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“Il Papa sono solo io”: la lettura velata - e alternativa - di un testo di Benedetto XVI

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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In Vaticano si dice che vi sia da decenni una guerra sotterranea tra fazioni opposte, dove l’arma principale è un accortissimo uso del linguaggio e delle sue conseguenze logiche.

Il seguente scritto è stato pubblicato il 7 settembre 2016 a firma di Benedetto XVI sul Corriere della Sera. Abbiamo provato a controllare se nel testo Benedetto dica chiaramente che il papa è Francesco, ma, oggettivamente, non troviamo nulla del genere. Anzi: un sottile linguaggio identifica Bergoglio, al più, come un cardinale. Sarà un caso fortuito, ma tant’è.

Come molti di voi già sapranno, secondo teologi, latinisti e, più di recente, secondo la giurista Estefania Acosta,  Benedetto XVI avrebbe scritto una Declaratio di dimissioni con – oggettivi - gravi errori di latino per tenere desta l’attenzione sulla sua invalidità giuridica.

Infatti, in essa lui rinuncia solo a due funzioni dell’esercizio pratico del potere (ministerium), ma conserva il munus spirituale, l’incarico divino. Ora per il diritto canonico, munus e ministerium papali sono indivisibili, quindi separarli non può comportare l’abdicazione del papa, ma solo una sospensione temporanea del suo esercizio del potere pratico. Il papa resta solo chi detiene il munus. Non è un caso che da otto anni, Benedetto ripeta insistentemente “Il papa è uno solo”, senza mai spiegare quale.

Un’ipotesi emersa successivamente è quella del “Reset cattolico”, ovvero che Benedetto abbia predisposto questo meccanismo affinché col tempo si comprenda l’invalidità delle sue dimissioni consentendo alla vera Chiesa di annullare completamente una “deep Church” modernista.

Abbiamo provato a leggere lo scritto come se il sottotesto fosse quello suggerito da queste tesi per vedere se si possono riscontrare corrispondenze.

E’ un esperimento: giudicate voi, ricordando però che l’italiano è una lingua molto precisa. Confrontate le letture “alternative” con l’originale più volte, verificando se il testo non possa essere costruito in modo sottilmente, “scientificamente” ambivalente, partendo da presupposti completamente diversi a quelli che si possono immaginare.

Benedetto XVI si racconta «Nessuno mi ha ricattato» - Corriere.it 7 sett 2016

Ho scritto io la rinuncia

Originale: “Il testo della rinuncia l’ho scritto io. Non posso dire con precisione quando, ma al massimo due settimane prima. L’ho scritto in latino perché una cosa così importante si fa in latino. Inoltre il latino è una lingua che conosco così bene da poter scrivere in modo decoroso. Avrei potuto scriverlo anche in italiano, naturalmente, ma c’era il pericolo che facessi qualche errore”.

Possibile sottotesto: Il testo della rinuncia (al ministerium) l’ho scritto io, al massimo due settimane prima, proprio nei giorni in cui gli Usa bloccavano il codice Swift del Vaticano. Controllate la versione latina, è quella importante. Vi assicuro che conosco benissimo il latino, quindi, se individuate errori nella Declaratio capirete che c’è qualcosa che non va. Se l’avessi scritta in italiano, avrei potuto trasferire l’errore, come poi è stato fatto, di tradurre la parola munus con ministero. Sappiate che la chiave di tutto è proprio nella dicotomia fra munus-incarico divino e ministerium-esercizio pratico del potere

Non ero ricattato

Originale: “Non si è trattato di una ritirata sotto la pressione degli eventi o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte. Nessuno ha cercato di ricattarmi. Non l’avrei nemmeno permesso. Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato perché non bisogna lasciare quando si è sotto pressione. E non è nemmeno vero che ero deluso o cose simili. Anzi, grazie a Dio, ero nello stato d’animo pacifico di chi ha superato la difficoltà. Lo stato d’animo in cui si può passare tranquillamente il timone a chi viene dopo”.

