Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, come e perché riportano il centrodestra al governo
Come Tex Willer e Kit Carson sdraiati nella villa di Zeffirelli, i due leader ritornano al governo sotto Draghi
Eccola, la scena di famiglia in un interno, ad uso di fotografi, amici, nemici, e semplici questuanti della politica. Eccola che scorre, a loop in tutti i tiggì di tutte le televisioni del regno.
Scrivania antica tra due lampade accecanti ad illuminare una carta da parati che è quasi una geografia dei sentimenti; due bandiere, quella d’Italia e -occhio- d’Europa, ripiegate ma non troppo e adagiate dietro le sedie; sedie, probabilmente in oro zecchino, su cui svettano i due, sorriso lucido, in giacca ma senza cravatta. Come Tex Willer e Kit Carson, Silvio e Matteo sono vivi, e combattono insieme a noi. Solo che ora lo fanno sotto la stella di Draghi. Quando si ritrovano nei saloni estetizzanti della villa sull’Appia Antica che Berlusconi prestò a Franco Zeffirelli, il leader di Forza Italia e quello della Lega sono all’embrassons-nous. E’, tra loro, tutto un ritrovato, caloroso, milanistissimo abbraccio generazionale. Draghi li ha fatti rientrare al governo, dopo un bel po’ d’astinenza. E i due, dopo le consultazioni istituzionali, si confrontano “sulla situazione politica e sui contenuti delle proposte che sono state presentate al presidente del Consiglio incaricato”, recita la loro nota congiunta, “con la ferma volontà di dare un contributo, con senso di responsabilità e senza porre alcun veto, per risollevare il Paese da una gravissima crisi sanitaria, economica e sociale”. L’ambiente è rilassato, è tutto sorrisi e pacche sulle spalle, odora di tempesta appena passata. La cordialità tipicamente berlusconiana sta nelle piccole cose. Il Berlusca che comunica ai suoi lì convocati – Tajani, Gelmini, Ronzulli, Bernini, Valentini- “mi siete mancati”; e poi trasmette in un comunicato l’ottimismo che è il profumo della vita come diceva lo spot dsel Tonino Guerra: “Il Parlamento europeo ha approvato il Recovery Fund. Finalmente l'Europa della solidarietà prevale sull'Europa dell'austerità. Come Forza Italia e come Ppe lo abbiamo chiesto per un anno e oggi, finalmente, questo voto storico. Tocca al governo italiano lavorare perché le risorse possano arrivare presto alle imprese e alle famiglie italiane”. E Salvini che rinfodera l’ascia bipenne ed è un profluvio di buone intenzioni: “Gli italiani hanno fretta. Hanno fame di salute, di lavoro, di scuola e di libertà. Non si può perdere altro tempo: noi rinnoviamo – come Lega e come centrodestra – la disponibilità a dar vita al nuovo governo che metta al centro la salute degli italiani, il taglio delle tasse, il taglio della burocrazia, un ritorno alla vita. Non poniamo veti e non diciamo ‘no’ pregiudiziali. Responsabilità, velocità ed efficienza: noi ci siamo”. Pronto per un ministero. Certo, poi, magari scricchiola in qualche dettaglio. Quel suo “come Lega e come centrodestra” fa stizzire Giorgia Meloni, fierissima della propria, coerente “opposizione patriottica” a Draghi: “Trovo strano se non frutto di un errore di interpretazione della stampa che Salvini possa essersi espresso a nome di tutto il centrodestra. Meloni, come unica all’opposizione, otterrà la presidenza del Copasir, forse la Vigilanza Rai. Ma queste, in fondo, sono pinzellacchere.
Il risultato della rinverdita alleanza con Silvio che fa il padre nobile e Matteo che accoglie il draghismo volgendo la testa verso l’euroriformismo, be’, è qualcosa di completamente inedito. Per dire. Sarebbe stato impossibile, solo una settimana fa, immaginare il leghista Marco Zanni, presidente del gruppo Identità e democrazia, attaccare il suo vice, Jorg Meuthen dell’ultradestra tedesca Afd, proprio per difendere l’ex Bce Draghi. Invece è successo. L’asse governativo Fi-Lega spiazza ora gli avversari. I 5 Stelle hanno governato ma si spezzano alla visione di un esecutivo con lo “psiconano di Arcore”. Il Pd, nel ritrovarsi accanto i padani è imbarazzato, e s’inventa la faccenda delle “forze sempre alternative ma in un perimetro programmatico comune e questa è una valutazione che dovrà fare il professore nella sua autonomia”, come dire, “compagni, mica è colpa mia se sto con Salvini, prendetevela con Draghi…” . Salvini è un pratico. Ritiene che, se si è nella melma, la realpolitik sia preferibile all’ideologia. E il Paese è nella melma. Senza considerare il fatto che, sotto l’ombrello di Draghi, la Lega può ottenere, non più il sovranismo (un pensiero lontano) ma quella palingenesi che lo può fare accettare magari nell’alveo del Ppe. Senza considerare che non è male neppure partecipare alla spesa della pioggia di prossimi fondi Ue. Berlusconi questo lo sapeva già. Si ricomincia…