Cerca
Cerca
+

Ratzinger effect: come gli stessi nemici di Benedetto XVI svelano la sede impedita

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

Vai al blog
  • a
  • a
  • a

Questa vicenda millenaria della sede impedita di Benedetto XVI e dell’antipapato di Bergoglio produce dei fenomeni assolutamente stupefacenti, al limite del preternaturale.

In primis, il grottesco e assordante silenzio stampa sulla Magna Quaestio: un tabù assoluto che parla più di mille titoli di prima pagina. Cari colleghi mainstream, ma perché vi fa così paura Bergoglio? Non era tutto zucchero e misericordia? (Forse no).

In secundis, l’autolesionismo masochistico di certi presunti cattoconservatori che attaccano giornalmente Bergoglio dicendogliene di tutti i colori, ma guai a far loro presente che non è il vero papa per motivi giuridici. (Alcuni hanno capito bene, ma tentano di “dividersi la veste” del Vicario di Cristo QUI).

Tuttavia, il fenomeno più straordinariamente interessante è il cosiddetto “Ratzinger effect”, ovvero l’automassacro dei nemici più aggressivi di papa Benedetto XVI i quali, attaccando in modo scomposto l’inchiesta “Codice Ratzinger” (che sarà presentata ancora il 3 a Pordenone e il 4 a Bologna), producono involontariamente nuove, straordinarie prove che confermano ancora sempre la stessa verità. Ricordiamo con gratitudine un hater che, nei suoi feroci attacchi social, ci ha fatto scoprire l’utilissimo canone 335, (oltre al 412) che parla di “sede totalmente impedita” come perfetta alternativa alla sede vacante. Poi, don Ariel Levi di Gualdo, insultatore seriale del sottoscritto e di don Minutella il quale, pubblicando sul suo sito la lettera falsa di Mons. Gaenswein (da lui misteriosamente “ricevuta da fonti anonime”) ha dato modo allo stesso Segretario del Papa di smentirne il contenuto e spiegare così che Benedetto XVI celebra la messa in comunione con se stesso “indegno servo” e non in unione con Bergoglio, (ovviamente, dato che non è il legittimo papa) QUI . La vicenda della falsa lettera è si è poi conclusa con un gran finale “napoleonico” tipo Ouverture di Tschaijkowsky 1812, con campane a festa e salve di cannone, quando si è scoperto che il falso era stato prodotto con una licenza Word a nome proprio di don Ariel Levi di Gualdo. Lo stesso sacerdote “tosco-romano, di antica ascendenza sacerdotale ebraica”, come ama definirsi, non ha smentito la paternità del falso e anzi, ha dichiarato che “esistono menzogne buone e menzogne cattive”, offrendo una nuova prospettiva teologica che potrebbe piacere a Bergoglio e al resto del mondo una chiara idea di come sia andata.  

Ma uno dei più sentiti ringraziamenti si deve a don Tullio Rotondo il quale da diversi giorni attacca lo scrivente in modo serrato, non risparmiandosi pirotecniche uscite come quando ha fornito la sua personalissima spiegazione del fatto che papa Benedetto usi ancora il nome pontificale e indossi ancora la veste bianca per un motivo essenzialmente “pratico” (come dichiarò a Tornielli nel 2016 QUI  ): “siccome una talare può costare anche 1000, 2000 euro”, dice don Rotondo, “giustamente Benedetto ha preferito utilizzare quelle somme per altre cose”. E quali sarebbero? Non c’è stato verso di fargli capire che papa Ratzinger si chiama ancora Benedetto XVI perché è ancora il papa, inoltre, siccome non esiste una veste specifica da papa impedito la cosa più pratica era rimanere vestito di bianco togliendo solo la mantelletta e la fascia alla vita per farsi riconoscere come il “Papa emerito”, cioè colui che merita di essere papa in quanto, da impedito, resta in possesso del Munus, l’investitura divina di pontefice.