Possibile lettura: Non si è trattato di una ritirata (strategica) dal ministerium  fatta sotto la pressione degli eventi, o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte. Nessuno (dei tradizionalisti) ha cercato di ricattarmi per spingermi a un tale escamotage. Non l’avrei nemmeno permesso. Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato dall’esercizio pratico perché non bisogna lasciare (il ministerium) quando si è sotto pressione. Non è nemmeno vero che ero deluso di come avevo approntato le cose. Ero in pace con me stesso perché avevo risolto le difficoltà e potevo lasciare  tranquillamente il timone della barca di Pietro, cioè una delle due funzioni pratiche alle quali rinunciavo nella Declaratio, sapendo che le cose avrebbero fatto il loro corso.

Felice del successore

Originale: "Il mio successore non ha voluto la mozzetta rossa. La cosa non mi ha minimamente toccato. Quello che mi ha toccato, invece, è che già prima di uscire sulla loggia abbia voluto telefonarmi, ma non mi ha trovato perché eravamo appunto davanti al televisore. Il modo in cui ha pregato per me, il momento di raccoglimento, poi la cordialità con cui ha salutato le persone tanto che la scintilla è, per così dire, scoccata immediatamente. Nessuno si aspettava lui. Io lo conoscevo, naturalmente, ma non ho pensato a lui. In questo senso è stata una grossa sorpresa. Non ho pensato che fosse nel gruppo ristretto dei candidati. Quando ho sentito il nome, dapprima ero insicuro. Ma quando ho visto come parlava da una parte con Dio, dall’altra con gli uomini, sono stato davvero contento. E felice."

Possibile lettura: Il mio successore alla guida dell’esercizio pratico (ministerium), non ha voluto indossare la mozzetta rossa da cardinale - che gli spettava - ma ha preferito vestirsi di bianco. La cosa non mi ha minimamente urtato. Ciò che mi ha urtato, (ripetizione toccato-toccato? n.d.r.), invece, è che mi abbia telefonato prima di essere ufficialmente annunciato al mondo (come vicario per il ministerium), ma non gli ho risposto. Poi, mi ha urtato (?) quel modo con cui ha pregato per me, il momento di raccoglimento e quella cordialità con cui ha salutato le persone tanto da far scoccare subito in loro una scintilla di simpatia. Io lo conoscevo, naturalmente, ma non ho pensato a lui. In questo senso è stata una grossa sorpresa. Non ho pensato che fosse nel gruppo ristretto dei candidati. Quando ho sentito il nome, dapprima ero insicuro. Ma quando ho visto come parlava da una parte con Dio, dall’altra con gli uomini, (non bene) sono stato davvero contento. E felice, perché tutto si sarebbe svolto secondo quanto avevo stabilito. 

La Chiesa è viva

Originale: "L’elezione di un cardinale latino-americano significa che la Chiesa è in movimento, è dinamica, aperta, con davanti a sé prospettive di nuovi sviluppi. Che non è congelata in schemi: accade sempre qualcosa di sorprendente, che possiede una dinamica intrinseca capace di rinnovarla costantemente. Ciò che è bello e incoraggiante è che proprio nella nostra epoca accadono cose che nessuno si aspettava e mostrano che la Chiesa è viva e trabocca di nuove possibilità".

Possibile sottotesto: L’elezione da me predisposta a gestore del ministerium di un cardinale latino americano, (che resta cardinale, appunto), significa che la Chiesa è in movimento, sta per svilupparsi, che non è congelata in schemi (tradizionalisti contro modernisti). Accade sempre qualcosa di sorprendente, che possiede una dinamica intrinseca capace di rinnovarla costantemente. Ciò che è bello e incoraggiante è che proprio nella nostra epoca accadono cose che nessuno si aspettava, (come ad esempio le mie dimissioni scritte invalide), e mostrano che la Chiesa è viva e trabocca di nuove possibilità (per salvarsi).

