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Amanpour e le donne in trincea: l'inviata della Cnn e la malattia

Brunella Bolloli
Brunella Bolloli

Alessandrina, vivo a Roma dal 2002. Ho cominciato a scrivere a 15 anni su giornali della mia città e, insieme a un gruppo di compagni di liceo, mi dilettavo di mondo giovanile alla radio. Dopo l'università tra Milano e la Francia e un master in Scienze Internazionali, sono capitata a Libero che aveva un anno di vita e cercava giovani un po' pazzi che volessero diventare giornalisti veri. Era il periodo del G8 di Genova, delle Torri Gemelle, della morte di Montanelli: tantissimo lavoro, ma senza fatica perché quando c'è la passione c'è tutto. Volevo fare l'inviata di Esteri, ma a Roma ho scoperto la cronaca cittadina, poi, soprattutto, la politica. Sul blog di Liberoquotidiano.it parlo delle donne di oggi, senza filtri.

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<Sarò lontana dagli schermi per qualche mese, devo sottopormi a un ciclo di chemioterapia>. Così Christiane Amanpour, storico volto della Cnn, una delle inviate di guerra più note al mondo, ha annunciato la sua malattia, un cancro alle ovaie, specificando che si tratta di qualcosa che colpisce milioni di donne. <Sono fiduciosa>, ha aggiunto. Sessantatré anni, nata a Londra da madre inglese e padre iranianno, Amanpour in carriera ha coperto tutti i principali eventi internazionali grazie alla sua autorevolezza e alla conoscenza delle lingue stranieri e dei territori più difficili, come l'Iran dove aveva vissuto, sotto il regime dello Scià di Persia, comunque in una situazione privilegiata. Considerata da Forbes una delle 100 donne più influenti al mondo, dopo la diagnosi di tumore aveva sospeso le sue apparizioni in tv per oltre un mese. Adesso è tornata per dire che l'intervento è riuscito, ma adesso inizia la terapia più dura, quella chemio che debilita e fa perdere i capelli e rende più fragili e insicure anche le donne in genere forti e agguerrite come lei. L'immagine di Christiane Amanpour, infatti, è sempre stata quella di una professionista vincente, di una fuoriclasse che non aveva nulla di meno rispetto ai colleghi uomini, a cominciare dallo stipendio: è infatti una delle donne più pagate nel suo campo e non solo, forse anche di un'azienda dove per i dipendenti come Christiane non si è badato a spese fino a quando la crisi non si è fatta sentire anche lì e allora sono partiti i tagli allo staff della super inviata (nel 2014). In Italia c'è ancora molta strada da fare sulla parità di compensi e le donne devono conciliare vita privata e lavoro, spesso, senza alcun aiuto da parte dello Stato. Però ci sono anche aziende dove le donne dicono di trovarsi bene, anzi dove sono felici di lavorare. E' quanto emerge da una classifica appena stilata da Great Place to Work®, nota società di consulenza in ambito HR e leader nello studio e nell’analisi del clima aziendale, del benessere organizzativo e dell’employer branding, Grazie a un questionario condotto su oltre 13.400 lavoratrici italiane, Great Place to Work ha individuati le 20 aziende per cui le donne sono più felici di lavorare in Italia. Sebach, specializzata in servizi di noleggio di bagni mobili, si piazza al primo posto. Seguono Biogen Italia, impresa di biotecnologie e prodotti farmaceutici che scala dalla quinta alla seconda posizione rispetto alla classifica di un anno fa, e American Express, servizi finanziari e assicurazioni, che completa il podio. Aziende virtuose in cui la presenza femminile è rilevante e superiore alla media nazionale: il 52% della popolazione è composta da donne e il 44% del top management è femminile. Delle 20 imprese elencate in graduatoria, ben 5, ovvero il 25% del totale, hanno un CEO/Direttore Generale donna e due aziende guidate da una leader occupano i primi posti della classifica. E non è finita qui: le stesse organizzazioni si distinguono anche per la soddisfazione delle donne, in molti casi superiore anche al dato dei colleghi uomini: il 93% di loro, infatti, dichiara di lavorare in un great place to work e questo dato è sopra la media italiana di ben 50 punti e due punti sopra il dato dello scorso anno.

    

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