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Libro contro Codice Ratzinger. Benedetto XVI dispettoso e pasticcione?

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Ieri vi abbiamo scritto QUI degli “Una Denethor”, quei conservatori legittimisti di Bergoglio che hanno capito perfettamente la sede impedita di papa Benedetto e probabilmente vogliono farne un uso distorto e ricattatorio.

Oggi vi parliamo, invece, degli “Una Loop”, quelli che NON hanno capito la questione e si stanno avvitando in un tragico loop aeronautico fino a schiantarsi al suolo. Sarà per questo che il prof. Giovanni Zenone, editore di Fede e Cultura – campione della categoria - ama tanto il Barone rosso, di cui tiene sempre sulla scrivania il modellino del triplano Fokker Dr I.

Il nostro visiting professor all’Università di Scutari (Albania) ha sempre riservato “titoli cruscanti” al sottoscritto, definito come appartenente alla categoria delle “prostitute e della feccia del mondo delle lettere” (i giornalisti). Per lui, il bestseller Codice Ratzinger, 17.000 copie vendute, tradotto in cinque lingue, sostenuto con fervore da teologi e vaticanisti di varie nazionalità, è solo un cumulo di sciocchezze. Tuttavia, ha sempre mancato di giustificare queste sue affermazioni apodittiche. Adesso però ha delegato al giovane canonista Federico Michielan una presunta confutazione del Codice Ratzinger intitolata “Non era più lui”, che “contribuisce a spazzare il terreno da fantasiose teorie che appartengono più al mondo del complottismo che del diritto canonico”.

(Non avevamo mai sentito questa parola: “complottismo”…).

Ha poi delegato all’ancor più giovane filosofo Gaetano Masciullo la video-presentazione QUI di questo testo, che comprende la prefazione del teologo Mons. Nicola Bux e l’intervista all’avvocato canonista Francesco Patruno.

In questo video – pur demolito nei commenti - il Codice Ratzinger viene definito “con tutto il rispetto, 5 volte “risibile”, 2 volte “complottismo in salsa cattolica, 4 volte “tesi poco seria, senza fondamenti storici e canonici”.

Il canonista Francesco Patruno, “perito” della pubblicazione, in una chat privata, ci ha scritto di sua spontanea volontà: “Grazie per quest'articolo”: allegando il link del nostro sull’hora vigesima QUI   perché secondo lui avrebbe validato la sua teoria. 

(A fronte di un chiarimento con l’avv. Patruno di alcune espressioni oggettivamente ambigue, riportate letteralmente nella versione precedente, ripercorriamo, in una versione aggiornata, la sua posizione, coerente con quanto da lui scritto nel libro).

Premessa: il canonista è stato uno dei primi a sostenere l’invalidità della Declaratio per via del differimento di 17 giorni. QUI L’avvocato da sempre però ritiene Ratzinger modernisteggiante e poco preparato in diritto canonico.

Infatti, scrive nel libro di Michielan: “È un’ipotesi che vogliamo scartare a priori, non ritenendo Benedetto XVI capace di una tale astuzia, come ho detto, machiavellica”.

In merito all’articolo sull’hora vigesima  QUI Patruno ha commentato il piano canonico di papa Benedetto dicendo che sarebbe stato da parte nostra un grave atto d’accusa verso Benedetto XVI perché, nel caso, sarebbe stato “un tentativo di demolizione del papato da parte di Benedetto che dimostrava una sua visione machiavellico-politica e non cattolica del papato”. E ancora: “Solo un ateo potrebbe concepire un piano così machiavellico” (il condizionale lo mettiamo noi, dato che Patruno scriveva “poteva”, dando luogo a qualche incomprensione).

Se Ratzinger avesse abdicato regolarmente, secondo la visione di Patruno, la “grazia di stato”, (lo speciale dono divino che accompagna l’esercizio dei ministeri in seno alla Chiesa), avrebbe soccorso il neoeletto Bergoglio rendendolo un papa accettabile.

Quindi una grazia di stato a corrente alternata: sana l’eretico Bergoglio se eletto papa canonicamente, ma non ispira Benedetto XVI legittimo papa nell’attuazione del suo piano canonico in difesa della Chiesa. Mah?

(Francamente, non siamo sicuri che la rettifica concordata col canonista sia stata per lui un guadagno).

La realtà è che Papa Benedetto  ha accettato, mite come un agnello, la sua sorte, si è SACRIFICATO per difendere e salvare la Chiesa di fronte a quello che l’art. 675 del Catechismo ben definisce: “… una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti … un’impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell'apostasia dalla verità”. Esattamente quanto sta avvenendo con Bergoglio: solo lasciandogli campo libero, avrebbe consentito al popolo cattolico di consapevolizzarsi.

