Nuovi Codici Ratzinger da Mons. Gänswein e Seewald
E’ stato un lettore a segnalarci un nuovo, clamoroso messaggio di papa Benedetto XVI in “restrizione mentale larga” (vulgo, codice Ratzinger).
Come già sapete, questo concetto tratto dalla teologia morale è un sistema che consente di “non dire falsa testimonianza”, (’8° comandamento), ma allo stesso tempo di non svelare la verità ai cattivi o a coloro che non se la meritano QUI.
In sostanza, è un parlare solo a chi ha orecchie per intendere, uno stile comunicativo sottile che richiede intelligenza, apertura emotiva alla verità e alla fede, onestà intellettuale, coraggio di assumersi le responsabilità. Ecco perché la nostra inchiesta “Codice Ratzinger” che sarà presentata oggi a Civitanova Marche, il 18 a Udine, il 24 e 25 a Roma, costituisce un vero e proprio sistema di selezione intellettuale-morale-spirituale.
Questo nuovo messaggio in codice Ratzinger ci ha acceso una lampadina su un altro, diffuso ripetutamente da Mons. Gänswein , e che solo oggi abbiamo messo a fuoco.
Leggiamo nell’appendice fotografica di “Ein Leben”, biografia autorizzata di papa Benedetto, opera di Peter Seewald, quanto segue.
La foto riprende i cardinali riuniti in concistoro e la didascalia recita così: “Un atto che cambia per sempre il papato: l’11 febbraio 2013, nella Sala del Concistoro in Vaticano, Benedetto XVI annuncia le sue dimissioni, suscitando lo sgomento dei cardinali riuniti. E’ la prima volta nella storia della Chiesa che un papa in carica si dimette. Benedetto adduce come giustificazione l’indebolimento delle sue forze”.
Rileggete con attenzione e pensateci per qualche momento. Non c’è qualcosa che non torna?
“E’ la prima volta nella storia della Chiesa che un papa in carica si dimette”.
Eppure, abbiamo avuto dieci papi abdicatari nella storia, sei nel I millennio e quattro nel II. Tutti conoscono Celestino V che, come scrive Dante, “fece per viltade il gran rifiuto”.
Come potrebbe mai essere Benedetto XVI il papa che per la prima volta si dimette, almeno nel senso di abdicare?
Come già abbiamo evidenziato nel codice Ratzinger dei “mille anni” QUI, per lui la parola "dimissioni" non vuol dire "abdicazione", ma perdita del ministerium, il potere di “fare il papa”. Benedetto ha però mantenuto il munus petrino, l’essere papa, l’investitura divina. Come è possibile? Tutti i canonisti sono concordi nel ritenere che munus e ministerium sono inscindibili:
se rinunci al munus, decade automaticamente anche il ministerium, ma non funziona al contrario. Per fare un esempio terra terra: se uno restituisse alla Motorizzazione civile la patente di guida (munus) decadrebbe anche la facoltà di guidare la macchina (ministerium), ma non perché uno decide di non usare la macchina per questo gli viene ritirata la patente.
Quello che tutti fingono di non capire è che solo in sede impedita il papa perde il ministerium e trattiene il munus. Se il papa è prigioniero, confinato, esiliato, perde la possibilità di fare il papa ma mantiene il titolo, l’investitura. Quindi se si convoca un conclave a papa impedito e non abdicatario, viene eletto un antipapa, il cui operato dovrà annullato dall’inizio alla fine. Un perfetto congegno antiusurpazione a orologeria che abbiamo ricostruito in 900 articoli, 600 podcast, 105 conferenze e in un volume venduto in 20.000 copie che, a prova definitiva della sua veridicità, viene continuamente oscurato dal mainstream.
Ecco perché Ratzinger è il primo papa “IN-CARICA”, (cioè mantenente il munus, l’incarico, l’investitura), che si dimette, cioè che si offre liberamente alla sua detronizzazione, alla perdita del ministerium, cosa provocata dalla convocazione di un conclave illegittimo. E’ l’”anello canonico di Ratzinger” che si avvale dello straordinario escamotage del quadrante romano di Castel Gandolfo per dire sempre e comunque la verità.
La seconda lampadina che ci si è accesa riguarda una frase ricorrente di Mons. Gänswein che fino ad oggi non è stata capita nella sua restrizione mentale larga. Ne riprendiamo una da Famiglia Cristiana: “
D. “Ha tentato di dissuaderlo?” (dalla decisione di dimettersi n.d.r.). - R. “Istintivamente ho detto «no, Santo Padre, non è possibile», ma poi ho subito capito che non mi stava comunicando qualcosa di cui discutere, ma una decisione già presa.