In compenso, Don Tullio ha prodotto un documento fondamentale, da lui incautamente brandito come prova dell’abdicazione di papa Benedetto.

Si tratta degli Acta Apostolicae Sedis, che potete scaricare QUI  , praticamente la Gazzetta ufficiale vaticana. Vi si legge: “ACTA BENEDICTI PP. XVI DECLARATIO SUMMI PONTIFICIS. De MUNERIS Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri ABDICATIONE.

Come vedete, si parla di rinuncia al MUNUS petrino per l’abdicazione del papa. (E Don Rotondo sosteneva che non fosse necessario rinunciare al munus). Il problemino è che il documento è del 1° marzo 2013, quando papa Benedetto ha già fatto la sua rinuncia all’esercizio pratico del potere de facto e non de iure. Così, il 1° marzo il cardinal decano convocando un nuovo conclave abusivo, a papa non abdicatario, ha da quel momento ufficializzato che la sede è TOTALMENTE impedita. Lo abbiamo illustrato QUI. Come si può considerare non totalmente impedito un papa al quale convocano alle spalle un altro conclave lui vivente e non abdicatario?

Ovvero, l’importanza di questo documento, risiede nel fatto che la stessa chiesa golpista che ha impedito Benedetto XVI certifica che, per l’abdicazione, fosse esplicitamente richiesta la rinuncia al Munus petrino, che, come ormai sapete fino alla nausea, NON È MAI AVVENUTA, in quanto papa Benedetto dichiarò l’11 febbraio di rinunciare al solo ministerium, che è solo l’esercizio pratico del potere il quale discende, consegue dal munus e ne è solo il riflesso: “…declaro me ministerio Episcopi Romae … commisso renuntiare”. QUI 

Se non bastasse, la rinuncia al munus petrino è espressamente richiesta dal canone 332.2 che regola l’abdicazione:  “ut MUNERI suo renuntiet” ; il canone 412 dice che il papa è impedito quando non può esercitare il suo MUNUS (Episcopus dioecesanus plane a MUNERE pastorali in dioecesi procurando praepediatur…) e anche la costituzione apostolica di papa Giovanni Paolo II, all’art. 53, cita esplicitamente in italiano l’incarico papale come MUNUS: “…chiunque di noi, per divina disposizione, sia eletto Romano Pontefice, si impegnerà a svolgere fedelmente il MUNUS Petrinum di Pastore della Chiesa universale…”.

Semplifichiamo al massimo per i “non udenti”, in senso evangelico. Papa Benedetto è come il padrone di un’auto minacciato da un rapinatore. Lui docilmente scrive un biglietto in cui dice che rinuncia a guidare la macchina, ma il malvivente si illude di aver ricevuto l’atto di proprietà. Arriva un controllo della Polizia e il delinquente finisce in prigione. Chiaro, no?

Però i nemici del Vicario di Cristo, ostinati e impenitenti fino in fondo, continueranno a dire che “Benedetto si è solo confuso, ma in realtà voleva abdicare”; che “ha usato i termini per non ripetersi”; che “rinunciare al munus è la stessa cosa che rinunciare al ministerium”; che “a 25 anni Ratzinger era modernista”; che “ha la demenza senile e pensa di essere ancora papa”. etc. (Tutte affermazioni realmente proferite).

E allora non resta che abbandonare queste persone al loro destino con la coscienza a posto di averle pur avvertite sulla situazione presente e sulla rivelazione finale che giungerà immancabilmente. Ne abbiamo trovato l’informazione esplicita, presto spiegheremo come, quando e perché, ma, come dice il Santo Padre: “Tutto ha il suo tempo”.   

 

P.S. Per chi desiderasse un “aiutino da casa Mater Ecclesiae” papa Benedetto ha dichiarato QUI  che la risposta si trova nel libro di Geremia dove si legge “IO SONO IMPEDITO” e in tedesco ha scritto che teme di essere di peso agli altri a causa di un lungo IMPEDIMENTO. QUI  

Dai blog