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"Eucharistomen": in Codice Ratzinger il significato del discorso per il 65° di sacerdozio di Benedetto XVI

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Se avete seguito la nostra inchiesta, che troverete riordinata in fondo a questo articolo QUI , saprete già che abbiamo “decodificato” TUTTE quelle frasi del Santo Padre Benedetto XVI che – solo apparentemente - sembravano contraddire la ricostruzione della sede impedita, situazione che non è stata smentita NEMMENO DALLO STESSO PONTEFICE quando ci ha onorato di una sua lettera di risposta QUI  .

Nel precedente articolo QUI avevamo risposto ad alcune delle ultime e più comuni obiezioni dei lettori, ma ora sembra che tutte le contestazioni si raccolgano su un ultimo nodo da sciogliere: il discorso per il 65° di sacerdozio proferito dal vero papa il 28 giugno 2016 nella Sala Clementina, alla presenza di Bergoglio e dei cardinali QUI

Il problema - stando alle contestazioni - risiederebbe nel fatto che Benedetto XVI si rivolse a Bergoglio chiamandolo “Santo Padre”.

In primis, alcune considerazioni generali: essendo formalmente papa Benedetto in sede impedita e al cospetto del suo impeditore, il fatto che lo abbia chiamato “Santo Padre” non ha alcun valore né canonico, né testimoniale, né indiziario, come non lo avrebbe una persona che, sotto minaccia da parte di un sequestratore, gli si rivolgesse chiamandolo rispettosamente “Signor Padrone”. Peraltro, come abbiamo già visto QUI, il fatto che papa Benedetto XVI si rivolga a Bergoglio con un generico appellativo papale non dimostra nulla, perché egli potrebbe rivolgersi in modo simile all’attuale papa Teodoro II, patriarca d’Alessandria e d’Africa, che è copto-ortodosso e non è né cattolico, né romano.

Ciò che occorre è il suo pronunciamento univoco: “il papa è uno (cioè quello romano) … ed è Francesco”, e questa seconda frase non arriva DA OTTO ANNI.

Ma soprattutto, bisogna capire che Papa Benedetto considera Bergoglio compartecipe del suo “ministero allargato” e cooperatore involontario della Verità; lo abbiamo capito dal discorso di Mons. Gaenswein QUI: “C’è un solo papa legittimo, ma due successori di San Pietro viventi” (ergo, l’altro, Bergoglio, è il papa illegittimo, non si scappa).  E non potrebbe essere altrimenti dato che, come da poco confermatoci dallo studioso di diritto dinastico Andrea Borella QUI, Bergoglio, che esercita il ministerium, il potere pratico, è solo l’immagine allo specchio, un riflesso, del vero papa che conserva il munus petrino, il titolo concesso direttamente da Dio, cioè Benedetto XVI.

In effetti, lo scriviamo da marzo scorso e nessun canonista ha osato smentire, anzi: l’Università di Bologna ha inaugurato pochi giorni fa un gruppo di studio dedicato – guarda caso - al “PAPA EMERITO E AL PAPA IMPEDITO”. (QUI).  . Ma gli studiosi possono prendersela comoda, dato che per colmare questo  “vuoto giuridico” ci vorrà l’autorizzazione del vero papa, Benedetto, quando e se riotterrà il potere pratico.

Il fatto che papa Ratzinger tratti Bergoglio con affettuosa cordialità, va inquadrato in un profondissimo disegno teologico-escatologico che egli stesso illustra di seguito nel suo intervento.

Gesù Cristo insegnava ad “amare i propri nemici”, passò la Sua Ultima Cena con Giuda e accettò da lui il bacio del tradimento senza rimostranze, mite come un agnello sacrificale. E il Suo Vicario certo non può esimersi, è ovvio. Peraltro, in quel ringraziamento del 2016, papa Ratzinger espresse dei concetti teologicamente altissimi e sottilmente eloquenti in puro Codice Ratzinger dato che, ovviamente, essendo in sede impedita, non poteva esprimersi in modo esplicito.

