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Donald Trump e l'account Twitter bloccato: Francesco Giorgino ha una chiave di lettura originale (e raffinata)

Francesco Fredella
Francesco Fredella

Francesco Fredella è nato nel 1984. Pugliese d'origine, ma romano d'adozione. Laureato in Lettere e filosofia a pieni voti, è giornalista professionista. Si occupa di gossip da sempre diventando un punto di riferimento nel jet-set televisivo. Collabora con Libero, Il Tempo, Nuovo (Cairo editore). E' uno degli speaker della famiglia RTL102.5, dove conduce un programma di gossip sul digital space. E' opinionista fisso di Raiuno e Pomeriggio5.

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Ha fatto molto scalpore la decisione di Twitter di bloccare l’account personale di Trump e quello della Casa Bianca. Analisti e commentatori di mezzo mondo si sono pronunciati su questo tema che, al di là dell’emotività del momento, necessita di una riflessione approfondita. Tante le firme e gli studiosi che se ne sono occupati nelle ultime ore: da Floridi a Cohen, da Riotta a Gaggi, a Luna. Spicca per originalità e rigore scientifico l’analisi di Francesco Giorgino, volto notissimo del Tg1 e professore universitario alla Luiss, dove dirige il Master in Comunicazione e Marketing politico ed istituzionale. Giorgino ha scritto un articolo sul Sole 24 Ore, diretto da Fabio Tamburini. Articolo, girato alla velocità della luce nelle chat di chi si occupa di comunicazione politica, nel quale si affronta la questione del futuro dei social network e del loro possibile snaturamento. Dopo aver chiarito che l’atteggiamento assunto da The Donald in seguito alla vittoria di Joe Biden e soprattutto in occasione dell’assalto a Capitol Hill di alcuni suoi supporter è grave, Giorgino pone, più di quanto fatto da altri intellettuali, la questione chiave di questa vicenda: la compatibilità delle decisioni di Twitter e di Facebook con il principio del “free speech”, principio che è la naturale esplicazione del primo emendamento della Costituzione americana. Ciò che è particolarmente convincente del ragionamento del giornalista e docente Luiss è la spiegazione che l’esigenza di scongiurare il pericolo di un “ulteriore incitamento alla violenza”, alla base della decisione di Twitter, non può far dimenticare i rischi della metamorfosi dei social network in media mainstream. Scrive Giorgino sul quotidiano di Confindustria: “Il web, specie nella versione 2.0, nasce e si sviluppa sul presupposto della massima libertà di opinione e soprattutto della determinazione a dis-intermediare o a re-intermediare contenuti prodotti in una prospettiva di co-creazione da parte degli utenti. E’ questa la meccanica esecutiva dei personal media e dei new media, i quali a fini di marketing politico hanno agevolato l’applicazione di strategie di micro targeting e a fini di comunicazione politica hanno accresciuto la produzione di messaggi non più solo “da uno a molti” come con gli old media, ma anche “da uno a uno”, “da molti a molti”, “da molti a uno”. La conclusione di Giorgino: “E’ difficile o quanto meno troppo disinvolto accostare la mission di una televisione generalista o di un gruppo editoriale offline e online alla proprietà di una piattaforma nata e concepita per orizzontalizzare (e non certo per verticalizzare) la produzione e la fruizione di tutti i contenuti. E che ha sempre puntato ad implementare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica e la presenza dei soggetti politici nella sfera pubblica”. Come dargli torto?

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