Riforme: non sono forte

Originale: "Ognuno ha il proprio carisma. Francesco è l’uomo della riforma pratica. È stato a lungo arcivescovo, conosce il mestiere, è stato superiore dei gesuiti e ha anche l’animo per mettere mano ad azioni di carattere organizzativo. Io sapevo che questo non è il mio punto di forza".

Possibile sottotesto: Ognuno ha il proprio carisma. Francesco è l’uomo scelto per mettere in pratica la riforma (luterana?) della Chiesa. E’ stato a lungo arcivescovo, dal ‘97 al 2001, (quattro anni) prima di diventare cardinale, come infatti è ancor oggi (e da ben 15 anni).  Conosce il mestiere, è stato superiore dei gesuiti ed ha l’intenzione di mettere mano alla Chiesa con capacità organizzative che io non possiedo.

Sulla lobby gay vaticana

Originale: "Effettivamente mi fu indicato un gruppo, che nel frattempo abbiamo sciolto. Era appunto segnalato nel rapporto della commissione di tre cardinali che si poteva individuare un piccolo gruppo di quattro, forse cinque persone. L’abbiamo sciolto. Se ne formeranno altri? Non lo so. Comunque il Vaticano non pullula certo di casi simili".

Possibile sottotesto: La lobby gay non è il problema principale. Non concentratevi su di loro. Il problema sono i modernisti della Mafia di San Gallo (di cui si parla da anni).

La Chiesa cambi

Originale: "È evidente che la Chiesa sta abbandonando sempre più le vecchie strutture tradizionali della vita europea e quindi muta aspetto e in lei vivono nuove forme. È chiaro soprattutto che la scristianizzazione dell’Europa progredisce, che l’elemento cristiano scompare sempre più dal tessuto della società. Di conseguenza la Chiesa deve trovare una nuova forma di presenza, deve cambiare il suo modo di presentarsi. Sono in corso capovolgimenti epocali, ma non si sa ancora a che punto si potrà dire con esattezza che comincia uno oppure l’altro".

Possibile lettura: E’ evidente che la Chiesa sta abbandonando le sue antiche strutture tradizionali europee e in essa vivono nuove forme che la stanno snaturando. Proprio in conseguenza di ciò, l’Europa si sta scristianizzando. Pertanto, la Chiesa deve cambiare il suo modo di presentarsi tornando proprio a quella tradizione europea che ha abbandonato. Sono in corso capovolgimenti epocali, come il Reset da me preparato, ma non si sa quando questo verrà attivato poiché la sua comprensione –noto-  è molto lenta e graduale.

Non sono un fallito

Originale: "Un mio punto debole è forse la poca risolutezza nel governare e prendere decisioni. Qui in realtà sono più professore, uno che riflette e medita sulle questioni spirituali. Il governo pratico non è il mio forte e questa è certo una debolezza. Ma non riesco a vedermi come un fallito. Per otto anni ho svolto il mio servizio.  Ci sono stati momenti difficili, basti pensare, per esempio, allo scandalo della pedofilia e al caso Williamson o anche allo scandalo Vatileaks; ma in generale è stato anche un periodo in cui molte persone hanno trovato una nuova via alla fede e c’è stato anche un grande movimento positivo".

Possibile lettura: Un mio punto debole è forse la poca risolutezza nel governare e prendere decisioni, per quello ho rinunciato al ministerium. Qui, in questa nuova situazione dove resto il papa, sebbene privo dell’esercizio pratico del potere, mi occupo di questioni spirituali. Non ho fallito perché ho organizzato le cose per bene. Per otto anni ho esercitato il potere pratico, e nonostante i momenti difficili, gli attacchi e gli scandali da parte, molte persone hanno saputo reagire positivamente trovando una nuova via di sopravvivenza per la fede.

Mi preparo alla morte

Originale: "Bisogna prepararsi alla morte. Non nel senso di compiere certi atti, ma di vivere preparandosi a superare l’ultimo esame di fronte a Dio.  Ad abbandonare questo mondo e trovarsi davanti a Lui e ai santi, agli amici e ai nemici. A, diciamo, accettare la finitezza di questa vita e mettersi in cammino per giungere al cospetto di Dio. Cerco di farlo pensando sempre che la fine si avvicina. Cercando di prepararmi a quel momento e soprattutto tenendolo sempre presente. L’importante non è immaginarselo, ma vivere nella consapevolezza che tutta la vita tende a questo incontro".