Ancora dal Corriere e da Il Giornale: “Fu un colpo durissimo. Gli dissi: «Santo Padre, non può farlo». Ma mi spiegò che aveva lottato e aveva sofferto, ma non aveva più le forze fisiche e psichiche per esercitare quella responsabilità”.
Ancora da Il Faro di Roma: “Gli ha detto che non poteva farlo?” – “Sì, sì, l’ho detto direttamente, così come parlo con lei adesso. Santo Padre, no. Si deve e si può pensare a ridurre gli impegni, questo sì. Ma lasciare, rinunciare è impossibile. Papa Benedetto mi ha lasciato parlare. E poi ha detto: lei può immaginare che ho pensato bene a questa scelta, ho riflettuto, ho pregato, ho lottato. E ora le comunico una decisione presa, non una tesi da discutere. Non è una quaestio disputanda, è decisa. La dico a lei, e lei adesso non deve dirla a nessuno”.
Mons. Gänswein ha insegnato diritto canonico alla pontificia università della Santa Croce, quindi come può dire che per il papa rinunciare (abdicare) è impossibile? NON E’ AFFATTO IMPOSSIBILE. C’è un canone specifico che parla di rinuncia al munus, di abdicazione, il 332.2. La costituzione Universi Dominici Gregis parla, inoltre, di “valida rinuncia del Pontefice a norma del can. 332.2”. Quindi, il papa può benissimo abdicare, ma rinunciando al munus. Quello che non può fare – come rileva giustamente Gänswein – è rinunciare al solo ministerium.
E qui, la risposta drammatica di papa Benedetto: guardi che non è una cosa su cui discutere, E’ UNA DECISIONE PRESA.
Presa da chi? Da lui stesso? Non è specificato. Il povero Santo Padre stava dicendo che altri, i nemici della Mafia di San Gallo che avevano come campione Bergoglio, avevano già deciso che lui avrebbe dovuto essere esiliato e confinato. Ecco perché la rinuncia al ministerium non poteva essere altro che da lui subita. E questo perché le sue forze, intendendo anche le “forze politiche”, gli amici in Curia e nella gerarchia, erano venute meno.
Il primo significato politicamente corretto che è passato di questo scambio è stato quello di una reazione emotiva e sgomenta di Gänswein , (no, Santo Padre non può!”) alla quale avrebbe fatto seguito la granitica e inflessibile decisione di papa Benedetto.
Il secondo significato che abbiamo scoperto oggi è molto più tecnico e preciso, teutonico: il canonista Gänswein obietta a Benedetto che il papa non può rinunciare al solo ministerium, e papa Ratzinger gli dice: guardi che non l’ho scelto io, altri hanno già deciso che me ne devo andare, è una decisione presa. Io, da parte mia, scelgo liberamente di offrirmi alla sede impedita e, anzi, annuncio questa cosa, la dichiaro. E così il Vicario di Cristo, con il proprio Sacrificio e la Parola, ha disintegrato la chiesa dell’Anticristo, come confermò a Seewald nelle parole di Agamben. QUI
Quella Declaratio, che prevedeva quanto sarebbe successo, la perdita del ministerium del papa all’hora vigesima del 28 febbraio, quindi alle 13.00 del primo marzo secondo il quadrante romano (e quindi subito dopo la convocazione del conclave abusivo) QUI , è stata profezia, ma anche giustizia totale. Il papa profetizza il proprio impedimento, dice la verità. La parola, il logos, il verbo, l’indurre in tentazione (come messa alla prova), l’accettazione, il sacrificiò di sé, la risurrezione. Il Vicario sulle orme del Principale.
I nemici di Cristo, gli gnostici della massoneria ecclesiastica tentano di manipolare la Declaratio con una traduzione truffaldina, QUI scambiano le parole, le mascherano, come sempre fa il diavolo, che può solo camuffare ciò che è fatto da Dio. Il papa infatti lo fa Dio concedendo il munus, e loro hanno potuto produrre solo un falso papa, una caricatura. Ma il tempo scopre la verità e il diritto canonico non perdona: se la rinuncia del pontefice non è a norma del can. 332.2, con rinuncia al munus, l’elezione è NULLA E INVALIDA, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito. Così dice la Universi Dominici Gregis. Bergoglio e i suoi sono già condannati, qui, e probabilmente anche … dopo. (Ma questo non sta a noi giudicarlo). Certo è che tutto quello che hanno prodotto per tentare di rovesciare la fede, dovrà essere annullato e purificato.
