Codice Ratzinger: preghiera (di riparazione?) per la Russia e gli elogi – apparenti – di Benedetto XVI a "papa Francesco"
Di ieri, la notizia che “il papa emerito Benedetto XVI si UNIRÀ ALLA CHIAMATA di papa Francesco NELLA PREGHIERA per quanto riguarda la consacrazione della Russia e dell'Ucraina al Cuore Immacolato di Maria". QUI
Pertanto, NON PARTECIPERÀ direttamente alla consacrazione, e NON SARÀ FISICAMENTE PRESENTE alla cerimonia nella Basilica di San Pietro. Egli si “unirà alla chiamata”, non all’”intenzione”, cioè “risponde all’appello” di Bergoglio, nella preghiera. Ma COME lo farà?
Così, si aprono due possibilità speculari: potete credere che papa Benedetto aderisca di buon grado all’iniziativa di Francesco, (forse, rendendo valida la consacrazione?) oppure, come ci spiegano i teologi, che egli, al contrario, esercitando il suo potere “kathecontico”, intenda mitigare con una PREGHIERA DI RIPARAZIONE, la grave “provocazione celeste” messa in atto da Bergoglio.
Per quanto ne sappiamo, Benedetto XVI, nel chiuso della sua cappella, potrebbe benissimo compiere una preghiera specifica per annullare l’offesa a Maria Santissima, la Quale secondo l’apparizione di Fatima, chiese AL PAPA LEGITTIMO la consacrazione della sola Russia.
Anche in questo caso, a voi scegliere il versante: se credere alla prima o alla seconda possibilità, ma avete l’ennesima dimostrazione che papa Benedetto lascia ancora una volta aperta la doppia interpretazione, in modo che solo “chi ha orecchie intenda”. Eppure, già questa ambiguità costante, impensabile per un grande teologo sempre molto netto e preciso, parla chiaro: se ciò che dice una persona, ogni volta può essere interpretato in due modi opposti, ovviamente c’è qualcosa che non quadra, no? Tale atteggiamento si spiega solo con l’oggettiva realtà canonica della sede impedita, di cui abbiamo abbondantemente scritto QUI .
Per una strana coincidenza, tale notizia è giunta mentre completavamo questo articolo dedicato proprio alla presunta concordia fra papa Benedetto e Bergoglio: NULLA E’ COME APPARE.
Qualche giorno fa, abbiamo infatti ricevuto all’indirizzo dell’inchiesta, [email protected], un’email da una signora che si diceva molto disorientata dalla lettura, nel cap. 3 del libro-intervista di Peter Seewald “Ultime conversazioni” (Garzanti 2016), di presunti “ELOGI” da parte di papa Benedetto XVI a Bergoglio.
Affronteremo queste frasi in purissimo “Codice Ratzinger”: come vi illustreremo, con le chiose del prof. Gian Matteo Corrias, latinista e saggista storico-religioso, le espressioni apparentemente elogiative che il vero papa in sede impedita riserva al suo impeditore, in realtà, non lo sono. Anzi, vi si legge un sottotesto opposto – e, a tratti, gustosissimo - realizzato grazie al frequente uso di anfibologie (espressioni dal doppio significato) e di un equilibrio sintattico logico e sottile ispirato alla comunicazione di Cristo con i suoi accusatori QUI .
Naturalmente, tale linguaggio sottile può essere colto solo una volta compresa l’inoppugnabile e mai smentita verità canonica: Benedetto XVI, rinunciando nel 2013 in modo differito al ministerium, non ha abdicato, ma è entrato in sede impedita (canone 412), status giuridico dove il papa è prigioniero, ma resta sempre l’unico papa legittimo. E secondo voi è casuale che i canonisti di Bologna abbiano da poco inaugurato un gruppo di studio sul papa emerito e il papa impedito? QUI .
Ergo, Bergoglio si è reso antipapa da solo, occupando il potere senza averne l’investitura di origine divina (munus). Per approfondire la questione, vi rimandiamo ai capitoli 1,2,5,6 della nostra inchiesta che troverete QUI
Lo aveva capito anche Sandro Magister nel 2020 QUI : Benedetto XVI e Bergoglio non sono AFFATTO quegli amiconi che ci ha imposto la narrativa mainstream, soprattutto con quell’assurda, impudica mistificazione del film Netflix “I due papi” QUI .
