Marocchinate: gli Americani sapevano tutto. I documenti che lo provano
Emiliano Ciotti ha rinvenuto un rapporto di un ufficiale dei Reali Carabinieri
“Me l’avete rovinata per sempre quella figlia, adesso è peggio che morta!” Così gridava, disperata, la Ciociara nell’omonimo film di De Sica a una jeep di ufficiali americani. E i “liberatori”, del tutto indifferenti, rispondevano “Pace, pace….”, sgommando via subito dopo e lasciando in una nuvola di polvere e di ignominia quelle due povere donne stuprate.
Se uno dei crimini più orrendi della Seconda Guerra mondiale è di responsabilità del CEF, Corps expéditionnaire français di de Gaulle, la più cinica indifferenza e connivenza con le “marocchinate” è da imputarsi agli americani che sapevano tutto e hanno lasciato fare, almeno finché conveniva.
Lo dimostra un documento rinvenuto pochi giorni fa presso l’Archivio storico dell’Esercito da Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione Vittime delle Marocchinate. Un ufficiale dei Carabinieri Reali del nostro Contro Spionaggio fa rapporto al Comando Supremo della 5ª Armata Usa. Riferisce che a Vetralla, una donna violentata da un soldato marocchino del CEF chiese aiuto a un Military Police americano il quale, andato a chiedere conto al Comando francese, si sentì rispondere di non impicciarsi, in quanto “ognuno faceva la guerra a modo suo”. Così il comando militare Usa di Vetralla diede ordine di sparare ai marocchini violentatori, se colti in flagrante, e infatti ne fecero fuori sei.
Il documento è del 22 giugno 1944, quattro giorni dopo che vi era stata una aspra querelle fra l’Osservatore romano e il giornale militare del CEF La Patrie in merito a un orrendo episodio: sulla linea per Frosinone, alcuni militari marocchini avevano stuprato due italiane, le avevano poi gettate dal treno in corsa, uccidendole.
Il tardivo provvedimento disciplinare americano di Vetralla giunse solo a caldo della polemica uscita sulla stampa, e a livello locale. Invece, per le atroci violenze di massa che si erano verificate a maggio in Ciociaria, gli Americani sapevano tutto e non fecero nulla. Lo dimostra l’episodio del paese di Pico descritto dallo storico militare britannico Eric Morris in “La guerra inutile”: Gli uomini di un battaglione del 351° fanteria americana provarono a fermare gli stupri, ma il loro comandante di compagnia intervenne e dichiarò che “erano lì per combattere i tedeschi, non i goumiers”. Quindi, Pico dimostra che gli Americani lasciarono fare tranquillamente i marocchini prima della presa di Roma (4-5 giugno 1944), perché erano utili per combattere i tedeschi.
Il nuovo documento dimostra che, subito dopo la conquista della Capitale, terminata ormai la loro utilità bellica, i marocchini ormai non servivano più e potevano essere presi a fucilate. Eppure, nonostante questa “presa di coscienza” una volta superata Roma, le violenze dei coloniali francesi ripresero tranquillamente, giungendo fino alla Toscana e poi ancora nelle Puglie fino al loro reimbarco per la Provenza, in agosto.
Da lì, questi soldati (ai quali Bergoglio ha dedicato la Messa per i defunti lo scorso 2 novembre QUI) sarebbero stati trasferiti nella Germania occupata dove avrebbero compiuto altre decine di migliaia di crimini analoghi sulla popolazione civile tedesca, episodi che sono stati documentati dal recente libro di Massimo Lucioli, già andato a ruba, “Germania 1945 anno zero”.
Attenzione: adesso la narrativa mainstream farà passare il concetto per cui, stando a questo nuovo documento, “gli americani hanno tentato di fermare le marocchinate”. Nulla di più falso: Pico e Vetralla dimostrano che gli americani sapevano tutto e, dopo aver consentito ai coloniali di de Gaulle, (il quale anche lui era al corrente di ogni cosa in quanto presente sull’altipiano di Polleca nei giorni delle più efferate violenze QUI), hanno reagito tardivamente solo a Vetralla qualche giorno dopo che si era scomodato il Papa, Pio XII. Poi tutto riprese come prima.
Facendo una valutazione complessiva delle violenze commesse dal Cef, iniziate in Sicilia e terminate alle porte di Firenze, si può affermare con certezza che ci fu un minimo di 60.000 donne stuprate, ognuna, quasi sempre da più uomini. I soldati magrebini, ad esempio, mediamente violentavano in gruppi da due o tre. Sono state raccolte testimonianze di donne violentate da 100, 200 e 300 uomini. Oltre alle violenze carnali anche su uomini, bambini, perfino sacerdoti, (perfino un giovane partigiano) vi furono decine di migliaia di richieste per risarcimenti a danni materiali: furti, incendi, saccheggi e distruzioni. Senza parlare dello strascico di malattie veneree e figli indesiderati nati da queste unioni forzose.
I documenti non perdonano: se la retorica sulla “Resistenza” è stata già in buona parte rimessa in discussione, presto toccherà alla favola dei “buoni liberatori”.