Piuttosto, ancora una considerazione che stringe il cuore. Notiamo, negli anni, un progressivo cambiamento di prospettiva da parte di Benedetto XVI.
Nel 2016, in Ultime conversazioni, Benedetto è possibilista sulle sorti della Chiesa. Nel codice di Malachia QUI alla domanda: “Lei potrebbe essere l’ultimo papa per come lo conosciamo?”, risponde con un incredibile “Tutto può essere”. Nel 2016, quindi, per Benedetto la chiesa canonica visibile può finire, dovendo risorgere “al di fuori della sinagoga”, o magari può essere riconquistata. Ancora non si sa.
Nel maggio del 2020 sono passati quattro anni. Il povero Santo Padre ha visto che nessuno aveva colto la valanga di codici Ratzinger che aveva inserito in Ultime conversazioni, e ormai sembra rassegnato alla fine della Chiesa per come la conosciamo, tanto che nella didascalia di Ein Leben, citata poco sopra, scrive che “Benedetto XVI ha cambiato per sempre il papato”. Cioè, nel 2020 per lui ormai la chiesa canonica è spacciata e il papato dovrà risorgere in modo catacombale, clandestino, come aveva già profetizzato nel ’69 e come sta effettivamente succedendo grazie a don Minutella e agli altri sacerdoti coraggiosi che hanno gridato la verità. Possiamo immaginare il dolore di papa Benedetto.
Ma nel 2020 parte la nostra inchiesta con il primo articolo sugli errori di latino e nell’agosto 2021 facciamo l’acquisizione chiave: la Declaratio non era un’abdicazione, ma un annuncio di prossima sede impedita. Una svolta epocale: ci piace immaginare che quel giorno papa Benedetto, informato da un Mons. Gänswein raggiante, si sarà concesso una Fanta e uno Strudel: quelle germaniche e proibite “prelibatezze” che quell'uomo santo si concedeva come “stravizi” solo per il suo compleanno. (La Fanta nacque in Germania negli anni ’30) QUI
E così, nelle letture da papa Benedetto scelte per il suo funerale, QUI la musica è ormai cambiata: sia nella I lettura da Isaia che nella II da San Pietro Apostolo ricorre il concetto di aspettare ancora un po’ di tempo, tenere duro per mettere alla prova alla fede, ma “Ancora un po’ e il Libano si cambierà in frutteto, e il frutteto sarà considerato una selva. Udranno in quel giorno i sordi le parole del Libro; liberati dall’oscurità e dalle tenebre gli occhi dei ciechi vedranno”. E il Salmo: “Davanti a me prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici”. Per non parlare del Vangelo, anche quello scelto ad hoc dove si legge: “Il velo del tempio si squarciò a metà”.
Papa Benedetto è morto sapendo che ormai l’incendio era stato appiccato e stava portando ovunque nel mondo il fuoco della verità.
I primi ad esserne combusti sono i cosiddetti “una cum”, quei tradizional-conservatori fintamente antagonisti di Bergoglio che stanno coagulandosi in un blocco unico per imporre compulsivamente la manfrina blasfema dell'impossibile papa eretico (legittimando e mantenendo Bergoglio) per mantenere, con una facciata imbiancata di ortodossia, lo status quo e i loro privilegi.
Stanno finendo malissimo: Viganò, censore, ostracizzatore e nemico assoluto della sede impedita, si è appena fatto riconsacrare vescovo dallo scismatico Williamson, (non ha mai smentito) e questo lo pone in eresia e scisma, QUI. Anche i pesci piccoli stanno finendo male: don Ariel Levi di Gualdo, insultatore seriale di don Minutella e dello scrivente, è stato appena condannato per diffamazione QUI. Come ricordate, uno degli ultimi messaggi di papa Benedetto è stato: “Se non credete la risposta è nel libro di Geremia o di Isaia” QUI
Sconvolge leggere in Isaia 29 la frase “Guai ad Ariel!”.
C’è però un popolo realmente cattolico che si sta svegliando e sta cominciando a ruggire. A Teramo, dopo Sulmona, sono usciti altri manifesti (autorizzati dal Comune) che affermano “Bergoglio non è il papa”, e iniziative del genere fioccano ovunque. Del resto, come diceva Sant’Agostino, “la verità è come un leone: basta liberarla e si difende da sola”.