Cerca
Logo
Cerca
+

Se nella Casa di carta manca solo Bruce Willis col kalashnikov

Guerra tra blindati, bombe e sangue per una rapina in banca. Come la 5a serie Netflix è sempre più ipnotica fino a farti venir voglia d'imbracciare un fucile

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

Vai al blog
 La Casa di carta 5 Foto:  La Casa di carta 5
  • a
  • a
  • a

Oramai la Casa di carta sta diventando una droga di massa. Ci siamo talmente immedesimati nella trama così cosparsa di sangue, merda e polvere da sparo della banda del Profesòr tutt'intenta a svaligiare i ricchi per dare ai poveri, che, tra un po’, saremo assaliti dalla voglia insopprimibile di irrompere nel Banco de Madrid armati di granate come Bruce Willis nell’Inferno di cristallo.

La nuova edizione della Casa de papel targata Netflix si divide in due sottotrame che –al netto delle scene romantiche che hanno l’unico scopo di non spingerti verso una seduta psicanalitica- s’intrecciano stritolando lo spettatore nel solito cappio di angoscia e commozione. Nella prima c’è l’assalto alla Banca da parte della gang di sanguinari mercenari del terribile colonèl Tamayo, uno stronzo poderosissimo, per stanare i nostri ladri una robetta che si risolve a bazooka, amputazioni e morti ammazzati. E, in montaggio, alternato, in questa parte del racconto, compare sempre il mitico capobanda - il professore, appunto- che si improvvisa perfino ginecologo e fa partorire in diretta Sierra, la nemica che lo voleva stanare. La seconda sottotrama riguarda il flashback di Berlino (il fratello pazzo del professore, deceduto nella rapina precedente alla zecca di Stato); il quale, col solito sorrisetto da agente delle tasse, introduce la figura del proprio figlio Rafael, un nerd genio informatico al quale insegna a rubare un corredo funebre vikingo, 12 chili di oro puro che fanno cambiare al ragazzo la percezione della parola “onestà”. Poi spiccano i soliti affezionati protagonisti con le new entry: Bogotà, un ex pugile che assomiglia allo chef Canavacciuolo, Palermo il gay guerrafondaio, Marsiglia il poliglotta e Manila la trans innamorata da anni di Denver senza che Denver lo sospettasse. Tutto vibra e tutto scoppia –più del solito- e sanguina e si dispera in questa nuova edizione della serie spagnola. E, tanto per spoilerare, muore Tokyo con tutti i filistei, dietro una mitragliatrice e avvolta in un filo di bombe a mano.

La Casa di carta, partita come I sette uomini d’oro oramai sembra un film degli Avengers. Il che non è un male, anzi. Ma il fatto che, come nei fumetti, il finale viene sempre rimandato alla serie successiva, be', non fa altro che indurre noi vecchi fan ad armare il kalashnikov….

Dai blog