Il Codice Ratzinger per Barnhardt e Mazza. Papa Benedetto XVI è un genio e Bergoglio si è reso antipapa
La blogger Ann Barnhardt e il prof. Edmund Mazza sono fra i più noti commentatori cattolici americani. Entrambi hanno dei meriti storici per aver divulgato nel loro paese la realtà dell’invalidità della Declaratio di papa Benedetto XVI come rinuncia e, (soprattutto Barnhardt), l’antipapato di Bergoglio. Con diverse declinazioni, essi sono però sostenitori del cosiddetto “Errore sostanziale”, una tesi secondo cui papa Benedetto ha fatto sì, una rinuncia invalida, ma inconsapevolmente, sulla base di proprie errate concezioni del papato.
La teoria dell'errore sostanziale afferma che Benedetto XVI, siccome voleva creare il papato emerito e dividere il papato in due (un papa attivo e un papa emerito contemplativo), non ha fatto una rinuncia valida, e quindi resta l'unico papa. Una delle basi su cui si fonda questa teoria è il famoso discorso di Mons. Gaenswein del 2016 sul “ministero allargato”, di cui abbiamo scritto QUI .
Ci rivolgiamo agli studiosi d’Oltreoceano con una lettera aperta per condividere in spirito di amicizia e collaborazione le nostre acquisizioni più recenti, messe a punto grazie a un lavoro che ha coinvolto numerosi studiosi.
Cari Ms. Barnhardt e Prof. Mazza,
la Magna Quaestio, alla ricomposizione della quale Voi avete fornito contributi così importanti, è come un grande puzzle, sul quale si sono applicati tanti studiosi: ognuno ne ha ricomposto un pezzo. Io stesso, senza fare riferimento a tutti coloro che, da principio, hanno messo in discussione la Declaratio come rinuncia al papato, senza il contributo di tanti specialisti coraggiosi e perfino di molti lettori che hanno prodotto testimonianze e documenti, non potrei oggi sottoporre alla Vostra attenzione i risultati del mio biennale studio che fra pochi giorni sarà pubblicato nella sua interezza in un libro inchiesta di 340 pagine intitolato “Codice Ratzinger”.
Purtroppo, in Italia, molti studiosi laici e religiosi sollecitati dal sottoscritto a un pacifico e costruttivo confronto, trascurando delle “insignificanti” possibilità all’orizzonte, (la fine della Chiesa cattolica, una terza guerra mondiale, l’instaurarsi di un New World Order con una megareligione sincretista), hanno preferito chiudersi in se stessi, senza né confutare, né discutere la questione della sede impedita. Vengono in mente quelle amare parole di Galileo Galilei che, riferendosi ai suoi critici, così scriveva: “Che dire dei più celebri filosofi di questo Studio i quali, colmi dell’ostinazione dell’aspide, nonostante più di mille volte io abbia offerto loro la mia disponibilità, non hanno voluto vedere né i pianeti, né la luna, né il cannocchiale?”.
Io mi auguro che Voi vogliate accogliere con maggiore apertura i fatti e i documenti che seguiranno poiché, come ben sapete, qui c’è in ballo molto più del puntiglio professionale e della difesa del proprio orticello ideologico. I fatti o sono, o non sono e, come diceva Alexis Carrel, "poca osservazione e molto ragionamento conducono all'errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità”.
