Roberto Saviano attacca anche i commercialisti (quando si ha sempre bisogno di un nemico...)
In diretta tv l'ennesima gaffe dello scrittore
“Anche i commercialisti hanno un’anima”, titolava un vecchio film con Pozzetto e Montesano. A Roberto Saviano - sempre così livido per le ingiustizie del mondo, così preso dall’ombrosità del personaggio a metà fra Sciascia e Clint Eastwood- quel film dev’essere sfuggito.
Sennò non si spiega. Sennò lo scrittore non avrebbe commesso l’errore di lanciare su Raitre a Che tempo che fa, anatemi contro l’animaccia nera dei templari dei bilanci, indicati come sponda per le cosche: “Spesso, la criminalità organizzata, coinvolge la persona di cui più ti fidi, il commercialista, che indica quella società o quella persona da avvicinare”. I commercialisti già estenuati, in questi giorni, dalle denunce dei redditi e dalla pioggia di Dpcm che incasina le tasche degl’italiani, appena avuto il tempo di tirar su il naso dai faldoni, si sono incazzati. E hanno reagito, in quadrata falange, tutte le associazioni di categoria: Ordine Professionale e Associazione nazionale, Consiglio Nazionale e Unione Giovani Esperti Contabili. Una fiumana di email e dichiarazioni contro Saviano, inarrestabile: “Non possiamo credere che abbia potuto affermare che i commercialisti segnalerebbero i clienti in difficoltà agli usurai. Sarebbe come se noi ora dicessimo che gli scrittori si arricchiscono grazie alla camorra”; “è quanto di più lesivo della onorabilità di 120mila professionisti economici quotidianamente in campo per la legalità”; “le aziende sequestrate alle mafie sono gestite praticamente in esclusiva dai commercialisti, esposti e spesso indifesi”. Cose così. I commercialisti sono arrivati al punto di meditare la denuncia, class action al contrario: un’unica categoria contro un sol uomo. Credo non fosse mai accaduto, nemmeno quando c’era Visco alla Finanze.
Ma tant’è. Il conduttore Fazio, ammirato dall’ospite ha dimenticato di correggerlo, o di dissociarsi (cosa che non aveva evitato in una precedente ospitata con la Meloni), e Saviano finora non ha rettificato. E sarebbe bastato poco correggersi: “Volevo dire alcuni commercialisti, non tutti. Mi scuso con la categoria…”. L’aggettivazione, lì, per Saviano sarebbe subito degradata da “ignobile” a “pasticcione”. Ma il ruolo teatrale dell’arcigno infallibile che Roberto s’è dato non prevede questo copione. Sicché l’uomo continua a collezionare perle su perle. Nell’agosto del 2016 scrive che il velocista “Bolt discende dagli schiavi”. Nel maggio 2019 attacca la polizia che fa la scorta al ministro Salvini “ridotta a servizio d’ordine per la campagna elettorale”, e i poliziotti gli fanno un mazzo tanto. Due mesi dopo spara sulla morte del carabiniere ammazzato da due migranti e ad incazzarsi è l’Arma. Nel gennaio 2019, con la cattura di Cesare Battisti, chiede al sito Carmilla di cancellare il suo nome dalla lista di intellettuali che, a suo tempo, lo volevano libero. Nel marzo del 2017 prende per i fondelli Di Maio per la gaffe su Pinochet; ma, in seguito lui stesso sbaglierà la citazione su Dreyfus nel programma Il supplente. Nel giugno del 2019, nel commentare per Repubblica un incontro di boxe, plaude alla vittoria del “pugile di origini messicane semisconosciuto Andy Ruiz Jr”, in realtà notissimo con un pedigree di 34 incontri da professionista all’attivo, con 33 vittorie e una sola sconfitta. Ogni commento, qui, è superfluo. Ma non il sospetto che per mantenere alta l’attenzione su di sè, di Saviano possano contare più le gaffes delle opere…