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La Dad, gli specchi dei prof e i neuroni-specchio

Gli studenti sono in parte rientrati a scuola. Meno male, non sarebbero sopravvissuti allo specchio anti-furbi dietro la schiena,. voluti da prof troppo zelanti...

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Bimbo in Dad Foto: Bimbo in Dad
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Il problema non è Draghi, sono i neuroni-specchio.  “Da remoto i neuroni-specchio non si attivano, i bimbi non si relazionano e si rintronano…”. Così, svincolando sull’empatia e sui processi neurologici mozzati, la mia amica preside Paola Ebranati, già inviata speciale e visiting professor del ministero dell’Istruzione a Philadelfia giustifica il rincoglionimento dei miei figli dinnanzi alla Dad. Lo dice la Paola, ma lo dica anche la tv.

Boh, saranno anche i neuroni specchio. Ma non sono soltanto i miei figli che durante le lezioni di didattica a distanza indossano il cuffione come i concorrenti dei vecchi quiz di Mike Bongiorno e tentano di rimanere svegli mentre le maestre e i prof si accaniscono su quei fragili corpi. Il Covid sta proponendo nel rapporto insegnanti-alunni scenari inconsueti. L’ultimo è quello della sempre più folta pattuglia di insegnati che obbligano i ragazzi a piazzare un grande specchio dietro le spalle. Non un neurone-specchio, uno specchio vero. Il motivo è “controllare se gli studenti abbiano durante le interrogazioni e i compiti foglietti, appunti o addirittura libri aperti sulla tastiera del computer, laddove la telecamera non può arrivare a visionare l’inganno”. Che poi, “inganno” è una parola grossa. Si parla, al limite, di innocui trucchetti per allentare la tensione. Certo, io parlo da genitore di un bambino di nove anni che sotto la tastiera indossa una chitarra elettrica suonata occasionalmente sulle canzoni dei Kiss, dei Led Zeppelin e degli Aerosmith nel pieno della lezione, mettendo in “mute” la maestra. E in video, mentre schitarra, Gregorio Indro -la faccia come il coccige- appare sempre attento e incuriosito. Io, insomma, non faccio testo. E il controllo della mia prole attraverso lo specchio non sarebbe così peregrino.  Epperò, la prima domanda da genitore è : dove cavolo trovo uno specchio enorme che incornici i miei figli nell’inquadratura di Zoom? Gli unici piani riflettenti che ho sono in bagno; ma credo che per i ragazzi una lezione di quattro ore acquattati tra il bidet e il piano doccia sia sicuramente demotivante. Al limite potremmo alterarci dietro i pargoli io e la mamma, a sostenere lo specchio come negli shoot fotografici di moda. No, lo specchio, alla fine risulta essere solo uno dei tentativi di riproporre un ambiente di normalità nella situazione più anomale che la scuola abbia prodotto. Ci sono altri prof che fanno di peggio, finendo sui giornali. C’è quello che vuole garantire l’originalità dell’interrogazione e l’effettiva conoscenza dei contenuti; e impone agli allievi, di spegnere le luci della stanza, dove è collegato col computer, oppure di bendarsi, in modo da evitare che sbircino fonti, non visibili al monitor. C’è quella che, zelantissima, alle 8,15 in punto, prende il telefono e chiama i ragazzi, uno per uno, imponendo di mettersi davanti al computer per la lezione. E se manca qualcuno all’appello mette una nota sul registro elettronico. C’è quello che interroga chiedendo agli studenti di tenere in mano il pc e di basculare nell’aria come fosse la cloche di un aereo. La famosa interrogazione in derapata.

Poi uno si stupisce se -secondo una ricerca Ipsos- dopo un anno di didattica a distanza, “oltre il 40% degli studenti ha percepito un peggioramento nelle proprie attività di studio e il 65% fatica a seguire le lezioni. Il 96% durante la Dad ha chattato con i compagni, l’89% è stato sui social media, l’88% ha consumato cibo e il 39% ha cucinato”. Ha cucinato. Cioè ci sono studenti che, mentre studiano il Foscolo e le teoria degli insiemi si fanno un uovo al tegamino. Tra le mancanze più evidenti portate dalla Dad c’è la distanza “relazionale” tra i compagni di classe e tra studenti e professori: 1 su 4 ha sofferto un peggioramento del rapporto e del dialogo con l’insegnante. Poi, certo, ci sono le eccezioni. Il mio piccolo Tancredi di 6 anni studia come registrare in diretta le lezioni da “cantafiabe” della maestra Claudia, per condividerla e farla diventare una star del web. Ma diciamo che l’apprendimento classico è un’altra cosa. Vivaddio sono ritornati tra i banchi, più fortunelli dei loro colleghi di medie e superiori. Ora, messi da parte gli specchi , sono curiosa davvero di vedere se sarà il tripudio dei nueroni-specchio…

 

 

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