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La cura riconosciuta

Brunella Bolloli
Brunella Bolloli

Alessandrina, vivo a Roma dal 2002. Ho cominciato a scrivere a 15 anni su giornali della mia città e, insieme a un gruppo di compagni di liceo, mi dilettavo di mondo giovanile alla radio. Dopo l'università tra Milano e la Francia e un master in Scienze Internazionali, sono capitata a Libero che aveva un anno di vita e cercava giovani un po' pazzi che volessero diventare giornalisti veri. Era il periodo del G8 di Genova, delle Torri Gemelle, della morte di Montanelli: tantissimo lavoro, ma senza fatica perché quando c'è la passione c'è tutto. Volevo fare l'inviata di Esteri, ma a Roma ho scoperto la cronaca cittadina, poi, soprattutto, la politica. Sul blog di Liberoquotidiano.it parlo delle donne di oggi, senza filtri.

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C'è una cura che solo i medici sanno dare, perché è frutto di anni di studio e del progresso della scienza e della medicina. Poi  c'è una cura che non si compra in farmacia: è dettata dall'amore e non si misura in dosi o in unità, come l'insulina. Nasce da un senso di responsabilità, dal desiderio di aiutare un familiare che da solo non riesce ad avere una vita "normale", anche se la normalità è un concetto soggettivo, infatti si preferisce dire "disabile" o "diversamente abile". Per queste persone, che spesso sono costrette dalla malattia a una esistenza in carrozzina, anche infilare una maglia e un paio di pantaloni può essere un'impresa più ardua che scalare una montagna. Alcuni soffrono di patologie così invalidanti (Sla, paraplegia, malattie neurodegenerative) da non riuscire neppure a mangiare con le proprie mani. E non si tratta solo di anziani. Una salvezza sono le badanti, spesso di nazionalità straniera, abituate ad assistere giorno e notte vecchietti non più autosufficienti in cambio di un contratto o di vitto e alloggio pur di scappare da situazioni di povertà nel paese di origine. Ma in tante altre famiglie, specie dove il malato è ancora giovane, ma non solo in questi casi, le mamme, le mogli, le figlie sono le prime ad assistere. A dare la cura. Il caregiver è proprio colui o colei che dà la cura, che assiste h24 un familiare che per ragioni di salute non ce la fa da solo. In Italia queste persone erano quasi dei fantasmi: donne e uomini costretti magari a prendersi lunghi di periodo di ferie, aspettative non retribuite o, peggio ancora, a licenziarsi pur di stare accanto al padre, alla madre, al figlio, al fratello o alla sorella disabili. Persone totalmente consacrate alla cura del proprio caro, giustamente messo davanti a tutto, perfino a costo di annullarsi. Perché non è facile per un caregiver: non c'è sabato e domenica che tenga, non ci sono weekend liberi, Natale e Pasqua sono giorni come gli altri, non ci sono orari. La malattia non va mai in ferie. Oppure viene in ferie con te e allora che vacanza è? Ma si fa per amore. Senso di responsabilità e anche, certo, per dovere. Si fa per generosità e anche un po' per se stessi perché altrimenti si vivrebbe con i sensi di colpa, nel timore di non avere dedicato abbastanza tempo, di non avere fatto abbastanza per rendere più lieta la giornata alla propria madre o padre o figlio o nonno, o fratello già provati dalla malattia. Il caregiver, che dà la cura giusta con l'amore, è una figura importantissima e il suo lavoro, perché poi di questo si tratta a tutti gli effetti, deve essere riconosciuto. Per fortuna tanti passi avanti sono stati fatti negli ultimi anni anche a livello di welfare familiare e di misure a sostegno di chi bada a un congiunto. Nel nostro Paese si stima siano più di 7 milioni, circa il 5% della popolazione, forse saranno sempre di più. C'è una legge, la 104, che assegna alcuni benefici (come permessi di lavoro) ai caregiver lavoratori e per la prima volta, nella legge di bilancio del 2018, al comma 255, questa figura è stata riconosciuta dallo Stato italiano come la "persona che prende cura e assiste specifici soggetti". Ora, per fortuna, la Regione Lazio ha deciso che il 18 e 19 ottobre a Roma si celebrerà la prima Giornata del caregiver e dell'inclusione sociale. Una due giorni di confronto tra istituzioni, associazioni delle famiglie, terzo settore, gruppi di cooperazione sociale e organizzazioni sindacali. <Nel Lazio ci sono oltre 25mila caregiver che svolgono un lavoro straordinario prendendosi cura, ogni giorno, dei propri cari in maniera del tutto gratuita e volontaria>, ha detto l'assessore regionale all'Inclusione sociale e servizi alla Persona Massimiliano Maselli, <Dedicheremo a loro questo evento sottolineando l'importanza di questa figura, che grazie all'approvazione della legge regionale numero 5/2024, ha trovato finalmente le tutele che merita>. Trattandosi di materia della sanità, infatti, ogni regione può decidere di dedicare una diversa giornata all'argomento e di elargire un diverso contributo. Ma resta il fatto che il tema tocca tutta l'Italia e le donne sono anche qui, le più coinvolte.     

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