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Ue, via libera al verme della farina: speculano sul grano andato a male?

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Di grano straniero si parla sempre troppo poco: dal problema del glifosato (diserbante) alle micotossine, alle speculazioni su enormi stock, agli standard qualitativo-sanitari troppo bassi, fino ai problemi della sua conservazione, soprattutto durante le lunghe tratte oceaniche sulle navi graniere.

Negli ambienti dei produttori cerealicoli, tuttavia, è emersa un’inquietudine legata al nuovo regolamento della Commissione europea che ha permesso la commercializzazione di alcune specie di insetti edibili, per ora il Tenebrio molitor, verme della farina, e l’Acheta domesticus, il comune grillo. 

 

 

Il sospetto che nutrono diversi addetti ai lavori, tra cui Giuseppe Li Rosi, presidente di Simenza, (l’associazione dei coltivatori di grani antichi siciliani), è che il via libera per l’alimentazione umana al Tenebrione mugnaio, la larva di un coleottero infestante dei cereali, possa consentire la trasformazione in oro di enormi partite di grano andate a male, ormai inutilizzabili perché irrimediabilmente intaccate dall’insetto. Queste, da ora, (tagliate con altre partite di grano buono) potrebbero essere trasformate in farina non solo commestibile e commercializzabile, ma addirittura “arricchita in proteine”.

L’operazione, se ci pensate, sarebbe speculativamente un capolavoro: grano verminoso trasformato in un alimento pregiato da far pagare ai consumatori molto più della farina normale.

Un’ipotesi estrema forse non del tutto realizzabile, secondo l’agronomo Luca Balleri, anche perché una grande quantità di vermi, oltre a conferire un pessimo odore al grano, con la loro umidità ne renderebbero difficile la molitura.

Eppure, ribatte Li Rosi, nei molini esistono dei laboratori chimici in grado di ricostruire le proteine, riequilibrare le vitamine di una partita di grano, ridare colore alla farina, ma anche e sopratutto di eliminare il cattivo odore di una partita di grano che per la troppa umidità è andata in germogliazione.

E’ certamente plausibile, secondo il perito agrario Alessio Guazzini, già membro della commissione europea sul Laveling (etichettatura agroalimentare), che il via libera al Tenebrione potrebbe consentire di abbassare di molto gli standard qualitativi del grano, un po’ secondo quella dicitura che leggiamo spesso sulle etichette: “può contenere tracce di frutta a guscio”. Altra possibilità è che del grano infestato potrebbe essere tagliato con del grano “pulito”.

Intendiamoci: anche nel migliore grano italiano sono tollerate, da un severo test qualitativo, quantità impercettibili di residui entomologici, ma parliamo dello 0,03 per cento su ogni grammo di farina. Nel momento in cui, però, la presenza di un verme, per legge, diventa tollerabile come quella di una nocciola o di una mandorla, capite bene che le percentuali tollerabili potrebbero cambiare, e di molto.

Una cosa è certa: preferite il prodotto nazionale. I grani stranieri, soprattutto quelli provenienti dal continente americano, nord e sud, vengono trasportati con enormi navi cargo dove le uova degli insetti contenute nel grano si schiudono e hanno tutto il tempo di svilupparsi in larve. Di solito si procede a una disinfestazione con un gas chiamato fosfina, molto tossico per l’uomo, che evapora e non lascia traccia, ma non sempre basta.

E’ pur vero che il Tenebrione costituisce un ottimo alimento per la mangimistica: è costituito dal 53% di proteine, dal 28% di grassi e dal 6% di fibre ed è ricco di vitamine essenziali. Polli e pesci lo sanno bene, dato che si nutrono di insetti fin dal quarto giorno della Genesi.

Ma da qui a propinarli all’uomo… I dubbi sono tanti, soprattutto di natura socio-culturale. Gli insetti sono, di fatto, il perfetto cibo mondialista: producibili ovunque da grandi multinazionali, sfruttano i sensi di colpa indotti sul “cambiamento climatico” (furbata retorica che va bene sia col troppo caldo che col troppo freddo). La loro produzione avviene in modo standardizzato, sganciato dal territorio, dalla tradizione e dalla realtà locale. L’aggressione alla cultura e all’identità alimentare, soprattutto italiana, è patente. Che lo sdoganamento dei poco invitanti insetti come cibo offra anche la possibilità di golose speculazioni per pochi ricconi, non sarebbe che la quadratura del cerchio.

Infine, portare l’uomo a nutrirsi di insetti, degradarne simbolicamente la dignità in questo senso, secondo alcuni, fa parte anche di quelle credenze pseudo-spirituali delle élite globaliste che tendono a mettere tutto alla rovescia.

Insomma, il consiglio è: se proprio volete mangiare insetti, lasciate che passino prima attraverso una argentea orata d’acquacoltura o un buon pollastro allevato a terra.

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