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Striscia la Notizia, Ambra, Allegri e il resto: processo al Tapiro d'oro

Il tg satirico attaccato per aver invaso la privacy dell'attrice appena lasciato. Ma la satira è cattiva. Semmai c'è da chiedersi se il tapiro è ancora satira...

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Ambra e Staffelli con tapiro d'oro Foto: Ambra e Staffelli con tapiro d'oro
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«La satira deve avere dei limiti perché deve superarli continuamente», diceva Vauro che distillava battute sugli ebrei fascisti (ma il copyright della crudeltà era di Jonathan Swift che addirittura suggeriva di macellare i bambini poveri). L’imprescindibilità di una satira cattiva è l’eccezione che ieri molti opponevano alle critiche piovute verso Antonio Ricci, dopo la consegna del Tapiro d’oro a Ambra Angiolini.

Resoconto dei fatti da Striscia la notizia. Ambra -la cui bellezza e ironia raggiungono vette siderali- viene adescata dal solito Valerio Staffelli che le consegna il trofeo in quanto donna “attapirata” causa della separazione dall’ (ex) fidanzato fedifrago Massimiliano Allegri. 

Staffelli nel porgere il Tapiro d’oro si lascia andare a qualche fregnaccetta precotta («mica lui la tradisce con Dybala» sottofondo di Richard Sanderson dal Tempo della mele); Ambra, visibilmente straziata sotto la mascherina, con educazione incassa e s’allontana in una nuvola di mestizia. Chiosa al siparietto è la messa in onda, perfida, del video Ti appartengo canzone-cult dell’ex ragazzina prodigio ai tempi di Non è la Rai. Inevitabile picco d’ascolto: 5,57 milioni di spettatori per 22,61% di share. Il giorno dopo Striscia entra nel mirino degli obici di mezzo mondo dello spettacolo. Il mezzo mondo femminile. Tranne Vanessa Incontrada che si lamenta sempre dell’ingerenza dei media nella vita privata altrui, salvo improvvise amnesie –guarda caso- giusto mentre conduce Striscia. Comunque, è tutta una mitragliata contro i Gabibbo Boys

Selvaggia Lucarelli scrive: «C’era una donna che non stava solo vivendo la fine di una storia, ma la stava vivendo da personaggio pubblico, con la sua intimità sbattuta sui giornali e particolari mortificanti. Un tradimento, la fine di un amore sono già dolori affrontati tra le pareti di casa, figuriamoci se ne parla anche ai semafori». Luisa Ranieri bacchetta il «gesto orrendo»; Laura Chiatti accenna ai diritti violati delle donne; Francesca Barra accusa, di fatto, Striscia di sessismo e di strisciante compiacimento a favore del “maschio alfa” Allegri. Interviene perfino la figlia di Ambra, Jolanda per difendere privacy e onore della madre. Un casino. 

Eppure, suvvia, Striscia non è uscita dal solito, sempiterno canovaccio. Il tg satirico entra per mission a gamba tesa nella vita delle persone notorie e anche meno notorie (io stesso sono stato accomunato in diretta ad un medico–serial killer, e la mia vecchia madre ignara e disperata, come quella di Fracchia la belva umana, telefonò ai carabinieri. Ma ci sta). Striscia picchia con malvagità e per vocazione di satira; la quale satira –come detto- dev’essere un pugno nello stomaco. E il Tapiro equivale sempre a un lungo sorso di curaro, a una lingua di napalm, a una provocazione contundente che ignora il dolore stesso delle vittime. Rivedetevi, per dire, l’espressione livida della Carrà nel prendere il Tapiro per aver ricevuto in Spagna quell’onorificenza che aveva sempre sperato di ottenere in Italia. Tra l’altro, non esiste sessismo. Il Tapiro sputtana democraticamente tutti; se ad essere stato lasciato – e quindi attapirato- fosse stato Allegri, l’avrebbe ricevuto lui. No, è sbagliato sparare sul Tapiro. Anche perché, diciamolo, Ricci se ne fotte altamente. E poi, è la satira bellezza. 

Semmai, sarebbe necessario, oggi, sparare sull’utilità del Tapiro. E chiedersi se il tapiro è ancora satira.  Il pupazzotto parodia di Oscar delle gaffe, delle risse, delle nequizie dei fatti di cronaca politica e costume vive i suoi 25 anni oramai come reperto del passato. Un tempo era lo sguardo del voyeur che si ficcava nella privacy blindata dei vip, molti dei quali s’incazzavano (Mike Bongiorno lo gettò a terra). Via via, con gli anni, ha perso la sua forza eversiva, s’è trasformato in un rito stanco, accompagnato da battutelle sfarinate dallo spirito del tempo. Il Tapiro è come il Buster Keaton vecchio e rintronato degli ultimi film con Franco e Ciccio: non provoca, non scalda più. E –ancora peggio- sempre più spesso viene agognato come oggetto di marketing e celebrità effimera dall’ attapirato di turno. Striscia rimane un presidio di ironia, spesso di servizio pubblico. Eppure io ho visto tutto l’anacronismo della consegna di quella mostruosità dorata, l’altro giorno, in una frase di mio figlio di dieci anni: «Papà, perché guardi questa cosa? Mica fa ridere…». 

 

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