“L'enigma Benedetto”. Lettera a Massimo Franco (Corriere) sulla strana rinuncia di papa Ratzinger
Gentile e stimato Massimo Franco,
l’anno scorso hai pubblicato un interessante e documentato volume intitolato “L’enigma Bergoglio” (ed. Solferino).
Permettimi di sottoporre alla Tua valutazione alcuni fatti inspiegabili che potrebbero essere ben raccolti in un altro libro intitolato, magari, “L’enigma Benedetto”.
Per brevità, riporto questi dati oggettivi in modo sintetico, quasi come in un indice, rimandandoTi ai link collegati per ogni eventuale approfondimento.
Sulla Declaratio di rinuncia di papa Ratzinger si scontrano, fin dal 2013, diversi canonisti con opposte interpretazioni. Ti sembra normale che un atto giuridico di tale portata possa dare spazio a simili dubbiosità, cosa che, già di per sé, lo renderebbe nullo? Stranamente, infatti, questa rinuncia è stata scritta così “maldestramente” da consentire di chiamare in causa tutti gli articoli possibili del Codice di Diritto canonico: 124, 332 § 2, 188, 41, 17.
Per una curiosa distrazione, Benedetto XVI ha invertito gli enti munus e ministerium, rinunciando al ministerium (esercizio pratico) e non al munus petrino (titolo di origine divina) come invece richiesto dal Codice di Diritto canonico all’art. 332.2: “Si contingat ut Romanus Pontifex MUNERI suo renuntiet, ad validitatem requiritur ut renuntiatio libere fiat et rite manifestetur, non vero ut a quopiam acceptetur” . Questo, a detta di una quantità di canonisti, rende clamorosamente nulla la sua abdicazione. QUI
Per un’altra stranezza, Ratzinger decide di differire l’entrata in vigore della sua rinuncia alle ore 20.00 del 28 febbraio 2013. Saluta il mondo alle 17.30 di quel giorno, da Castel Gandolfo, ma pur potendo cambiare idea fino alle 20.00 (in quanto ancora papa nei pieni poteri), dopo quell’ora non ratifica o conferma nulla. Secondo alcuni, fra teologi e canonisti, il differimento, la non-simultaneità dell’atto e la mancata conferma della Declaratio rendono, ancora una volta, invalida la rinuncia. QUI e QUI
Oltre ad essere oggettivamente un vero “cocktail di trappole giuridiche”, la Declaratio annovera due grossolani errori di latino e altre 20 imperfezioni linguistiche che furono denunciate, “a caldo” dai latinisti Luciano Canfora (sul Corriere) e Wilfried Stroh sulla stampa tedesca: secondo alcune interpretazioni, tali errori sarebbero stati inseriti da Benedetto per attirare l’attenzione su un atto giuridicamente invalido. QUI
Tre anni dopo, nel 2016, sul Corriere, Ratzinger ripete inspiegabilmente quanto pubblicato nel libro-intervista di Peter Seewald “Ultime conversazioni”: “Il testo della rinuncia l'ho scritto io. Non posso dire con precisione quando, ma al massimo due settimane prima. L’ho scritto in latino perché una cosa così importante si fa in latino. Inoltre il latino è una lingua che conosco così bene da poter scrivere in modo decoroso. Avrei potuto scriverlo anche in italiano, naturalmente, ma c’era il pericolo che facessi qualche errore”. QUI
Non è un po’ strano? Considera che lo stesso Ratzinger ammette in “Ein Leben” di Seewald che la Declaratio (di appena 1700 battute) è stata da lui scritta in ben due settimane ed è passata al vaglio della Segreteria di Stato (sotto il sigillo del segreto pontificio) per la correzione di eventuali errori giuridici e formali. QUI
Non è anche molto curioso come Benedetto ripeta da otto anni che “il papa è uno solo” senza mai spiegare esplicitamente chi sia dei due? Lo conferma lo stesso Mons. Gaenswein QUI Nemmeno una volta, in otto anni, casualmente, gli è scappato: “Il papa è uno ed è Francesco”.