Riportiamo le parti centrali del suo intervento escludendo solo i saluti ai card. Sodano e Mueller, che non sono significativi in merito all’argomento.

“Santo Padre, cari fratelli,

65 anni fa, un fratello ordinato con me ha deciso di scrivere sulla immaginetta di ricordo della prima Messa, soltanto, eccetto il nome e le date, una parola, in greco: “Eucharistomen”, convinto che con questa parola, nelle sue tante dimensioni, è già detto tutto quanto si possa dire in questo momento. “Eucharistomen” dice un grazie umano, grazie a tutti. Grazie soprattutto a Lei, Santo Padre! La Sua bontà, dal primo momento dell’elezione, in ogni momento della mia vita qui, mi colpisce, mi porta realmente, interiormente. Più che nei Giardini Vaticani, con la loro bellezza, la Sua bontà è il luogo dove abito: mi sento protetto. Grazie anche della parola di ringraziamento, di tutto. E speriamo che Lei potrà andare avanti con noi tutti su questa via della Misericordia Divina, mostrando la strada di Gesù, verso Gesù, verso Dio. […]

“Eucharistomen”: in quel momento l’amico Berger voleva accennare non solo alla dimensione del ringraziamento umano, ma naturalmente alla parola più profonda che si nasconde, che appare nella Liturgia, nella Scrittura, nelle parole “gratias agens benedixit fregit deditque”. “Eucharistomen” ci rimanda a quella realtà di ringraziamento, a quella nuova dimensione che Cristo ha dato. Lui ha trasformato in ringraziamento, e così in benedizione, la croce, la sofferenza, tutto il male del mondo. E così fondamentalmente ha transustanziato la vita e il mondo e ci ha dato e ci dà ogni giorno il Pane della vera vita, che supera il mondo grazie alla forza del Suo amore.

Alla fine, vogliamo inserirci in questo “grazie” del Signore, e così ricevere realmente la novità della vita e aiutare per la transustanziazione del mondo: che sia un mondo non di morte, ma di vita; un mondo nel quale l’amore ha vinto la morte.

Grazie a tutti voi. Il Signore ci benedica tutti”.

______________

Ed ecco il SOTTOTESTO in Codice Ratzinger che si può leggere dietro questo discorso in apparenza ossequioso verso Bergoglio: “La «SUA» bontà -  cioè la bontà di Bergoglio intesa secondo il suo concetto tutto personale -   «colpisce» papa Benedetto, lo ha colpito, offeso nel suo diritto di governare fin dal primo momento dell’elezione invalida, e porta il vero papa «realmente, interiormente».I due avverbi, in questa forma, non significano niente, a meno di non sottintendere “mi ha portato dentro, in prigione, (interiormente) col mio status “reale”, da monarca” (regalmente).

E che Benedetto XVI si riferisca al papato per quale è, cioè una monarchia (teocratico-elettiva), lo dice lui stesso in Ultime conversazioni: «Per me era importante che proprio in Vaticano fosse garantita l’indipendenza della giustizia, che il MONARCA non dicesse: adesso me ne occupo io».

Commenta il latinista e saggista storico-religioso prof. Gian Matteo Corrias:L'interpretazione di quell'espressione, piuttosto peregrina, «mi porta realmente, interiormente» è con tutta probabilità anfibologica nell'ottica del «Codice Ratzinger», considerato che la formulazione iniziale del testo è abbastanza astrusa”.

Torna più avanti la personale concezione di bontà di Bergoglio che ha anche consentito a Benedetto XVI di restare papa sotto lo status di papa emerito, che non è uno stato giuridico (non esiste), ma è un’accezione qualificativa che proviene dal verbo “emereo” e indica chi HA IL DIRITTO, chi merita di essere papa fra i due. Il papato emerito è uno status in cui Benedetto XVI è effettivamente protetto perché è uno schermo dietro al quale può rimanere ancora l’unico papa: “…Con il Papa emerito ho cercato di creare una situazione in cui sono assolutamente inaccessibile ai media e in cui è del tutto chiaro che esiste un solo Papa”: così scrisse Benedetto XVI al card. Brandmueller nelle sue chiarissime lettere QUI.

