"Contro l'empatia" di Paul Bloom. Il nuovo dogma radical è un sottoprodotto del vero amore
La morale razionale è l'unico modo per individuare il vero bene
Anni fa, il lavaggio del cervello era sulla “tolleranza”, ricordate? Oggi è di moda un’altra mielosa truffa manipolatoria, ancora più devastante: l’”empatia”. Se ne parla ovunque e in continuazione (anche nella recente Conferenza vaticana QUI ) come se, da Socrate in poi, tutti quelli che si sono occupati di filosofia morale avessero “lisciato” la sublime intuizione, panacea di tutti i mali. Aristotele, Tommaso d’Aquino, Ockham, Montaigne, Kant, dilettanti allo sbaraglio che hanno sprecato tempo e inchiostro nel cercare di indirizzare i comportamenti umani al vero bene.
Invece, pensate un po’, il mondo sarebbe migliore solo se tutti provassero empatia, capendo o interiorizzando i sentimenti altrui: se non provate empatia, come sentenzia lo psicologo Simon Baron-Cohen, (il fratello di Borat) siete semplicemente malvagi.
Scrive il linguista americano George Lakoff: "Dietro ogni politica progressista c’è un singolo valore morale: l’empatia”. Ecco, appunto. Se questo non fosse sufficiente a chiarirvi le idee, il noto psicologo canadese-americano Paul Bloom, docente a Yale, (ebreo ateo, non certo un teocon), ha pubblicato “Contro l’empatia” (Liberilibri), un volumetto che demolisce il nuovo dogma: “L’empatia ha i suoi meriti. Può essere una grande fonte di piacere, se riguarda l’arte, la fantasia e lo sport, e può essere preziosa nelle relazioni intime. A volte, può spingerci a fare del bene. Ma, nell’insieme, è una guida morale scadente. È come una bibita dolce e gassata: invitante, deliziosa, dannosa. Getta le basi per giudizi insensati e spesso genera motivazioni che ci spingono a crudeltà e indifferenza. Può condurre a decisioni politiche irrazionali e ingiuste, può corrodere relazioni importanti e renderci peggiori come amici, genitori, mariti e mogli. […] Non c’è bisogno dell’empatia per rendersi conto che sarebbe sbagliato lasciare annegare una bambina. Ogni persona normale entrerebbe nell’acqua e la tirerebbe fuori senza preoccuparsi di alcun fermento empatico”.
(Avevamo già fatto un paragone con i cibi zuccherati QUI ).
Del resto, ci sono persone che empatizzano con i carcerati e vorrebbero alleggerire le loro pene, mentre altri empatizzano con le vittime dei loro crimini, esigendo condanne severe. E allora, quale empatia premiare? Pensate solo a cosa succederebbe se il giudice empatizzasse con l’imputato, il vigile urbano con l’automobilista, il professore con lo studente.
“Il medico pietoso fa la piaga purulenta”: ovvio, ma oggi è necessario ricorrere a famosi psicologi per riappropriarci anche delle più banali verità. Non solo la società si basa proprio sulla sospensione dell’empatia, privilegiando razionali (a volte dure) regole di convivenza, ma anche l’amore vero richiede molto più spesso una certa “impermeabilizzazione emotiva” per fare autenticamente del bene alla persona amata. Chiunque sia genitore (1 e 2) sa che, ed esempio, essere severi nell’educazione è la scelta d’amore più generosa e difficile, perché non si prende, in cambio, l’autogratificazione emozionale dai figli. E, di converso, si vedono benissimo i danni tremendi di un'educazione troppo permissiva, troppo "empatica" con le richieste dei ragazzi.
Aggiunge Bloom: “Essere contro l’empatia non significa che dovremmo essere egoisti e immorali. È l’opposto. Se vogliamo essere persone buone e premurose, se vogliamo rendere il mondo un posto migliore, ci riusciremo meglio senza l’empatia: essa è un riflettore che illumina solo certe persone qui e ora. Questo ci porta a curarci di più di loro lasciandoci insensibili alle conseguenze di lungo termine dei nostri atti, e ciechi rispetto alle sofferenze di quelli con cui non possiamo empatizzare”.
L’empatia emotiva, infatti, si esplica solo sulle persone che ci sono simpatiche o che consideriamo vicine, dimenticando la maggioranza silenziosa e, quindi, il bene comune. Se poi parliamo di empatia cognitiva, si noti che tale facoltà è perfettamente impiegata da psicotici, serial killer e truffatori per abbindolare le loro vittime. Provate a empatizzare con un narcisista, o un manipolatore: verrete spolpati.
Considerare l’empatia come criterio principale di relazione col prossimo ha, quindi, un che di luciferino: si rifiuta l’oggettività del reale, la morale naturale, gli antichi valori mosaici di convivenza, si rifiuta la logica, la giustizia, l’equilibrio, il rispetto di se stessi. Insomma, potremmo dire che l’empatia è un sottoprodotto relativistico - e di scarto - dell’Amore cristiano alla base della morale occidentale, fondato piuttosto sull’equilibrio fra verità, carità e giustizia e non certo su emozioni da quattro soldi. Come diceva S. Agostino, “se la giustizia senza carità si può trasformare in crudeltà, la carità senza giustizia è il principio di ogni dissoluzione” (e quindi ancora più grave).
Perfino l’ateo Bloom privilegia senza alcun dubbio la morale razionale, come già qualche milione di filosofi prima di lui: “Questa è qualcosa di più e di diverso rispetto all’empatia. Le decisioni su cosa sia giusto e cosa sbagliato, sulla ragione delle nostre azioni hanno molte fonti d’ispirazione”. Non è infatti facile individuare la scelta giusta per il vero bene, ma l’ultima cosa da fare è proprio delegarla a una mera sensazione “di pancia”. Così, l’autore cita a modello il mondo scientifico, nel quale solo il dibattito logico-razionale ottiene il migliore risultato. Lo stesso dovrebbe avvenire per mettere a fuoco le scelte per il bene degli individui e della società. Praticamente, quello che è avvenuto per alcuni secoli di dibattito etico-filosofico.
A parte le riscoperte dell’acqua calda, il libro di Bloom è molto importante perché spiega, a chi non fosse provvisto di un’immediata capacità intuitiva, l’enorme equivoco alla base di tutte le follie e le contraddizioni del progressismo, che oggi, crollato il castello ideologico del comunismo – pur sempre costruito secondo una struttura razionale - si fonda ormai solo su suggestioni emozionali a basso costo avvitandosi sui baci di Biancaneve in un tragico loop neurodegenerativo.
Insomma: se non volete finire fritti o inscatolati come Sardine, quando qualcuno vi parla di empatia, attenti alla trappola: più empatizzerete, più sarete manipolabili, vessati dalla dittatura dei buoni sentimenti, turlupinati dalla propaganda emozionale e, infine, divorati dai lupi travestiti da agnelli.