La prima considerazione da fare è che la Declaratio non è invalida solamente per l’inversione munus/ministerium. Papa Benedetto ha letteralmente “minato” quel documento con una serie di “cariche esplosive canoniche”. Per esempio, il differimento - del tutto inutile, se ci pensate - dell’entrata in vigore della rinuncia al ministerium. Questa dilazione è infatti del tutto inaccettabile per una abdicazione, dato che, teologicamente, è Dio stesso che concede o ritira il munus e certo a Lui non si possono dare incarichi a scadenza come fosse un maggiordomo. C’è anche la mancata ratificazione della rinuncia al ministerium, mai confermata dopo le ore 20.00 del 28 febbraio, come individuato QUI dal teologo Carlo Maria Pace. C’è poi l’uso del tutto fantasioso – come rilevato dall’avv. Arthur Lambauer - delle espressioni “Sede di San Pietro, Sede di Roma”, che non hanno alcuna personalità giuridica per essere considerate “vacanti”, come invece può esserlo (solo) la Sede Apostolica. Da qui la corretta interpretazione della frase “ut a die 28 februarii MMXIII, hora 20, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet” che deve essere tradotta con “in modo che la sede di San Pietro resti vuota”, promessa mantenuta da Benedetto col volo in elicottero alle 17.00 per Castel Gandolfo che lasciò libera, sgombra, la sede fisica per le ore 20.00. Per non parlare di quella strana frase oggettiva nella Declaratio “il prossimo Pontefice dovrà essere eletto da coloro a cui compete” che si riferisce proprio ai cardinali di nomina pre 2013, gli unici validi. QUI
Quindi, se la Declaratio fosse derivata da un errore “filosofico” di Benedetto, certo non avrebbe potuto essere infarcita di così tanti meccanismi sabotatori di una abdicazione che invece, guarda caso, si sposano perfettamente con il geniale autoesilio volontario in sede impedita, dimostrato dal fatto che semplicemente Benedetto ha smesso di esercitare il potere, senza la minima ratifica giuridica. Uno straordinario meccanismo di difesa, poiché la sede impedita fa sì che il conclave 2013 non potesse avere luogo perché il papa precedente non era né morto, né abdicatario. Bergoglio, dunque, non è mai esistito come papa per un motivo molto più basilare e antecedente rispetto alle questioni circa le sue eresie o le irregolarità nell’elezione. Il conclave 2013 non poteva avere luogo, e questo non potrà mai essere sanato dalla Universalis Ecclesiae Adhaesio, l’accettazione pacifica universale dell’alto clero.
Già queste contingenze, permettetemi, escludono in maniera totale l’ipotesi di un’inconsapevolezza di papa Benedetto. Egli ha piuttosto scientemente applicato questo piano antiusurpazione, che come leggete QUI, ha mutuato lui stesso dal diritto dinastico tedesco, inducendo in tentazione, cioè mettendo alla prova la fedeltà dei suoi cardinali con una dichiarazione candida e legittima: nulla di ingannevole, ma i suoi nemici, accecati dalla bramosia, hanno accettato qualsiasi documento che odorasse di dimissioni, e si sono così, autoscismati.
Ma la cosa ancor più importante e significativa per escludere l’errore sostanziale è il cosiddetto “Codice Ratzinger”.
Forse ne avrete sentito parlare: si tratta di un particolare stile comunicativo, ispirato a quello di Gesù con i suoi accusatori, QUI con cui papa Benedetto conferma in decine e decine di frasi che il papa è solo lui stesso e che si trova in sede impedita.
Già nel marzo 2021, l’avvocato Carlo Taormina, il giurista più famoso d’Italia, aveva dichiarato a Libero QUI : “Colpisce l’ambivalenza continua e studiata, nell’arco di otto anni, attribuita alle dichiarazioni di Ratzinger che, nella sostanza, pare ribadire sempre la stessa cosa, ovvero che il papa è lui, Benedetto, e non altri”.
