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Codice Gaenswein: il “lapsus” sul 265° papa: è Benedetto XVI e non Bergoglio

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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In effetti, non pensavamo che antipapa Francesco fosse combinato così male: i suoi ultimi gesti e provvedimenti emanano il profumo della più pura disperazione. Altre uscite, come quella infelicissima sul cagnolino, lo stanno inghiottendo in un vortice di smentite e contraddizioni.

Ricordiamo l’agghiacciante sequela di figure tremende e rivelatrici: la finta foto casuale al negozio di dischi, QUI   , la finta diretta da Fazio QUI  , ma la più plateale excusatio non petita è di pochi giorni fa, quando ha promulgato una presunta “legge fondamentale”,  con il solito intento superaccentratore, che comincia così: “Chiamato ad esercitare IN FORZA DEL MUNUS PETRINO poteri sovrani anche sullo Stato della Città del Vaticano, […] ho ritenuto necessario emanare una nuova Legge Fondamentale per rispondere alle necessità dei nostri giorni”.

Cos’è, uno scherzo? Sono dieci anni che si discute in tutto il mondo del fatto che Bergoglio NON HA IL MUNUS PETRINO.  E questo perché il vero papa Benedetto XVI si è fatto porre dai cardinali in sede impedita per scismare qualsiasi papa fosse stato eletto mentre lui era vivente e in carica.

 Nei brevi documentari “Dies Irae” QUI  e Intelligenti pauca” QUI, tutti i chiarimenti .

Ma la gnosi, alla quale sono passati da secoli ambiti gesuiti deviati, crede che affermare una cosa con convinzione possa realizzarla in modo “psicomagico”. Quella legge “in forza del munus petrino”, nell’ingenua visione del nostro antipapa, probabilmente voleva condizionare subliminalmente il pubblico facendo ritenere davvero Francesco depositario del munus petrino. Ennesimo autogol dato che Bergoglio stesso ha affermato che il potere del papa deriva dal munus, dall’investitura divina che LUI NON HA.

Ancora, da menzionare il recentissimo francobollo fatto stampare dalle nostre Poste in onore di papa Benedetto che riporta puerilmente le date di quello che si vorrebbe il suo pontificato: 2005-2013. La realtà è che Benedetto è stato papa fino al 2013 come regnante e fino al 2022 come impedito.

 

Ricordiamo anche il grottesco episodio del 18 aprile scorso: la sconsacrazione di San Giovanni in Laterano, con una celebrazione tenuta da un vescovo anglicano (pertanto eretico e scismatico) ex massone giustificata con la risibile scusa del “prete pasticcione” che non parlava bene inglese. QUI 

Incurante dei disastri inanellati uno dietro l’altro, che stanno mettendo in imbarazzo perfino il mainstream in grembiule e compasso, Francesco sta schiacciando l’acceleratore anche sull’iconografia “non esattamente cattolica” a lui tanto cara: il piviale usato in Ungheria che, guarda caso, ha ricordato a molti fedeli un caprone.

Inoltre, ha accettato qualche giorno fa un gallo di coccio dall’ambasciatore ucraino, stratipico simbolo massonico, oltre che cristiano, e  più di recente, un’icona da Zelensky con un inaudito, incredibile Gesù Bambino NERO. La negazione di Cristo, un buco sull’abisso più oscuro. Non l’ha capita nessuno, tranquilli.

In questo contesto di disperazione finale, tipo Macbeth che vede muoversi la foresta di Birnam, è plausibile che abbia imposto al povero Mons. Gaenswein l’ennesima partecipazione televisiva per fargli ribadire la tiritera che papa Benedetto ha rinunciato al papato perché era stanco, soffriva d’insonnia etc. etc.

Così, il segretario del vero papa, riteniamo sia stato inviato su RaiUno ospite della solita giornalista compiacente, che gli ha posto la solita esausta e ripetitiva domanda sulle dimissioni di papa Benedetto. Gaenswein, provato, pallido e stanco nel volto, si è arrampicato un po’ sugli specchi, come avviene da quanto è morto il Santo Padre. Non può più usare in blocco il Codice Ratzinger, come faceva una volta, perché ormai i suoi nemici hanno mangiato la foglia. Non può più dire “ha validamente rinunciato al suo ministero” (ium). Adesso deve obbedire, essere esplicito e affermare chiaramente che Benedetto ha rinunciato al papato, come ha fatto.

Per fortuna, quel buon arcivescovo tedesco, parla anche lui per “chi ha orecchie per intendere”, come papa Benedetto e noi gli rinnoviamo la nostra fiducia. Come abbiamo già  indagato QUI, l’arcivescovo di Urbisaglia, ha adottato una sorta di “Codice Gaenswein”, cioè ripetere una vulgata bergogliana, ma inserendo nel discorso delle plaetali incoerenze che fanno capire come egli non possa parlare liberamente e come non stia dicendo la verità.

Un esempio? L’altra volta ha sostenuto che papa Benedetto, il 28 febbraio 2013, avesse preso l’elicottero alle 20.00 e, a quella stessa ora, a Castel Gandolfo, avesse firmato la rinuncia. Papa Ratzinger, invece, come stranoto, prese l’elicottero alle 17.00 e NON HA MAI FIRMATO ALCUNA RINUNCIA. Infatti abbiamo chiesto esplicitamente e pubblicamente QUI a Mons. Gaenswein di produrre quell’agognato documento firmato, e non ha risposto, perché NON ESISTE.

Ma il recentissimo, clamoroso ed ultimo Codice Gaenswein è venuto fuori proprio oggi durante la trasmissione di RaiUno “Oggi è un altro giorno” QUI  (18 maggio), quando l’arcivescovo si è lasciato sfuggire, proprio alla fine, un incredibile lapsus: Abbiamo 265 papi, ma sono uno diverso dall’altro”.

FANTASTICO.

E’ Benedetto XVI il 265° papa della Chiesa cattolica e il presunto papa Francesco dovrebbe essere il 266°. Ma, appunto non lo è perché NON E’ IL VERO PAPA, bensì un ANTIPAPA perché eletto in un conclave illegittimo convocato a papa non morto e non abdicatario ma impedito. Visto che la frase voleva giustificare la diversità fra Francesco e benedetto XVI, Gaenswein avrebbe dovuto dire “abbiamo 266 papi, sono uno diverso dall’altro”.

 

Ora gli una cum diranno che Gaesnwein "non ricordava che Bergoglio era il 266, oppure che magari si riferiva a un calendario dei papi antico, o che forse Martino III secondo certi studi non era papa", o chissà quali altre pappole strumentali si inventeranno, secondo il loro solito.

Insomma: questa commedia si sta trascinando un po’ troppo per le lunghe. Ci permettiamo di suggerire ai signori cardinali di nomina pre 2013 l’immediata convocazione del conclave, a norma dell’art. 3 della costituzione apostolica Universi Dominici Gregis che sancisce il DOVERE e il potere dei cardinali di far rispettare i diritti della Sede apostolica, in questo caso prima impedita e poi usurpata.

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Aspettiamo alla conferenza su Codice Ratzinger tutti i normo-ragionanti interessati alla questione domani, a Trapani, il 27 e 28 a Roma, il 3 giugno a Grottaferrata, l’11 a Como, il 17 a Ferrara.

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