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Se, dalla tv, il virologo Crisanti ci vuol far spiare tutti

Il professore invoca la geolocalizzazione e la tracciabilità assoluta per "spegnere i focolai" . Ma c'è qualche problemino...

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Andrea Crisanti Foto: Andrea Crisanti
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Il professor Andrea Crisanti, pregiato microbiologo dell’Università di Padova, in televisione ha l’espressione di uno sempre sul punto di dare una craniata al cameraman. Lo sguardo stizzito, mai un sorriso, mai una battuta nonostante la cadenza alla Gigi Proietti, mai un filo di speranza (il contrario del più cazzerellone Pregliasco, ma sulla stessa linea gotica di Galli).

 Già fautore del primo miracolo del contenimento della pandemia veneta a partire da Vo Euganeo, Crisanti è un pessimista antico. Stavolta, dalle frequenze di Agorà su Raitre e di Radio1 Rai dichiara che “senza tracciabilità e controlli sul Covid la strada è aperta a qualsiasi variante”. E sta bene, la prudenza non è mai troppa: il virus si combatte riprendendo a vivere con passo felpato. Poi però, Crisanti aggiunge che oggi sussiste la necessità imprescindibile di geolocalizzare chi entra nei luoghi pubblici per ammansire il Covid nei suoi colpi di coda. E cita il compromesso che “è stato trovato in Inghilterra: ogni volta che una persona entra in un cinema, in uno stadio, in un ristorante”, insomma "in un luogo pubblico, scannerizza un codice QR e immediatamente si sa che è stata lì".  Mah. Uno dice: prof Crisanti, scusi ma così la privacy va a farsi benedire. Se ci mettiamo continuamente sotto le telecamere, il nostro mondo, così per come lo conosciamo, finisce col diventare la Casa del Grande Fratello. Anzi, si trasforma nel Panopticon il grande carcere all’aria aperta evocato, a fine Settecento, dal filosofo Jeremy Bentham: una metafora del potere invisibile nata dal mito di Argo Panoptes, il gigante della mitologia greca con un centinaio di occhi considerato perciò un ottimo guardiano. Oppure, quella selva scomposta di bracci, fili e sguardi elettronici potrebbe direttamente precipitarci sul set di Person of Interest, la serie televisiva in cui un unico computer controllava e indirizzava gesti, carriere e vite degli abitanti del pianeta. Ma Crisanti, diciamolo, non fa il critico tv, né il futurologo, né il sociologo; e della privacy un po’ se ne fotte. Non è una prospettiva allettante. Pure se, precisa il prof, non si tratterebbe di “di una geolocalizzazione continua, in ogni singolo istante; bensì appunto “un compromesso” che “non mi pare una grande deroga al diritto di privacy”.  Insomma. Ma no, sostiene il templare del controllo sanitario, “nel momento in cui uno paga con la carta di credito, o con App o con qualsiasi altro strumento, è chiaro che in quel momento già delega tutti i suoi diritti di privacy”.

Epperò,a chi gli fa notare che la proposta non accoglie, diciamo, l’euforia degli astanti, Crisanti -sempre più accigliato- alla fine sbotta. E ribatte che tanto “siamo già tutti tracciati ai fini commerciali”, che “la privacy è il recinto legislativo in cui le grandi compagnie gestiscono il loro business”; che “sarei dell’idea di scardinare questa cosa, di abolire la privacy, perché è il solo modo per rompere questi monopoli”. Che un’idea del tutto legittima, per carità. Ma un conto è affermare che “senza tracciabilità e controlli sul Covid la strada è aperta a qualsiasi variante”, sostenendo che “serve un'anagrafe nazionale vaccinale”. Eppoi Crisanti si contraddice perché, per sostenere la sua tesi, aggiunge: “Basta guardare a quello che sta accadendo nel Regno Unito  dove l'aumento dei casi è del 40% settimanale: non dimentichiamo che lì fanno 750 mila tamponi, per lo più molecolari, al giorno e c'è una capacità di filtro e tracciamento alle frontiere che noi non abbiamo”. Laddove l’Inghilterra e il suo compromesso, solo due minuti prima, erano l’esempio virtuoso. Ecco. Un conto è esprimere un’opinione mossi da innegabile principio di precauzione. Un altro è richiamare un certo sentore d’apocalisse ogni tre per due, elevando la tracciabilità a dogma e imponendo proprio ora (nel momento in cui si inoculano 604mila dosi al giorno e il virus sta declinando nell’annuncio dell’estate) quella limitazione della libertà personale che non ci fu quando doveva esserci. E insinuando perfino il dubbio che anche sul numero dei casi “qualcosa non quadra”. Naturalmente la politica si getta all’attacco del nostro medico. Uno per tutti il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Francesco Lollobrigida; il quale giudica la di lui proposta “irricevibile”, dato anche il “fallimento colossale del tracciamento dei contagi con l’inutile App Immuni. Un’idea folle e pericolosa degna dei peggiori regimi”. Magari non è esattamente così, e Crisanti -diomio- non è Pol Pot. E la fissa del tallonare il Covid, Crisanti ce l’ha sempre avuta sin da quando, l’agosto scorso, propose un piano per evitare la “seconda ondata del Coronavirus” attraverso il tracciamento di tutti gli appartenenti agli ambienti dei positivi con 400mil tamponi “per spegnere sul nascere i focolai”; ma il governo Conte non la prese in considerazione.

Le impennate del microbiologo sono senz’altro sincere, ma in questo momento sembrano sfasate rispetto alla reale situazione dei contagi in picchiata. I numeri parlano chiaro, facendo le corna. Sicché, per l’uomo comune le uscite ad Agorà dei virologi (vale anche per Massimo Galli che ha dovuto ricredersi sulle sue previsioni catastrofiche) appaiono quasi un vago tentativo di alzare la voce e di rimanere sulla breccia dei media. Mentre s’intravvede, sempre più prossimo, un futuro in cui tutti i virologi spariranno dal video e torneranno nei reparti…

 

 

 

 

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