Da lì abbiamo fatto numerose altre scoperte tanto che altri professionisti e specialisti hanno firmato, mesi dopo, questa dichiarazione:
“Le oggettive e strane ambiguità del linguaggio di Benedetto XVI individuate come “Codice Ratzinger”, riscontrate anche da altri giornalisti, o persino lettori, non sono casuali, e non sono dovute all’età dell’autore o, men che mai, a sua impreparazione. Esse sono messaggi sottili, ma inequivocabili, che riconducono alla situazione canonica descritta nell’inchiesta. Papa Benedetto comunica in modo sottile perché è in sede impedita e quindi è impossibilitato a esprimersi liberamente. Il “Codice Ratzinger” è una sua forma di comunicazione logica e indiretta che si avvale di apparenti incoerenze le quali non sfuggono all’occhio delle persone preparate. Tali frasi, “decodificate” con i dovuti approfondimenti nei rimandi che il Papa fa alla storia, all’attualità, al diritto canonico, nascondono un sottotesto logico perfettamente individuabile, con significati precisi e univoci. Altre volte, Benedetto XVI opta per delle “anfibolie” frasi – non prive di spunti umoristici – che possono essere interpretate in due modi diversi. Queste tecniche di comunicazione gli danno modo di far capire, “a chi ha orecchie per intendere”, che egli è ancora il papa e che è in una situazione di impedimento. Pertanto, chiunque sostenga che i messaggi del Codice Ratzinger sono fantasiose interpretazioni o non ha capito, o nega l’evidenza”.
Prof. Rocco Quaglia, ordinario di Psicologia dinamica all’Università di Torino
Prof. Antonio Sànchez Sàez, ordinario di Diritto presso l’Università di Siviglia
Prof. Gian Matteo Corrias, docente di materie letterarie e saggista storico-religioso
Prof. Alessandro Scali, docente di Lettere classiche, scrittore e saggista.
Prof. Gianluca Arca, docente di Latino e Greco, filologo, ricercatore, saggista.
Dott. Giuseppe Magnarapa, psichiatra, saggista e scrittore.
Ed ora passo a citarvi i messaggi più significativi ed eloquenti del ricchissimo parterre prodotto da papa Benedetto. Sono quelli che ho chiamato “messaggi a km 0” in quanto non occorre alcuna fatica per comprenderli. (Infatti, nella messaggistica di Ratzinger ci sono altre frasi che necessitano una certa applicazione, ma non intendo qui trattarne).
Nell’intervista del febbraio 2021 al Corriere della Sera, Benedetto XVI ha ribadito per l’ennesima volta, battendo il polso sul bracciolo:
“Non ci sono due papi. Il papa è uno solo”. QUI Una frase che ripete da nove anni senza mai spiegare quale dei due SIA il papa.
Ora, se Benedetto fosse convinto che ci possono essere due papi, come potrebbe dire una cosa del genere? E, soprattutto, perché non scioglie le riserve su chi sia questo unico papa, gettando potenzialmente nel panico un miliardo e 285 milioni di fedeli?
Estremamente significativa la lettera del 13 novembre 2021 in risposta a una fedele, QUI tramite la Segreteria di Stato, Benedetto fa scrivere così al funzionario:
“Gentile Signora,
il Papa emerito Benedetto XVI ha accolto la cortese lettera con la quale ha voluto indirizzargli espressioni di filiale affetto. Riconoscente per i sentimenti di devozioni manifestati, il Sommo Pontefice incoraggia a rivolgere con sempre maggiore fiducia lo sguardo al Padre celeste”.
Visto? Il papa emerito è, dunque, il Sommo Pontefice: sono infallibilmente la stessa persona che ha apprezzato la lettera affettuosa della fedele.
Altro messaggio chiarissimo è contenuto in “Ultime conversazioni” di P. Seewald (2016), una vera miniera, che vi invito a rileggere, soprattutto nei capitoli II e III.
Domanda del giornalista: “Uno s’immagina che il papa, il vicario di Cristo sulla Terra, debba avere un rapporto particolarmente stretto, intimo, con il Signore”.
Risposta di papa Ratzinger: “Sì, dovrebbe essere così, e non è che IO abbia la sensazione che Lui sia lontano.
Sillogismo retorico. Benedetto accoglie le premesse della domanda: lui è il papa e il Vicario di Cristo. Se il papa è uno e se fosse Francesco, come potrebbe mai dire una cosa del genere?
Febbraio 2022. Rispondendo a dei fedeli che gli avevano manifestato la loro solidarietà durante l’attacco mediatico giudiziario di gennaio, Benedetto li saluta così.
