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Gisèle ci ha messo il cognome

Brunella Bolloli
Brunella Bolloli

Alessandrina, vivo a Roma dal 2002. Ho cominciato a scrivere a 15 anni su giornali della mia città e, insieme a un gruppo di compagni di liceo, mi dilettavo di mondo giovanile alla radio. Dopo l'università tra Milano e la Francia e un master in Scienze Internazionali, sono capitata a Libero che aveva un anno di vita e cercava giovani un po' pazzi che volessero diventare giornalisti veri. Era il periodo del G8 di Genova, delle Torri Gemelle, della morte di Montanelli: tantissimo lavoro, ma senza fatica perché quando c'è la passione c'è tutto. Volevo fare l'inviata di Esteri, ma a Roma ho scoperto la cronaca cittadina, poi, soprattutto, la politica. Sul blog di Liberoquotidiano.it parlo delle donne di oggi, senza filtri.

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Leggendo in questi giorni il caso Pelicot, la vicenda della donna francese di 72 anni che ha avuto il coraggio di denunciare il marito che la drogava e la faceva stuprare da decine di uomini nella loro casa, caso che ha sconvolto la Francia e non solo, mi sono domandata più volte perché Giséle Pelicot abbia voluto tenere il cognome del marito. Ho cercato, anche in rete sui giornali francesi, qualche riferimento biografico su questa eroina del femminismo moderno, volevo capire chi fosse e da dove provenisse, soprattutto quale fosse il suo cognome da nubile, prima di conoscere l'orco, prima di sposare il suo carnefice, ora finalmente condannato. C'è sempre stata, anche qui in Italia, la convinzione che se una donna tiene il cognome del coniuge anche dopo che il matrimonio è finito, è perché non vuole perdere uno status, un privilegio, un vantaggio forse perfino economico che quell'unione le può avere dato. Ma quando un matrimonio finisce, specie dopo una vicenda così agghiacciante e brutale in cui è assodato chi sia stata la vittima e chi il colpevole, il primo istinto che verrebbe a chiunque è di spogliarsi dal cognome del bruto, prenderne le distanze per riprendersi la propria identità: io sono io, non sono la moglie di quello. Avrei pensato, come prima cosa, che Giséle Pelicot si sbarazzasse di ogni riferimento al marito che le ha rovinato la vita, usasse il suo cognome di nascita e magari, chessò, si rivolgesse perfino al tribunale per fare cambiare il cognome pure ai suoi figli per portarli il più possibile lontano da ciò che quel nome rappresentava per la sua famiglia. Invece no. La sua è stata una precisa, eroica scelta mossa dall'amore per i suoi figli e per i suoi nipoti: se voi vi chiamate così, Pelicot e in quanto figli di Dominique Pelicot avete il cognome del padre, lo terrò anch'io per non farvi mai vergognare del vostro cognome. Anzi, dopo la sua battaglia per tutte le donne, dopo la scelta di mostrarsi e di non nascondere nulla di ciò che le è capitato, oggi Pelicot è un nome che evoca rispetto. Perché è quello di Giséle. Lei ha avuto coraggio anche in questo. Io non l'avrei mai fatto.  

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