. E’ come se la tv si fosse “mentanizzata”, dal riflesso pavloviano di Chicco Mentana di rendere qualsiasi notizia una maratona giornalistica; appena vede qualcosa che gli puzza d’evento, in Mentana s’infiamma lo spirito di Zatopek, e accende la telecamera e da lì non si scolla. Sembra quasi che il direttore del TgLa7 provi un piacere fisico nel correre senza requia sul filo delle insalatiere e dei catafalchi; Gene  mi confida che, quando sembrava che dovessero eleggere il Presidente in 24 ore, Mentana terrorizzato, avrebbe cominciato “a chiamare uno a uno tutti i 1004 grandi elettori, per pregarli di non finire subito…”. Ed è verosimile.

Stavolta però anche Monica Maggioni, Bruno Vespa, Nicola Porro, si sono “mentanizzati”. E hanno optato per la giostra di notizie in tempo reale, quasi rubando il mestiere ai classici da Rainews a SkyTg24 al TgCom. Sebastiano Pucciarelli parla di eccessiva “eventizzazione” della politica. Secondo lui non è che il pueblo, poi, si strappasse i capelli alla notizia che Casini tramava nell’ombra o che la Casellati/Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare fosse stata fatta fuori dalle maggiorenti del suo partito. Anzi. All’analisi dell’audience di Silvia Motta risultava che le varie maratone sui vari canali hanno parcellizzato all’inverosimile gli ascolti; hanno ridotto a riserva indiana i campioni d’ascolto dei contenitori pomeridiani (Matano, Bortone); hanno fatto solo da cassa di risonanza per una classe politica sinora umiliata da Draghi e ora impazzita alla sua prima vera settimana di notorietà dopo mesi e mesi. E noi cronisti non abbiamo fatto altro che cavalcare la frustrazione della politica, invece di assecondare i gusti degli spettatori sempre più convinti che per eleggere di nuovo Mattarella in fondo, bastassero 48 ore. Parlo con cognizione di causa essendo stato parte integrante del circo. Il risultato è stata la cronaca di un’umiliazione parlamentare e di un ascolto fiaccato dalla noia. Certo, la prospettiva che ora si torni al solito Covid, ai soliti scontri tra No Vax e resto del mondo, be’, è ancora più terrificante…

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