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Paola, Francesco e il dolore condiviso

Brunella Bolloli
Brunella Bolloli

Alessandrina, vivo a Roma dal 2002. Ho cominciato a scrivere a 15 anni su giornali della mia città e, insieme a un gruppo di compagni di liceo, mi dilettavo di mondo giovanile alla radio. Dopo l'università tra Milano e la Francia e un master in Scienze Internazionali, sono capitata a Libero che aveva un anno di vita e cercava giovani un po' pazzi che volessero diventare giornalisti veri. Era il periodo del G8 di Genova, delle Torri Gemelle, della morte di Montanelli: tantissimo lavoro, ma senza fatica perché quando c'è la passione c'è tutto. Volevo fare l'inviata di Esteri, ma a Roma ho scoperto la cronaca cittadina, poi, soprattutto, la politica. Sul blog di Liberoquotidiano.it parlo delle donne di oggi, senza filtri.

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Di fronte a un dolore enorme e inaspettato che devasta l'esistenza si può scegliere di chiudersi e non mostrarsi al mondo, se non per lo strettissimo spazio dovuto ai funerali (che in certi casi avvengono in forma privata), oppure, al contrario, di rendere partecipi gli altri di uno stato d'animo di abisso interiore. L'inaccettabile tragedia che ha colpito Paola Di Caro e Luca Valdisserri, firme conosciutissime del Corriere della Sera,  straziati dalla morte senza un perché del loro primogenito Francesco, non poteva che essere comunicata, diffusa, condivisa sui social, e non soltanto perché fanno i giornalisti e "comunicano" per mestiere, ma anche perché era l'unico modo, forse, per non morire anche loro. E' la stessa Paola ad avere scritto su Twitter che il suo <meraviglioso 18enne era stato investito da un'auto nella notte e non tornerà più>. Il suo <meraviglioso bambino che stava correndo verso la vita>, con la bellezza dei suoi occhi azzurro cielo e i capelli  chiari spettinati come si addice a un giovane talento  musicale con la passione del cinema e del rock indie. <Nulla ha più senso. Nulla>, ha scolpito con le lacrime sulla tastiera. Paola, abituata a scrivere di politica, fino al giorno prima dell'incidente sempre sul "pezzo", a raccontare la formazione del governo Meloni, le trattative, le mosse dell'allora premier in pectore, a telefonare alle fonti, a "whattsappare" con i parlamentari, con i ministri, gli uffici stampa, a concordare con il direttore quante righe in pagina per un retroscena piuttosto che un altro, a fare tutte le cose che facciamo noi giornalisti a caccia della prima pagina, ma ben più piccini "della Di Caro", e che ci sembrano così importanti da segnare le sorti dell'umanità, si è dovuta drammaticamente arrendere al fatto che stavolta la notizia era lei con il suo indicibile dolore, ma soprattutto il suo stupendo figlio eroe: <Semplicemente un ragazzo felice>, ha scritto in un secondo tweet, mentre <io non lo sarò mai più. Ciao Francesco, amore mio>.  Il suo messaggio è diventato "virale", 8mila-9mila commenti di cordoglio da persone famose e illustri sconosciuti, big della politica e lettori di quotidiani, non si contano quanti cuoricini ha avuto, tantissimi, quanti retweet. Alcuni le hanno scritto: "Paola, non ci conosciamo, ma non smettiamo di piangere con te". Altre mamme, altri papà che sono passati dal medesimo inferno le hanno fatto sapere che un destino atroce è toccato anche a loro, o figli che hanno perso i genitori troppo presto hanno mandato un pensiero, una preghiera un "sappiamo quello che sta provando e le siamo vicini". Reppomanuno le ha scritto; <Non ci conosciamo personalmente, ma quello che è accaduto toglie il respiro e non sarà medicabile. Fa piacere che lo abbia condiviso qui con noi tutti. Vuol dire che “gli altri” possono non essere inutili. Vorrei solo dirle ti abbraccio bellissima mamma>. E Paola lo ha ringraziato così: <Non avrei potuto immaginare che in 24 ore il dolore continuasse a crescere a dismisura, ma nemmeno che le carezze conosciute o ignote mi aiutassero a non morirne, ancora>. Al funerale, sabato a Roma, ci sono stati gli abbracci veri - tantissimi -  i ragazzi, gli amici di Francesco, i loro ricordi, i discorsi in chiesa, una comunità intera stretta attorno alla famiglia Valdisserri. Ma sulla Rete proseguono gli abbracci virtuali, che sono infinitamente di più di qualche commento idiota sparso qua e là che, purtroppo, su Internet non manca mai. Paola, pur distrutta dentro, legge tutto e a tutti ha risposto con un cuoricino, a volte anche una frase, una parola di sostegno a chi come lei ha perduto una persona cara.

Forse i social tanto vituperati a qualcosa, in fondo, servono, e decidere di mostrare a una platea cosi vasta il pozzo nero in cui si è sprofondati può aiutare, piano  piano, con il tempo, a risalire per vedere di nuovo la luce anche se nessuno riporterà Francesco ai suoi genitori e a sua sorella Daria. Una tizia ha provato a criticare mamma Paola: <Mi perdoni, ma non so come faccia a stare su Twitter dopo una tragedia simile>. La collega del Corriere è stata lapidaria: <No, non la perdono>.  Come si permette di giudicare, poi? E' vero, Twitter era nato come un social network di lavoro, specie per chi fa politica. Adesso, per Paola Di Caro credo sia diventato anche un modo per parlare del suo Francesco, per far conoscere a tutti com'era in gamba e com'era bello, per urlare al mondo (non solo dei suoi follower) la sua sofferenza enorme per cui nulla, ora, ha più senso. Ma in questo mondo virtuale non è sola. E neppure in quello reale. Agli amici di suo figlio ha supplicato: <Continuate a riempirci la casa di gioia>, nel ricordo di una felicità dagli occhi azzurro cielo.     

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