Possibile sottotesto: Ora devo prepararmi alla morte. Non devo fare o dire altre cose, bensì lasciare solo che tutto faccia il suo corso per superare il mio ultimo esame di fronte a Dio.

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Come si vede, la lingua italiana e logica elementare sembrano condurre coerentemente ANCHE a una lettura diversa e opposta. Non vogliamo fornire risposte definitive perché non ne abbiamo alcuna autorità, e ci limitiamo solo registrare alcune circostanze fattuali.

La prima, del tutto OGGETTIVA, è che  da nessuna parte in questo scritto di 8.500 battute si può evincere inequivocabilmente come Benedetto XVI consideri Bergoglio UN papa. Lo individua come successore nell’esercizio del potere pratico, ma per come scrive, potrebbe considerarlo anche a tutt’oggi solo un cardinale.   

Viceversa, di se stesso Benedetto non ha mai scritto “io non sono più IL papa”, anzi, in altre sedi ha ribadito che continua a “restare nel recinto di Pietro”, sebbene abbia liberamente rinunciato al potere pratico, come da lui più volte sottolineato.

E siccome continua a dire da otto anni che IL PAPA E’-UNO-SOLO, senza spiegare quale, è legittimo supporre che Benedetto ritenga di essere solo lui il papa in quanto detentore del munus spirituale. L’aggettivo “EMERITO” significa infatti: “Chi, non esercitando più il proprio ufficio, ne gode tuttavia il grado e gli onori”. Quindi se lui, come emerito, gode ancora del grado e degli onori di papa (infatti indossa la veste bianca, si firma P.P., “nomina” ambasciatori e dice che il papa E’ solo uno, questi E’ lui e non Francesco).

In sostanza, in attesa di una spiegazione logica alternativa, tale quadro configurerebbe una situazione NON CON DUE PAPI, ma con UN SOLO PAPA  che ha rinunciato (temporaneamente?) all’esercizio pratico del potere, decisione presa – liberamente e consapevolmente - per grosse difficoltà nel gestirlo. Una rinuncia da parte del papa al solo potere pratico è giuridicamente impossibile e quindi viene annullata qualsiasi ipotesi di abdicazione effettiva, ergo, il conclave del 2013 era invalido. Il papa è ancora e solo lui. E l’altro un cardinale-antipapa.

Quindi semmai, più che chiedersi: "Perché Benedetto continua a portare la veste bianca?", ci si potrebbe anche chiedere: "Perché il cardinale Bergoglio, che si dovrebbe occupare dell’esercizio pratico del potere del Papa, non porta la veste rossa?". E' un caso che Francesco non si firmi Pontifex Pontificum e che abbia rinunciato al titolo di Vicario di Cristo?

La seconda circostanza oggettiva, quanto al Reset e alla costruzione volontaria dell’invalidità delle dimissioni, l’interpretazione del possibile sottotesto, resta comunque costantemente e logicamente plausibile, pur velata da un linguaggio sottile. Colpisce  soprattutto la prima parte, dove l’excusatio non petita sulla sua ottima conoscenza del latino, contrasta con l’effettiva presenza di grossolani errori nel testo della Declaratio. Non c’è quindi nulla che contraddica esplicitamente una seconda lettura, più sottile, del testo, ma antitetica alla prima.

Ora, abbiamo riscontrato questa ambivalenza di significato, con le medesime possibilità di sottotesto, anche nei virgolettati delle maggiori interviste concesse da Ratzinger ai giornali più importanti. Non è un esempio isolato, magari ci torneremo sopra nei prossimi appuntamenti.

I casi sono due: o si tratta solo di una serie di sfortunatissime coincidenze nell’uso di frasi maldestre, che si ripetono costantemente da otto anni, oppure c’è dell’altro.

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