“Volentieri includo Lei e le Sue intenzioni nella mia preghiera. Con la mia benedizione apostolica, Suo nel Signore, Benedetto XVI” QUI
La “sua” benedizione apostolica è prerogativa esclusiva del papa regnante. E non è un caso isolato: già nel 2017 aveva salutato il card. Brandmueller con la sua benedizione apostolica, in una lettera ricchissima di codici Ratzinger. QUI
Ancora in “Ultime conversazioni”. Domanda: “Secondo la lista di San Malachia il papato terminerebbe con il suo pontificato. E se lei fosse effettivamente l’ultimo a rappresentare la figura del papa come l’abbiamo conosciuto finora?”
Risposta di Benedetto XVI: “Tutto puo' essere”.
Ma dopo di lui non dovrebbe esserci il legittimo successore papa Francesco, 266° pontefice romano? No, evidentemente, perché egli non è il vero papa.
Un messaggio estremamente colto e preciso è contenuto nello stesso libro: “Con lei, per la prima volta nella storia della Chiesa, un pontefice nel pieno ed effettivo esercizio delle sue funzioni si è dimesso dal suo “ufficio”. C’è stato un conflitto interiore per la decisione?”.
Risposta di papa Ratzinger: “Non è così semplice, naturalmente. Nessun papa si è dimesso per mille anni e anche nel primo millennio ciò ha costituito un’eccezione”.
Un errore storico clamoroso (con sei papi abdicatari nel I millennio e quattro nel II) a meno di non considerare proprio le sue dimissioni come dal solo ministerium e così individuare perfettamente quel paio di papi (Benedetto VIII e Gregorio V) che nel I millennio, prima della Riforma gregoriana, furono temporaneamente scacciati da antipapi e persero proprio l’esercizio pratico del potere, il loro ministerium, ma rimasero papi. Guarda caso, una sede impedita ante litteram. QUI
Citiamo poi la famosa risposta di papa Ratzinger al vaticanista Tornielli del 2016:
«Il mantenimento dell’abito bianco e del nome Benedetto è una cosa semplicemente pratica. Nel momento della rinuncia non c’erano a disposizione altri vestiti. Del resto porto l’abito bianco in modo chiaramente distinto da quello del Papa».
Benedetto avrebbe mantenuto l’abito bianco perché, in nove anni non si è trovato in tutta Roma un sarto ecclesiastico che potesse approntare all’”ex papa” una talare nera, rossa o viola, diversa da quella bianca? Abbastanza ridicolo, non trovate? L’unica interpretazione non può, quindi, essere che questa: mantenere l’abito bianco e il nome era la cosa più pratica che si potesse fare, dato che rinunciando fattualmente al ministerium Benedetto XVI restava IL Papa. Ecco perché non potevano esserci a disposizione altri vestiti che non fossero quelli bianchi, da papa: non c’è una talare specifica per un papa autoesiliatosi in sede impedita, ma comunque lui porta l’abito bianco chiaramente distinto da quello che è il tipico abito da Papa, cioè privo di mozzetta e fascia. QUI
Potrei continuare per pagine e pagine, ma mi fermo qui. Ms. Barnhardt, analizzando a fondo il discorso di Mons. Gaenswein, con logica stringente ha considerato che era letteralmente implosivo (in una certa visione “politicamente corretta”).
Ecco cosa dice Mons. Gaenswein: “Come ai tempi di Pietro, anche oggi la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica continua ad avere un unico Papa legittimo. E tuttavia, da tre anni a questa parte, viviamo con due successori di Pietro viventi tra noi – che non sono in rapporto concorrenziale fra loro, e tuttavia entrambi con una presenza straordinaria”.
Che vuol dire? C’è un solo papa legittimo ... ma ci sono due papi. Com’è possibile? Solo in un caso: SE C'E' UN PAPA LEGITTIMO E UN PAPA ILLEGITTIMO! Non sono in concorrenza perché uno è papa e l’altro no.
