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La satira di Osho contro la politica a botte di sorrisi

La satira di Osho massacra la politica e rinverdisce una tradizione che sembrava persa

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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 La satira di Osho Foto:  La satira di Osho
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Ben sapendo che -come diceva Palazzeschi- l’umorismo è il respiro di un paese civile, il civilissimo Federico Palmaroli, classe ’73, romano e laziale, arciere satirico “di formazione umanistica”, ogni santo giorno osserva il paesaggio della politica.

Dopodiché lo elabora e si mette al computer e, sotto lo pseudonimo di Osho (in onore o forse a sfregio di Osho Rajneesh, mistico e padre spirituale indiano), sforna meme -fotografie con didascalie inattinenti ed esilaranti- che diventano l’editoriale di un Paese perduto. L’ultimo meme riguarda le restrizioni sul pranzo di Natale. Ritrae un cliente che entra in una pasticceria: “Volevo un vassoio di pasticcini”, “Per quante persone?”, chiede la commessa, mentre dietro al bancone si rannicchiano poliziotti in tenuta antisommossa, pronti ad intervenire nel caso il numero dei commensali fosse superiore a sei o a dieci o a forse più nella versione aggiornata dal governo Conte. Tutte le più belle vignette Osho/Palmaroli sono oggi degustabili nel pamphlet Vedi de fa’ poco ‘o spiritoso - il meglio (e il peggio) di un anno italiano, Rizzoli, pp 168). Molte di queste sono già state pubblicate sul Tempo di Franco Bechis che allega al quotidiano anche il libro. Molte altre sono inediti legati alla velocità della velina politica. Osho trasforma la cronaca di Palazzo in quadretto familiare. Un esempio fantastico fu l’imperlata di meme su Salvini che abbandona il governo “gialloverde”. C’era quello con Di Maio disperato consolato dai colleghi (“Ma dai nun fa così, magari ce ripensa”; “No, no stavolta l’ho sentito troppo deciso…”); quello con Berlusconi di spalle che sembra non riaccogliere il figliol prodigo leghista che si giustifica: “Oh, guarda che co’ Di Maio ce so’ stato solo per’ vede quanto bene volevi a me”; quello sempre con Matteo che, imbarazzato, sembra poggiare una mano sulla spalla di Conte e l’altra su Di Maio: “Oh, comunque, sentimose, pure pe’ ‘na pizza…”. O quello che, dopo tentativi di riapproccio, vede lo stesso Salvini al telefono con Giggino, mentre fa la “mossa disperata”: “Che c’è ancora?” “Aspetto un bambino”.

Osho ricorda satiricamente un po’ il maestro Massimo Bucchi (precursore delle foto con dida fantasiose), un po’ l’Altan nelle battute semplici e familiari; anche se la sua vena nasce dalla velocità dei suoi profili social attraverso un hashtag,  #lepiùbellefrasidiOsho, che spunta imperioso dall’oceano del web.

Osho ne ha per tutti i gusti. Quando Conte, nel nuovo esecutivo col Pd, aumenta il numero dei sottosegretari ecco Di Maio che sembra sussurragli: “Ma bastano le poltrone per tutti? Guarda che semo tanti, eh…”; e il premier: “Casomai scendo a prende ‘npo de sedie in cantina”. Quando in un’operazione anti-camorra, viene arrestato il fratello di Monica Cirinnà la deputata delle Unioni civili ecco l’onorevole col broncio: “Poi dice perché me sta sur cazzo la famija”. Quando il Pd fa la corte al M5S per un’alleanza anche alle Regionali, ecco Di Maio a Franceschini: “Ma n’te sembra n’po’ presto per parlà de regionali? In fondo ci conosciamo appena…”; e il ministro Pd: “E’ che non stavo coì bene con qualcuno da un sacco di tempo”. Osho è anche un po’ l’erede del Pasquino, della saggezza romana che traduce in quadretti comuni gli alti schemi della politica. Della politica, e dell’economia. Per dire. A me fanno scompisciare le due vigentte dedicate al Recovery Fund: hanno per protagonisti in Commissione Europea Angela Merkel e Ursula von der Leyen che vogliono accontentare Conte che chiede soldi; e Mark Rutte primo ministro dell’Olanda capofila dei “paesi frugali” il quale non vuol saperne di finanziare i paesi spendaccioni come l’Italia. In una c’è Rutte che sgrida la Merkel sui soldi a Conte: : “Ma prestajeli te no, eh?” con la Merkel, piccata, che fa: “Intanto datte na carmata pecchè io nun so’ tu sorella”. Nell’altra lo stesso Rutte, bastardo dentro, accoglie il nuovo arrivato e imbarazzato Conte: “’Naggia se arrivavi ‘n attimo prima, stavamo a regalà li sordi” mentre la presidente della Commissione lo apostrofa con un “Eddai che stronzo, però”, come fosse il compagno di classe dispettoso.

Ma nel mirino del nostro satirico ci sono anche Greta Thunberg che sfoga la sua rabbia per il clima all’Onu (“Nun se sa più come vestisse!”, indossando un opinabile abitino rosso); il mitico Piano Colao per il rilancio del Paese (Conte al ministro dell’Economia Gualtieri: “Famme un po’ vedè ‘sto piano Colao”, “Aspetta che l’avevo messo qui sotto perché ballava er tavolino”); D’Alema che si produce nell’ultimo ripassino al figlioccio Speranza ancora inconsapevole di essere appena stato nominato Ministro della Salute (“Le malattie esantematiche te le ricordi?”). Osho è lo specchio di popolo di cui la carta stampata, oramai orfana di guizzi satirici se si esclude Il Vernacoliere, è tornata ad aver bisogno; pure se ibrida il genere con la velocità della Rete. E l’uso del romanesco rende più grassa la risata. Osho diverte, qualche volta fa pensare. Quando, all’ennesima presentazione di Dpcm che proroga l’emergenza Covid, fotografa Conte che dice “il virus circolerà fino a fine legislatura”; bè, dapprima ho riso. Poi mi è colato un rivolo di sudore freddo…

 

 

 

 

 

 

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