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Il pesce San Pietro, o del genio “abissale” di Benedetto XVI nel Codice Ratzinger

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Abbiamo cercato di farlo capire in tutte le maniere, con gli articoli, le interviste, gli esempi, le slide, le vignette, persino una favola QUI.

Una 13esima fatica di Ercole, spesa inutilmente per persone che non vogliono capire, tradizional-sedemasochisti che non vedono l’ora di regalarsi antipapa Zuppi con l’ostia alla farina di cavallette, per potersene goduriosamente lamentare. Tutto ciò mentre Bergoglio nel frattempo invita su Twitter ad “amare questo mondo”, il cui principe è il diavolo, invece che ad amare il Cielo e il destino eterno. Ma si sa, quando il Katechon non c’è, i topi ballano.

Faremo l’ultimo esempio, l’ultimo tentativo metaforico per chiarire cosa di straordinariamente geniale hanno fatto Giovanni Paolo II e il cardinale Ratzinger, poi papa Benedetto XVI, che in questi giorni vengono ignobilmente screditati da una riapertura ad orologeria del caso Emanuela Orlandi, colpo di coda voluto da un  antipapa Francesco in caduta libera.

Questa volta attingeremo a una meravigliosa, inaspettata coincidenza che lega il mondo della natura, alle leggende cristiane, alle scienze strategiche, al diritto canonico.

In diverse interviste, lo scrivente aveva già parlato di un sistema difensivo adottato da papa Benedetto con la Declaratio, quello del “falso bersaglio”, comune anche in natura. Alcune specie di animali, pesci, insetti, uccelli, infatti, recano sulla coda, o in altra parte del corpo, delle macchie simulanti un occhio che suggeriscono un “verso sbagliato” della bestiola.

I predatori si slanciano sul falso occhio, pensando di puntare alla testa dell’animale, e quello sguscia via nell’altra direzione.

E’ esattamente la stessa cosa che hanno creato papa Wojtyla e il card Ratzinger nel Diritto canonico del 1983: un falso bersaglio. Hanno “sdoppiato” l’occhio, cioè l’incarico papale, distinguendolo in un aspetto autentico e fondamentale, il munus, (essere papa) e in un altro che costituisce un falso bersaglio, il ministerium, (fare il papa) diretta conseguenza del munus, ma la cui rinuncia puramente fattuale e non giuridica, con abbandono fisico della sede, non produce abdicazione. 

Non credete ai grammelot bergogliani: ministerium non potrà mai essere sinonimo di munus perché in tutto il diritto canonico vuol dire sempre e solo FARE, esercitare praticamente una carica.

Assolutamente straordinario scoprire come uno dei pesci che possiedono più pronunciato questo stratagemma difensivo si chiami… PESCE DI SAN PIETRO. E’ un pesce bruttarello, ma dalle carni pregiatissime, che vive in profondità, molto comune nel Mediterraneo e nei mari del Giappone, Sud- est Asiatico e Oceano indiano. Il suo nome scientifico è Zeus faber e ciò rafforza l’idea che sia davvero un pesce “divino” visto che anche gli arabi lo chiamano “Pesce di Dio”.

Il nome si deve al Vangelo di Matteo, 17:24-27, dove si racconta come San Pietro lo pescò su espresso ordine di Gesù per pagare la tassa del tempio: “Quando furono giunti a Cafarnao, quelli che riscuotevano le didramme si avvicinarono a Pietro e dissero: «Il vostro maestro non paga le didramme?» Egli rispose: «Sì». Quando fu entrato in casa, Gesù lo prevenne e gli disse: «Che te ne pare, Simone? I re della terra da chi prendono i tributi o l’imposta? Dai loro figli o dagli stranieri?». «Dagli stranieri», rispose Pietro. Gesù gli disse: «I figli, dunque, ne sono esenti. Ma, per non scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che verrà su. Aprigli la bocca: troverai uno statère (moneta n.d.r.). Prendilo e dàllo loro per me e per te».

Interessante che questo soldino fosse stato pagato da Gesù proprio per continuare a far funzionare il tempio e per non dare scandalo.

(QUI un commento al Vangelo). Proprio come ha fatto papa Ratzinger, per reagire in modo prudente, ma definitivo, a una scandalosa aggressione al papato dall’interno e continuare a far funzionare la Chiesa.

Altri racconti riferiscono che il nome del pesce derivi da una reazione del futuro primo papa a una provocazione da parte di alcuni increduli che non credevano alla sua santità. Sembra tale e quale la storia di papa Benedetto.

Quello su cui tutti concordano è che le due macchie scure sui fianchi non sono altro che le impronte delle dita lasciate dal Principe degli Apostoli sul pesce, quando lo raccolse.

Ma in natura, costituiscono proprio quel falso occhio che ha la funzione di disorientare i predatori.

Così, il pesce di San Pietro-papa Benedetto, agli aggressori che volevano la sua testa e puntavano all’occhio vero, il munus, ha offerto la macchia illusoria del ministerium, rinunciando al quale si è tolto di mezzo, ma è rimasto l’unico papa, mentre i suoi nemici si sono antipapati e scismati.

Gli squali della Mafia di San Gallo sono rimasti disorientati e il pesce-papa Benedetto è guizzato a rifugiarsi nella tana sottomarina del papato emerito e della sede totalmente impedita salvando se stesso e la Chiesa.  

Non ha ingannato nessuno: lui con quella macchia a forma di occhio, pronta fin dal 1983, ci era nato nel 2005. Sono stati i nemici a confondersi da soli e a non riuscire a distinguere un vero occhio da un pallino nero. Lui ha appena offerto il fianco alla loro vista, e quelli ci sono cascati rimanendo a bocca asciutta e rovinandosi da soli.

Davvero suggestivo: il comando di Gesù, le impronte di San Pietro, un geniale sistema di difesa comune fra le creature. Il pesce, non solo per il suo nome greco che costituisce l’acrostico di Gesù, essendo un animale che vive sott'acqua senza annegare, simboleggia da sempre il Cristo, che può entrare nella morte restando vivo. E così papa Benedetto, entrando nella “morte” della sede impedita è rimasto il papa, è rimasto “vivo”.

Chi scrive ricorda l’estate 2021, passata per metà a praticare la pesca subacquea e per metà immerso nell’azzurro oceano della mente di papa Benedetto, scrivendo il proprio libro inchiesta.

La Declaratio del pesce (successore) di San Pietro si scopre nell’abisso blu del Codice Ratzinger. A una lettura di superficie tutto sembra piatto e banale, bergoglianamente bidimensionale, ma se si scende in profondità, nel silenzio del Logos, il mare si anima di rocce di virtù, di alghe iridescenti di genialità, di grotte di sapienza.

Fate un bel respiro e immergetevi anche voi nella comprensione di questo abisso, prima che sia troppo tardi.

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