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Il testo giuridico dell'avvocatessa Acosta: dimissioni rese invalide – apposta - da Benedetto XVI

“Il papa è uno ed è Benedetto, non Francesco”: la ricostruzione

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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AVVERTENZA: quanto segue, sulle prime, vi sembrerà una sorta di romanzo alla Dan Brown, oppure un guazzabuglio tecnico-giuridico. Se non siete lettori già prevenuti e ostili, che ci relegheranno subito fra i terrapiattisti, seguiteci con un po’ di apertura mentale. Ne vale davvero la pena. Da parte nostra cercheremo di semplificare all’estremo la questione, anche con esempi “terra-terra”. 

 

Un papa emerito davvero irritante…

“Il papa è solo uno”, dice Ratzinger da otto anni, ma non spiega quale dei due sia. I media mainstream cercano di fargli dire a tutti i costi che il papa è Francesco, ma non ci riescono. Qui.

Insomma, fa proprio venire i nervi questo “papa emerito”: continua a vestirsi di bianco, a fregiarsi del titolo di Pontifex pontificum, a impartire la benedizione apostolica, a scrivere libri, a rilasciare interviste, a intervenire su questioni morali e di vita ecclesiastica. In breve, continua fastidiosamente a comportarsi come se fosse rimasto papa,  sebbene in ritiro spirituale. E non ammette MAI che il solo papa è Francesco. Dice semplicemente e sibillinamente che di papa CE N’E’ SOLO UNO, come nell’ultima intervista al Corriere: Qui

 

Provocazioni capricciose e inutili, dunque, tanto per il gusto di mandare dallo psicanalista un miliardo di cattolici? Perfino il card. Pell si è accorto che Benedetto non può continuare con queste ambigue “stramberie”. Tuttavia, cerchiamo di ricordare chi era Ratzinger: per alcuni troppo tradizionalista, per altri cripto-modernista, ma umanamente tutti lo riconoscevano come uomo mite e umile, filosofo rigoroso, teologo sapiente.

Ora, dunque, si sarebbe trasformato in un anziano stravagante, dispettoso e vanesio? Riflettiamoci.

 

La tesi choc, ma non troppo

C’è una sola ipotesi che fa quadrare tutti i conti e ve la riassumiamo secca secca: la chiave del mistero dei due papi è da ricercare nel modo strategico e intelligente con cui Benedetto ha scritto dimissioni appositamente invalide e in come si è comportato dopo le dimissioni.

SCAVARE LI’!

Concentratevi su questo: anche se, sulle prime, vi sembrerà un rompicapo, c’è una logica e la scopriremo con chi è del mestiere.

 

Il “movente”

Ma subito uscirà l’obiezione: perché Benedetto avrebbe dovuto architettare tutto questo?

Magari, come sostengono in molti, perché assediato da una fronda interna (l’arcinota Mafia di San Gallo) e/o da pressioni internazionali, come quando Obama bloccò il codice Swift dei conti vaticani: qui.

Secondo alcuni, la Chiesa cattolica “vecchio stile” era l’ultimo ostacolo a disegni mondialisti e sovranazionali volti a creare, oltre al resto, una nuova religione sincretista ed eco-massonica. Qui.

Quindi, l’escamotage delle dimissioni invalide era l’unica cosa che Ratzinger, rimasto ormai solo e accerchiato, soverchiato da media ostili, potesse fare per salvare la Chiesa.

Da otto anni, col suo comportamento, Benedetto sta cercando di farci capire che il papa è LUI e SOLO LUI, con azioni e parole.

Fantasie? Parliamone.

 

Esce il primo testo giuridico che conferma tutto

Questa tesi era stata in parte già avanzata da noi qui in un articolo dove ci si concentrava sugli strani errori di latino nella Declaratio di dimissioni di Ratzinger: servivano ad attirare l’attenzione su un documento scritto appositamente  invalido.

Stavolta a confermare l’ipotesi esce il primo TESTO GIURIDICO dedicato alla questione: “Benedict XVI: Pope "Emeritus"?,  un volume di quasi 300 pagine  edito in inglese, spagnolo e portoghese, disponibile anche in ebook, opera dell’avvocatessa colombiana e già docente universitaria di diritto civile e commerciale Estefania Acosta qui

 

Cosa conta davvero fra le varie questioni

Il libro affronta tecnicamente, tutte le obiezioni che sono state portate avanti fino ad oggi contro l’elezione di Bergoglio del 2013: dall’intervento della Mafia di San Gallo - con le clamorose dichiarazioni del card. Danneels - al possibile stato di scomunica di Bergoglio, fino alla sua ventilata appartenenza alla massoneria etc. etc.

L’avvocato Acosta ne scarta parecchie, ne ridimensiona alcune e altre ancora le riconosce come vere, ma non dirimenti dal punto di vista giuridico

La presentazione del libro spiega COSA CONTA davvero per la Acosta: Questo è il primo libro ad offrire, con rigore accademico e in modo sistematico, la prova canonica che Benedetto XVI non ha mai validamente rinunciato all'ufficio di Romano Pontefice per cui rimane l'unico e vero Papa della Chiesa cattolica, alla quale tutti i cattolici devono fedeltà e obbedienza sotto pena di scisma. In conseguenza di questa e di altre irregolarità precedenti e concomitanti all'elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio nel conclave del 2013, "Francesco" è davvero un anti-Papa, cioè occupa illegittimamente la Cattedra di Pietro e, quindi, riconoscerlo come Papa è, per lo meno, una oggettiva negazione della verità”.