La questione è molto diversa: Benedetto XVI “ama il suo nemico” come Gesù Cristo amava Giuda, e, infatti, come disse in un suo noto intervento, spera che Bergoglio possa “andare avanti con noi tutti su questa via della Misericordia Divina, mostrando la strada di Gesù, verso Gesù, VERSO DIO”, cioè spera che Bergoglio possa essere perdonato da Dio mentre si compie un sacrificio simile a quello di Gesù quando, tradito da Giuda, tornò al Padre, (verso Dio). Abbiamo analizzato QUI l’intervento del papa, imperniato sull’espressione Eucharistomen .
Tuttavia, Benedetto, non può mentire sulla verità dei fatti. Innanzitutto, in modo cavalleresco, riconosce all’uomo Bergoglio (non al papa) una certa forza di carattere e un decisionismo notevole senza però conferire a questi un carattere positivo o benefico. Per dire, anche Wellington avrebbe potuto riconoscere a Napoleone carisma, abilità strategiche e forza di carattere, pur continuando a considerarlo il nemico n. 1.
Ecco, infatti, cosa scrive papa Ratzinger: “L’ho conosciuto come un uomo molto deciso, uno che in Argentina diceva con molta risolutezza: questo si fa e questo non si fa”; “c’è anche il coraggio con cui affronta i problemi e cerca le soluzioni”.
Leggete qualche accenno al fatto che il decisionismo di Bergoglio sia ben indirizzato, o che egli sia un buon papa? NO.
Nello stesso capitolo, Benedetto sottolinea, più volte, l’attenzione che Francesco dedica “agli altri”, cioè alla facilità con cui è riuscito a cattivarsi immediatamente le simpatie della massa: “Il MODO in cui ha pregato e ha parlato al cuore della gente ha subito acceso l’entusiasmo”; “Il MODO in cui ha pregato per me, il momento di raccoglimento, poi la cordialità con cui ha salutato le persone tanto che la SCINTILLA è, per così dire, scoccata immediatamente”.
La scintilla è scoccata FRA BERGOGLIO E IL PUBBLICO, non fra Bergoglio e Benedetto. Sono, dunque, constatazioni neutre, obiettive, senza alcun apprezzamento morale: il fatto che Bergoglio sia un efficace comunicatore non fa certo di lui un vero papa, o un amico.
Benedetto, infatti, non specifica mai la qualità di questo “modo”, come conferma il prof. Corrias: “Il carattere distintivo delle risposte di Ratzinger a Seewald è il fatto indiscutibile di fermarsi ad un passo dall’univocità, come quando evidenzia “il modo in cui (Bergoglio) ha pregato, ha parlato al cuore della gente … ha pregato per me”, senza mai né specificare quale sia questo modo né tantomeno a quali contenuti sia applicato”.
Si può avere l’impressione iniziale che quei commenti di papa Benedetto abbiano una valenza positiva e lusinghiera verso Bergoglio, ma è un’illusione: non c’è nulla di tutto ciò.
Benedetto riconosce a Bergoglio la capacità di accattivarsi le simpatie delle folle, abilità che forse a lui avrebbe anche giovato. Chiede Seewald: “Si dice che il buon Dio corregga un po’ ciascun papa nel suo successore. In che cosa la corregge papa Francesco?
Benedetto: (Ride.) “Direi con la sua attenzione verso gli ALTRI. Credo sia molto importante”.
E, ancora, prosegue il papa battendo sullo stesso tasto: “è una persona molto DIRETTA CON I SUOI SIMILI, abituata a stare sempre con gli ALTRI”; “la sua cordialità, la sua attenzione nei confronti DEGLI ALTRI (non nei confronti di Benedetto n.d.r.) sono aspetti di lui che non mi erano noti”; “trovo positivo che sia così diretto con gli ALTRI. Mi chiedo naturalmente QUANTO POTRÀ ANDARE AVANTI. Per stringere ogni mercoledì duecento mani o più e via dicendo ci vuole molta forza. Ma questo lasciamolo al buon Dio”.
