#Italiacheresiste, la tv di qualità si fa col telefonino (e quasi a costo zero)
Una bella idea che rivoluziona i budget delle produzioni esterne
“Resistenza, resilienza e residenza!” con queste tre parole Enrico Bertolino-monologhista straordinario talora sottovalutato- racconta la propria quarantena da Coronavirus. Lo fa dal suo “angolo del Kitsch”, nel salotto addobbato da oggetti terrificanti, mentre la sua faccia da nostalgia canaglia “per gli amici, per i treni, le code agli aeroporti, il Lago di Bracciano visto dall’alto, quelle cose lì” viene ripresa, con lo smartphone, dalla figlioletta in attesa della videocall scolastica.
Bertolino è uno dei protagonisti di #Italiacheresiste (Raitre, sabato ore 11.30 e Rai Play) programma di 10 minuti che Pablo Rojas ha sviluppato sulle tranche de vie degli italiani in quarantena. Le storie sono benedette dagli dei delle piccole cose. Sono un’imperlata di racconti: un attore di Ponza che, sotto la pioggia, riscopre il gusto dell’orto e la speranza nella cura di fave e fagiolini assieme all’anziano padre; una parrucchiera di Asti che si trova immersa nelle crisi delle botteghe e umiliata perché costretta a farsi fare la spesa “dai genitori anziani”; il cantante napoletano Sal Da Vinci che -Roberto Murolo in sottofondo- spiega l’importanza della tazzulella ‘e caffè, tradizione partenopea invincibile, negli stati di crisi; un giovane bardato con tuta e mascherina che assiste alla nascita del proprio figlio nel reparto Covid di un grande ospedale. In altre puntate trovi il geologo Tozzi che stira ascoltando i Queen, o Costanzo che considera i mobili dei parenti. Cose così, appunto. Giornate ben narrate nel loro minimalismo, un po’ malinconiche e di un’accecante normalità. Ma c’è un elemento industriale inedito in questi raccontini. Sono fatti con i telefonini degli stessi protagonisti: nessuna telecamera, nessuna troupe o operatore. La Rai assegna ai protagonisti un vademecum su come utilizzare il proprio cellulare per il film; e poi un solo montatore/autore Rai, aiutato dall’immensa library di Rai.Com, confeziona il programma e lo manda in onda. Fine. E questo dimostra due cose. Che in Rai, oltre ai fancazzisti e raccomandati abbondano i professionisti interni; e che con una filiera così accorciata e un prodotto interno a costo rasente lo zero di buona qualità si può ridimensionare la funzione delle produzioni esterna. Se c’è una cosa che il Coronavirus ha trascinato con sé, è la certezza del prossimo cambio dei sistemi produttivi. Preparatevi…