Ancora il prof. Corrias: “A me pare evidente che l'insistenza sulla «bontà» di Bergoglio abbia un carattere marcatamente ironico e antifrastico: velatamente (con amara ironia) Benedetto lo ringrazia per il fatto che lo «protegga» e lo «faccia vivere dentro la sua bontà», ossia, ironicamente, per il fatto di essere di fatto tenuto prigioniero grazie alla sua bontà”.

Ma proseguiamo: “E speriamo che Lei potrà andare avanti con noi tutti su questa via della Misericordia Divina, mostrando la strada di Gesù, verso Gesù, verso Dio” che si può intendere come: “Speriamo che Lei, come tutti noi, possa essere perdonato dalla Misericordia divina”.

La figura stessa dell’antipapa Francesco, è, infine, funzionale – sebbene come attore antagonista e inconsapevole – a mostrare la strada verso Gesù. Infatti, Ratzinger non dice “speriamo che Lei vada avanti «mostrandoCI» la strada verso Gesù, bensì «mostrando», quindi anche al di là della stessa volontà di Bergoglio.

In questa frase è contenuto tutto il concetto di “ministero allargato” fra papa legittimo e papa illegittimo dove Bergoglio, inconsapevolmente, è anch’egli un cooperatore della Verità.

Il tutto è funzionale a un disegno escatologico: “separare i credenti dai non credenti”, come disse Benedetto all’Herder Korrespondenz: arrivare a una rivelazione, quello della sede impedita, che condurrà a uno  scisma purificatorio volto a ripristinare la purezza originaria del Cattolicesimo romano per affermare la Verità di Cristo, “aprendo un mondo nuovo” QUI.

Ma tutto il senso della cortesia e della gratitudine di papa Benedetto verso il suo alter ego illegittimo , va compreso in ambito teologico, con quell’espressione: “Eucharistomen” che è il perno dell’intervento di Benedetto XVI, una parola che dice “tutto quanto si possa dire in questo momento”.

Gesù Cristo, che nell’Ultima Cena spezzò il pane, RESE GRAZIE (“Eucharistomen”) e ne diede ai suoi discepoli, in tal modo Egli “HA TRASFORMATO IN RINGRAZIAMENTO, E COSÌ IN BENEDIZIONE, LA CROCE, LA SOFFERENZA, TUTTO IL MALE DEL MONDO”.

Così, Papa Benedetto, pur detronizzato, costretto a togliersi di mezzo e a rifugiarsi in uno status di sede impedita, colpito nel suo diritto regale di papa, ha TRANSUSTANZIATO questo male, trasformandolo in gratitudine, così come Gesù rese grazie a Dio pur essendo alla vigilia della Sua crocifissione. “Sottoscrivo convintamente tale interpretazione”, commenta il prof. Corrias.

Capite? Il paradosso è che proprio l’ala intellettuale catto-tradizionalista, la più colta e preparata per cogliere il vero senso di questa “affabilità” di papa Benedetto verso Bergoglio, la scambia per una sorta di complicità, tanto che continuano ad accusare papa Ratzinger di essere “modernista” o perfino “gnostico” (!). Un tragico equivoco che procura al vero papa impedito altre frustate che si aggiungono a quelle dell’aggressione mediatico-giudiziaria organizzata dal clero tedesco ormai ex-cattolico.

E così, papa Benedetto è rimasto da solo nel suo Orto degli Ulivi, come ha scritto nella sua ultima lettera QUI . Tutto si deve compiere … ma lui rende grazie al Signore: “Eucharistomen”.

E se ci si ferma a riflettere sulle immani, millenarie vicende che si stanno dipanando sotto i nostri occhi, nell’indifferenza dei grandi media, si resta sgomenti.

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