Questo cosa? Non certo la forza per stringere le mani, ma “quanto potrà andare avanti” grazie al suo essere “diretto con gli altri” che si avvale persino – nota il papa, con un pizzico di sarcasmo - dei bagni di folla.
Insomma: l’unica cosa che Benedetto XVI riesce a tributare al suo legittimo successore, è solo la capacità di piacere alle folle e di conquistare consenso. Cenni all’altezza del suo magistero, alla sua santità, o capacità di governo? MENO DI ZERO. E attenzione: il fatto che lo chiami “papa Francesco” non implica affatto che egli SIA un papa legittimo, come abbiamo già evidenziato QUI .
Tornano, poi, le anfibologie quando Seewald gli offre il destro per il raffinatissimo calembour sulla mozzetta rossa, di cui abbiamo scritto QUI , con il quale Benedetto ci spiega logicamente che Bergoglio si è abusivamente vestito di bianco, da papa, non accontentandosi della mozzetta rossa DA CARDINALE che gli spettava.
Ma subito dopo leggiamo: “Non ha voluto la mozzetta. La cosa non mi ha minimamente TOCCATO. Quello che mi ha TOCCATO, invece, è che già prima di uscire sulla loggia abbia voluto telefonarmi, ma non mi ha trovato perché eravamo davanti al televisore”.
L’anfibologia è sulla doppia accezione di “toccato”, cioè, commosso/urtato (doppia anche in tedesco con berürht). Il fatto che Bergoglio non abbia voluto indossare la mozzetta rossa da pontefice – spiega - non lo ha minimamente infastidito, (Bergoglio non è stato eletto papa), invece Benedetto è rimasto urtato (secondo lo stesso primo significato di “toccato”) dal fatto che Bergoglio gli avesse telefonato prima di essere annunciato al mondo come papa.
Conferma il prof. Corrias: “E’ chiaro che il senso di quel «toccato» è quello di «infastidito»”.
E la cosa è del tutto comprensibile, dato che Bergoglio e Ratzinger erano competitori anche nel conclave del 2005, come racconta egli stesso nel libro e che la Mafia di San Gallo voleva far abdicare Benedetto, come abbiamo indagato QUI e QUI mentre lui ha poi liberamente scelto di autoesiliarsi in sede impedita.
A proposito dello pseudo-conclave del 2013, papa Benedetto è fin troppo esplicito: “Il Collegio cardinalizio è libero e ha i suoi RITUALI”.
Ovvero: i cardinali hanno dato vita a un conclave nullo, (Benedetto non ha abdicato) che era solo un loro rituale e non ha eletto alcun vero papa.
Nello stesso terzo capitolo c’è poi un passo chiave:
“Nel prendere congedo dalla curia, come poté allora giurare obbedienza assoluta al suo futuro successore?
“Il papa è il papa, non importa chi sia”.
Commenta ancora il prof. Corrias: “Di notevole interesse quel sibillino “il papa è il papa”, dove l’implicatura «e quindi non gli ho giurato fedeltà» si inserisce nel quadro interpretativo, in seguito solidamente stabilito, della condizione di sede impedita prevista dal codice di diritto canonico”.
E in effetti, al pubblico di oggi, NON IMPORTA molto chi sia dei due il vero papa, non trovate?
Ancor più spiritoso, poi, questo passaggio:
“Non ha nemmeno ricevuto in anticipo la prima esortazione apostolica di papa Francesco, Evangelii gaudium?”
“No. Però mi ha scritto una lettera personale molto bella con quella sua scrittura minuta. È molto più piccina della mia. Io in confronto scrivo grandissimo”.
Abbiamo sottoposto la frase - come se appartenesse a uno scambio fra due anonimi intellettuali - a un gruppo social di enigmisti i quali hanno colto subito che, dietro l’insipida nota materiale sulla calligrafia, si cela una gustosa ironia. Ovvero: le cose che scrive Bergoglio sono piccine, tanto che al suo confronto, il magistero del teologo Ratzinger è enorme.
Prosegue poi, Benedetto, in modo più esplicito: “Ho comunque ricevuto l’esortazione apostolica in una forma particolare. E anche rilegata in bianco, cosa che di solito SI FA SOLO PER IL PAPA”.