Le necessità della Chiesa imponevano che lui, per salvarla, accettasse di farsi impedire secondo un disegno la cui natura completamente cristica si percepisce in modo evidente.

 

Colpisce la prefazione di Mons. Bux, come quando scrive: “Per questo, nella sua declaratio, Benedetto disse: “Dichiaro che va convocato un conclave per eleggere un nuovo Sommo Pontefice”.

Sono due anni che, sulla scorta del contributo di almeno quattro latinisti, di cui due universitari, abbiamo specificato che la frase oggettiva non ha alcun significato univoco. Essa si traduce letteralmente così: “E DICHIARO che dovrà essere convocato il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice DA PARTE DI COSTORO AI QUALI COMPETE”. Essendo impedito, Benedetto dichiarava che il prossimo vero papa avrebbe dovuto essere eletto da parte di quegli stessi cardinali lì presenti e non da falsi cardinali nominati da chissà chi. Ma è fiato sprecato.

Criptica l’altra frase di Mons. Bux: “L’essenza del papato è il ministero o, meglio, l’istituzione, non il munus. Chi rinuncia al ministero, non è più papa”. Sia munus che ministerium si traducono con la stessa parola, “ministero”, quindi a cosa si riferisce Mons. Bux? E perché gli Acta Apostolicae Sedis del 1° marzo 2013 parlano di abdicazione al munus Santi Petri”? QUI Perché il can. 332.2 richiede la rinuncia al munus? Perché la Universi Domici Gregis all’art. 53 si riferisce al munus petrino per definire l’incarico papale ricevuto per disposizione divina? Ma non vogliamo riaprire la questione, ormai indagata fino alla nausea.  

Più interessante come Mons. Bux dichiari di aver ricevuto una conferma scritta da papa Benedetto circa la sua non meglio specificata “rinuncia”. Gli abbiamo chiesto ripetutamente di farci esaminare quella lettera già due anni fa, ma non ha mai voluto farlo. Probabilmente Benedetto gli avrà scritto che aveva “validamente rinunciato al suo ministero” o qualche altro banalissimo e risaputo codice Ratzinger, materia del tutto ostica per il Monsignore.

Don Nicola ci disse che avrebbe rivelato il contenuto di questa lettera dopo la morte di papa Benedetto. Gli chiediamo ufficialmente di procedere in tal senso, altrimenti anche il sottoscritto potrebbe affermare di aver ricevuto una lettera da papa Benedetto (cosa già successa, peraltro, QUI) in cui gli confidava di essere impedito.

A proposito: vorremmo chiedere a Don Nicola di mettere nero su bianco il fatto che quando papa Benedetto faceva dire QUI a Mons. Gaenswein che “se non credete la risposta è nel Libro di Geremia”, dove si legge “IO SONO IMPEDITO”, espressione unica in tutta la Bibbia, questo sia una pura coincidenza. Lo abbiamo chiesto a molti una cum, ma tutti si ritraggono e nessuno vuole metterci una firma. Del resto, i casi sono due: o lo ha fatto apposta, o è stata una mera coincidenza. Tertium non datur.

“Con tutto il rispetto”, il libro di Michielan non è altro che il solito vacuo esercizio di eruditismo canonico che ignora, non solo l’aspetto canonico dell’autoesilio in  sede impedita rigorosamente ricostruito,  ma,  in modo chirurgico, anche le plateali evidenze della messaggistica di papa Ratzinger, ovviamente definite, con una compulsiva e nevrotica forma di difesa, “complottismo”.

Peraltro non si capisce perché Ratzinger avrebbe dovuto fare una rinuncia al papato così complessa, nebulosa e densa di criticità, senza mai pronunciare nel corso dei nove anni successivi una parola univoca, di conferma, del tipo: “Tranquilli, IO HO ABDICATO, Francesco è il legittimo e unico papa romano”.

Il grande teologo bavarese, sempre adamantino come ha evidenziato lo stesso Zenone in uno dei suoi autogol, si sarebbe dunque  trasformato in un anziano stravagante, dispettoso e nostalgico delle proprie dignità pontificie, del tutto incurante dello sconcerto e del dubbio seminato tra un miliardo e passa di fedeli. Peraltro non si capisce perché nella sua lettera di risposta al “complottista Cionci” non lo abbia severamente smentito. Macroevidenze del tutto ignorate dal canonista, che immaginiamo chino su libroni di diritto canonico e immemore di tutto il resto, soprattutto – e colpevolmente - del libro che intende confutare.