E il segretario rincara la dose: “Dall’elezione del suo successore Francesco il 13 marzo 2013 non vi sono dunque due papi, ma de facto un ministero allargato – con un membro attivo e un membro contemplativo”.
Non vi SONO "de iure" due papi, cioè uno solo E’ il papa. De facto c’è un MEMBRO (attivo) che FA il papa senza esserlo (Bergoglio) e un membro contemplativo (Ratzinger) che è il solo legittimo papa. Per questo Mons. Gaenswein usa la parola indistinta “membro” (non dice papi) e usa perfettamente i verbi ausiliari. Ecco spiegato il mistero del ministero allargato. Non è una questione canonica, ma storico-teologica-escatologica.
Ci sono dunque due papi, ma uno è legittimo e l’altro è illegittimo. Ecco perché Benedetto dice che il papa (vero) E’ uno solo. Lui stesso, perché non ha mai lasciato il munus.
E tutto torna: Benedetto, pressato ad abdicare, ha applicato il sistema antiusurpazione che aveva predisposto fin dal 1983 con la scomposizione “ipnotica” munus/ministerium. La Mafia di San Gallo lo ha costretto a togliersi di mezzo, lui si è ritirato in sede impedita e ha fatto sì che Bergoglio e i suoi si scismassero da soli impadronendosi del potere abusivamente senza che il papa precedente fosse morto o abdicatario. Lui è papa emerito, da emereo, colui “che merita, che ha diritto” di essere papa, un aggettivo, scritto non a caso minuscolo (Papa emerito) al contrario di Vescovo Emerito, status che invece è del tutto canonico. E così, in ottica di fede, Bergoglio, privo del munus, privo di qualsiasi “marchio di garanzia” che comporti l’assistenza dello Spirito Santo può dire tutto quello che vuole. In un certo senso è giustificato: non è il papa.
Ratzinger è un genio, ammette giustamente Mrs. Barnhardt, e come tale ha messo in piedi un sistema assolutamente geniale che fa quadrare tutti i conti, dal punto di vista teologico, canonico, storico che trova piena coerenza in tutte le sue dichiarazioni, anche in quelle che solo apparentemente lo vedono in cordiali e amichevoli rapporti con Bergoglio. Non fermiamoci all’apparenza: lui non è amico di Francesco, ma lo ama cristianamente, mite come un agnello, come Gesù che si è fatto baciare e tradire da Giuda, per una purificazione finale della Chiesa, per “separare i credenti dai non credenti”, come dichiarò all’Heder Korrespondenz questa estate.
Ci sarà sicuramente un giorno in cui Benedetto non sarà più impedito, e ogni cosa sarà esplicitata, ma tutto è stato già fissato nel 2013 con quella Declaratio che non era una rinuncia, ma una candida dichiarazione di auto esilio in sede impedita. Una realtà che il vero papa ci ha fatto capire gradualmente, per via logica, dato che egli è il Vicario del Logos. E un aiuto enorme ce l’ha data Bergoglio che, inconsapevole cooperatore della verità, con le sue brutali demolizioni del Cattolicesimo si è palesato lontano un miglio come antipapa e anticattolico.
Troppo bello per essere vero? No. Qui siamo in presenza di una realtà, quella dell’apostasia interna alla Chiesa, nota ai veri papi fin da Fatima (1917): si erano preparati da decenni e, comunque, parliamo del legittimo Vicario di Uno che sicuramente è un grande artista.
Per favore: collaboriamo, uniamo gli sforzi delle nostre ricerche come l’americano Thomas A. Edison e l’italiano Alessandro Cruto, che entrambi inventarono la lampadina ognuno attingendo alle scoperte dell’altro. E c’è molto bisogno di luce in questa notte oscura.
La storia non ci perdonerà personalistici arroccamenti.
Con un cordiale saluto, e la massima disponibilità a rispondere a qualsiasi obiezione.
Andrea Cionci