Anche al Csm il Pd ha un problema di donne
Premessa: non siamo fanatici delle quote rosa, non riteniamo che in ogni ufficio, ente, amministrazione, confraternita il numero di donne debba essere obbligatoriamente pari a quello degli uomini in virtù di una legge o di un decreto. Non crediamo che sia una questione di numeri, una fredda burocrazia decisa a tavolino calcolatrice alla mano, bensì di competenze. Però riscontriamo che il mondo è cambiato, le donne hanno tutte le capacità e le qualità che hanno anche i signori maschi e nei centri di potere non è più ammissibile che ci siano sempre i soliti in pantaloni perché le signore non sono considerate all'altezza o perché loro, poverine, sono già così impegnate con figli e focolare domestico. La storia, anche recentissima, della nostra politica dovrebbe averci dimostrato il contrario, sebbene nei Palazzi che contano si faccia ancora una certa fatica a riconoscere il valore di una leadership al femminile e perfino certa stampa sia ancora tutta, troppo, autoriferita al maschile. Detto questo, il centrodestra, ancora una volta, batte il centrosinistra e stavolta 4 a zero perché nella scelta dei 10 membri laici per il nuovo Csm, il Pd e i Cinquestelle non sono riusciti neppure a esprimere una donna, mentre le 4 componenti elette sono tutte della stessa parte politica: quella di maggioranza che sostiene il governo Meloni. Per carità, di fronte a questioni ben più complesse e delicate, questa è minima. Ma al Pd, da sempre alle prese con la questione femminile, fa male. Perfino il candidato alla segreteria, Stefano Bonaccini, ha bacchettato i compagni: potevamo fare di più, ha detto. E se lo dice lui....