Chiarissimo il sottotesto: mi hanno dato il documento rilegato in bianco, perché io sono il papa.
Aggiunge: “Quando leggo il suo scritto, Evangelii gaudium, o anche le interviste, vedo che è un uomo RIFLESSIVO, uno che medita sulle questioni attuali”; “È certo anche un papa che RIFLETTE”.
Questo, in sé, non reca alcun pregio morale: anche un nemico può essere riflessivo e i risultati delle riflessioni di Bergoglio potrebbero essere del tutto erronei. Peraltro, la parola ripetuta due volte suggerisce proprio quel meccanismo “a specchio” del sistema antiusurpazione di cui abbiamo scritto QUI il papa illegittimo che si è preso il ministerium petrino è solo un riflesso, un’immagine rovesciata e illusoria del vero papa che conserva il munus.
In sintesi, Benedetto è stato contento che, da quel conclave invalido - il “rituale” dei cardinali - sia uscito un antipapa come Bergoglio perché l’atteggiamento dell’uomo (sul quale non esprime alcun univoco giudizio morale univocamente positivo) lo rivela molto chiaramente, al mondo, per quello che non è: “Quando ho sentito il nome, dapprima ero insicuro. Ma quando ho visto come parlava da una parte con Dio, dall’altra con gli uomini, sono stato davvero contento. E felice”.
Fosse uscito un personaggio più sottile e apparentemente più ortodosso, sarebbe stato davvero un problema distinguerlo dal vero papa, l’emerito.
Tutta la Magna Quaestio si basa, infatti, su un enorme fraintendimento: che Benedetto abbia abdicato, mentre invece è rimasto l’unico vero papa, l’emerito, (da emereo) cioè colui che merita, che ha diritto di essere papa, titolo (non canonico, ma solo qualificativo) che lo distingue come il vero papa nel “ministero allargato” con l’antipapa.
Si spiega, così, del tutto questo passo platealmente allusivo:
“Dunque non vede una rottura con il suo pontificato?”.
“No. Naturalmente si possono FRAINTENDERE alcuni punti per poi dire che adesso le cose vanno in modo del tutto diverso. Se si prendono singoli episodi e li si isolano, si possono costruire contrapposizioni, ma ciò non accade quando si considera tutto l’insieme. Forse si pone l’accento su altri aspetti, ma non c’è alcuna contrapposizione”.
Nessuna rottura, perché il pontificato di Benedetto prosegue, anche se dalla sede impedita. Non c’è alcuna contrapposizione perché Benedetto è il papa, quell’unico legittimo papa di cui parla Mons. Gaenswein QUI .
La guerra in corso, fra un vero papa autosacrificatosi per purificare la Chiesa, e un antipapa golpista, è, dunque, TOTALE ed escatologica, ma condotta (per ora) su un piano rarefatto, inafferrabile per la massa, anche perché il vero papa è tenuto: 1) ad amare il suo nemico 2) a non poter esprimersi liberamente per via della sede impedita.
E’ però marchianamente evidente che nei presunti elogi di Benedetto a Bergoglio non si riesce MAI a cogliere un giudizio positivo sul “papa Francesco” che non contempli la possibilità di una lettura opposta. E questa evenienza certifica, per l’ennesima volta, la situazione di sede impedita nullificando ogni visione che possa ventilare anche solo lontanamente qualsiasi tipo di concordia o complicità tra Benedetto XVI e Bergoglio.
Solo nel silenzio, nel vero, profondo ASCOLTO delle parole del papa si può capire cosa intende realmente.
E la frase che, come una dedica, apre Ultime conversazioni, è quella pronunciata da Benedetto il 23 febbraio 2013, a pochi giorni dal suo ritiro in sede impedita: “Credere non è altro che, nell’oscurità del mondo, toccare la mano di Dio e così, nel silenzio, ASCOLTARE LA PAROLA, vedere l’Amore”.
Chi saprà “ascoltare la parola” di Benedetto XVI, potrà vedere lo straordinario atto d’amore di questo papa gigantesco che, col suo sacrificio, ha salvato la Chiesa, e forse il mondo intero.