Ratzinger è ritenuto uno dei più colti uomini di Chiesa contemporanei, eppure, sembra che, oltre a non conoscere bene la lingua latina e il diritto canonico, abbia grosse lacune anche in storia ecclesiastica. In “Ultime conversazioni” afferma, in merito alle proprie dimissioni: “Nessun papa si è dimesso per mille anni e anche nell’ultimo millennio è stata un’eccezione”. Dato che nel I millennio si sono dimessi sei papi e quattro nel II, Ratzinger, o non ricorda bene, oppure, come conferma lo storico della Chiesa dell’Università di Milano Francesco Mores, si riferisce al papa Benedetto VIII che nel I millennio fu costretto a rinunciare al ministerium, (proprio come ha fatto Ratzinger), in quanto cacciato da un antipapa. In sostanza, Benedetto ci sta dicendo che si è “dimesso” rinunciando alle funzioni pratiche come quei pochissimi papi che nel I millennio non hanno mai abdicato. QUI
Infatti in “Ein Leben”, Ratzinger conferma ancora il dato affermando che la rinuncia di Celestino V, l’abdicatario per eccellenza, non poteva essere in alcun modo associata a lui come precedente. QUI . Inoltre, incuriosisce come nello stesso volume si parli sempre e solo di “dimissioni” (Ruecktritt) per lui e di abdicazione (Abdankung) solo per i papi che rinunciarono davvero, come Celestino V.
Non è strano, dunque, che Benedetto continui a vestirsi da papa, a impartire la benedizione apostolica, a firmarsi P.P. - Pater Patrum e a godere di prerogative tipicamente papali tanto da frastornare milioni di fedeli e da sollevare le critiche del card. Pell? QUI e QUI
Come mai l’istituto del papa emerito viene contestato da tutti i maggiori canonisti (Boni, Fantappiè, Margiotta-Broglio, de Mattei) e sembra davvero fondato sul nulla? In sostanza, tutti dicono che non esiste un papa emerito, ma che questi resta sempre IL papa. QUI
E che dire del fatto che prima del conclave, Benedetto XVI promise di giurare obbedienza a un non identificato “suo successore” e poi non lo ha mai fatto per Francesco? Infatti, nel 2016 risponde così alla domanda Seewald: “Nel prendere congedo dalla curia, come poté allora giurare obbedienza assoluta al suo futuro successore?
Risposta di Benedetto XVI: “Il papa è il papa, non importa chi sia”. QUI
In sintesi, possibile che il grande latinista Joseph Ratzinger QUI , tra gli intellettuali più colti e significativi del ‘900, teologo adamantino, scrupoloso e teutonicamente razionale, dal 2013 in poi, nonostante la lucidità delle sue successive pubblicazioni, si sia trasformato di colpo - e a tratti - in un ecclesiastico stravagante, impreparato in latino, diritto canonico, storia della Chiesa, “dispettoso” e ambiguo al punto da gettare nell’angoscia e nell’incertezza milioni di fedeli?
Dall’altro lato, Tu stesso hai individuato in “L’enigma Bergoglio” enormi criticità nel pontificato di Francesco, culminanti in questi giorni in un atto che ha sollevato enormi polemiche, come l’abolizione della messa in latino attraverso un motu proprio che abroga il Summorum Pontificum di Benedetto XVI.
Ecco, noi abbiamo provato a riordinare i pezzi di questo difficile puzzle in una possibile ricostruzione generale QUI per quanto choccante, in linea teorica risponde a tutti questi interrogativi componendoli in un quadro unitario e logicamente coerente. Nel cosiddetto “Piano B” si confermerebbe quanto ventilato, in termini astrattamente generali, dal più importante filosofo italiano, Giorgio Agamben, ovvero che, “le dimissioni di Ratzinger sarebbero una prefigurazione della separazione tra «Babilonia» e «Gerusalemme» nella Chiesa: invece di impegnarsi nella logica del mantenimento del potere, con la sua rinuncia all’incarico, Benedetto XVI ne avrebbe enfatizzato l’autorità spirituale, contribuendo in tal modo al suo rafforzamento”.
La ricostruzione del cosiddetto “Piano B” è stata ripresa e commentata anche dai più autorevoli vaticanisti italiani come Marco Tosatti QUI e Aldo Maria Valli QUI e tradotta in cinque lingue per autonoma iniziativa di siti e blog stranieri. Recentemente è stata confermata in pieno anche dal docente Antonio Sànchez Saez, ordinario di Diritto presso l’Università di Siviglia QUI .
Mi stupisce molto che questi temi così importanti vengano accuratamente evitati da colleghi, ecclesiastici e intellettuali cui è stato proposto un cordiale confronto QUI tanto da far supporre che si tratti di un vero e proprio tabù. Il che è abbastanza inquietante.
Pertanto sarei davvero lieto se Tu avessi la curiosità di esaminare questo materiale e di fornirci il Tuo autorevole commento per contribuire a fare luce su una questione che, oltre a coinvolgere un miliardo e 285 milioni di cattolici, se non chiarita, potrebbe avere conseguenze catastrofiche per la Chiesa.
Ti invierò la bibliografia citata, in modo che Tu stesso possa verificare ogni affermazione.
Grazie davvero, con un cordialissimo saluto,
Andrea Cionci