Nel libro si fa poi riferimento a una teoria della sacramentalità del papa che avrebbe dovuto, nell’ottica degli autori, ispirare a Ratzinger l’idea del papato emerito. Scrive Michielan: “Si tratta, ovviamente, di una visione diversa da quella tradizionale, di FATTO MAI CONDIVISA DAL RATZINGER divenuto poi Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e papa , che però potrebbe aiutare a far luce sulle sue disposizioni circa il suo status dopo la rinuncia”. Ma se non l’ha mai condivisa perché a un certo punto avrebbe dovuto adottarla? 

Nel libro si ventila che le scelte di Benedetto dovute all’emeritato sarebbero una specie di rigurgito delle sue pleistoceniche frequentazioni progressiste, come per un’influenza subconscia… Ma mai trovano riscontro nelle sue dichiarazioni. 

Allora, CERCHIAMO DI FARE MENTE LOCALE: l’unico caso in cui il papa perde il ministerium e mantiene il munus è, per causa di forza maggiore, la sede impedita. L’hora vigesima del 28 febbraio corrisponde alle 13.00 del 1° marzo, quando, da appena mezzora, era stato convocato il conclave mentre Benedetto era regnante: colpo di stato, Ratzinger impedito, e si realizza di fatto la rinuncia al ministerium. Fine della storia. Ecco perché Ratzinger era emerito, come il vescovo: mentre il secondo rinuncia canonicamente al ministerium, il papa può rinunciarvi solo per impedimento. Non è difficile, basta solo aprire un attimo la mente.

Estenuante poi come il Michielan citi, a prova delle sue teorie, la frase di Benedetto «Quando un papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in alcune circostanze il dovere di dimettersi». Sappiamo benissimo, dal messaggio su Benedetto VIII QUI come per lui la parola dimissioni non significhi abdicazione, bensì ritiro (Rücktritt) in sede impedita. Peraltro, anche se si fosse riferito all’abdicazione del papa, nulla dimostra che si stesse riferendo al suo caso. Ma a che serve rispiegarlo? Parole al vento.

Desolante, infatti, l’altra argomentazione di Michielan sulla visita di Benedetto alla tomba di Celestino V, che dovrebbe dimostrare la sua volontà di abdicare in un prossimo futuro. L’autore ignora il fatto che in Ein Leben, (Garzanti 2020)  Ratzinger scrisse : “…ero ben consapevole del fatto che la situazione di Celestino V era estremamente peculiare e che quindi non poteva IN ALCUN MODO essere invocata come mio precedente”.   

Come leggete, queste gaffe degli studiosi si verificano quando si ha un approccio settoriale, monodisciplinare e, soprattutto quando non si leggono i libri che si vogliono confutare. “Molto ragionamento e poca osservazione, conducono all'errore”: mai frase fu più vera.

Il libro insiste, poi, con la vecchia fola della sinonimia tra munus e ministerium, cassata definitivamente QUI    dal fatto che quel ministerium, oggetto della rinuncia, in tutto il diritto canonico vuol dire sempre e solo "fare", esercitare una carica. Peraltro, Ratzinger specifica nella Declaratio che quel ministerium gli è stato concesso per manus cardinalium, e i cardinali possono concedere solo il potere di fare il papa.  Ergo, quel ministerium cui si riferisce Benedetto è il potere di FARE il papa. Punto.

Così, l’implosione finale, che ci ha fatto definitivamente chiudere, scuotendo la testa, la “confutazione” di Zenone-Bux-Michielan è stata questa: “Si nota subito come, (durante l’ultima udienza generale n.d.r.) la differenza dalla Declaratio in cui ha parlato di «rinuncia al ministero», qui il Pontefice invece dica chiaramente «rinuncia all’esercizio attivo del ministero». I due concetti, però, non sono sovrapponibili, in quanto non si può identificare un “ministero” con il suo “esercizio”. In altre parole, sarebbe come se con la prima dichiarazione Benedetto avesse rinunciato a “essere papa”, mentre con la seconda avesse deciso di smettere di “fare il papa”.

Già. Strano, vero?

E da Unacumlandia è tutto.

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Consigliamo ai lettori la visione dei seguenti documentari: "Dies Irae", QUI e "Intelligenti pauca" QUI per chiarirsi le idee e li aspettiamo a Bologna, il giorno 19 marzo 2013, ore 15.00.

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