 

Indagine su come sono  “costruite” le dimissioni.

L’avvocato Acosta spiega la faccenda così: “Nel libro si dimostra come il testo della Declaratio scritto da Ratzinger sia stato preparato con cura, in modo che, sulle prime, non si notasse che Benedetto non si stava affatto dimettendo dall'incarico di Pontefice. Infatti, vediamo come nelle dichiarazioni successive alle sue dimissioni, Benedetto fornirà vari indizi affinché questa realtà possa essere scoperta attraverso un'attenta analisi del testo, che - non a caso - è pieno di errori di latino per attirare l’attenzione. Gli ulteriori indizi sono anche il fatto che Benedetto continua a vestire di bianco (giustificandosi con la frase surreale che “non ha più talari nere nell’armadio” n.d.r.); poi ha voluto mantenere la residenza in Vaticano,  il nome, la benedizione apostolica e continua a ripetere insistentemente che “il papa è uno solo” senza dichiarare quale dei due sia”... 

 (… battendo la mano sul bracciolo, come a dirci “Zucconi!”, n.d.r.).

“Attenzione, – continua la Acosta - la chiave dell'invalidità delle dimissioni non risiede nel fatto che Benedetto sia stato "forzato". Benedetto ha agito liberamente nel senso che sapeva bene quello che stava facendo, sapeva che avrebbe continuato ad essere il Papa perché non si stava dimettendo dall’ESSERE il Papa (munus) ma semplicemente dichiarava di rinunciare al FARE il papa (ministerium) ovvero a svolgere (peraltro solo alcune) delle azioni pratiche che svolge il pontefice. E questo invalida le sue dimissioni, come vedremo, poiché “essere” e “fare” sono indivisibili per il papa. Per questo Ratzinger ha, coerentemente, appena dichiarato al Corriere della Sera: “Otto anni fa ho compiuto la mia scelta IN PIENA CONSAPEVOLEZZA E HO LA COSCIENZA A POSTO”.

Tutto programmato, dunque, ma non nel senso in cui lo vogliono vedere i media conformisti.  Probabilmente, Benedetto ha seguito tale strategia per lasciare che la “deep Church”, come la chiama Mons. Viganò, si rivelasse per quella che è, e per le sue intenzioni. Ha adottato la tattica di Bergoglio, “aprendo processi e non occupando spazi”: lascia che le cose si evolvano da sole e sulla progressiva consapevolizzazione dei fedeli, non essendogli possibile proclamare autonomamente una verità che verrebbe zittita dai guardiani del politicamente corretto.

 

Il nodo-chiave giuridico evidenziato dalla Acosta

Il punto fondamentale è che non si può ESSERE papa SENZA ANCHE FARE COMPLETAMENTE il papa perché munus (essere) e ministerium (fare) sono indivisibili, cosa ribadita anche dal Segretario della Nunziatura apostolica Mons. Sciacca nel 2019, (n.d.r.).

Ratzinger dichiara nelle sue dimissioni – che, siccome l’esercizio pratico (ministerium) che comporta ESSERE il papa (munus) gli è divenuto gravoso, allora lui rinuncia  A FARE alcune cose da papa(come “annunciare il Vangelo e governare la barca di Pietro”). Non gli è mai pesato ESSERE il papa. Gli pesavano solo alcune delle cose pratiche che fa il papa.

Ma questa sua dichiarazione NON comporta che egli NON SIA PIU’ il papa.

Siccome Munus e ministerium sono indivisibili, per non essere papa, non deve nemmeno fare niente da papa.

Capite? Se il papa vuol dimettersi non può tenere il munus (l’ESSERE) e rinunciare solo alle cose gravose del ministerium (il FARE). Troppo comodo. Per questo le dimissioni di Ratzinger  sono abilmente e consapevolmente costruite come un NONSENSE GIURIDICO.

Quindi Benedetto NON SI E’ MAI DIMESSO perché le dimissioni sono INVALIDE e il papa E’ ANCORA LUI, e SOLO LUI dato che, come continuano a ripetere tutti: il papa E’– SOLO - UNO”. 

E infatti, a riprova, Benedetto XVI continua “fastidiosamente” a vestirsi di bianco, a firmarsi Pontifex pontificum, etc.

Il card. Pell protesta per la sua condotta e i media mainstream tentano di metterci una pezza, come sopra.

 

Una metafora banale

Vi gira la testa? Comprensibile, ma proviamo con un esempio terra-terra, per non stressarci troppo. Immaginiamo un tizio di nome  Carlo che dice:

“Sapete: le cose da fare che comporta ESSERE IL MARITO di Lucia mi sono diventate molto gravose, per cui dichiaro di rinunciare a farle, ergo non SONO più il marito di Lucia”.

Questa frase non autorizza Carlo a non ESSERE  più il marito di Lucia anche se non FA più alcune cose da marito, le più gravose.

Finché non si fa un divorzio legale con la perdita di tutti i diritti e doveri maritali,  Carlo è marito di Lucia e la stessa non può sposarsi con Franco il suo nuovo amante.

Se Franco dichiara di essere legittimo marito di Lucia, senza che il divorzio con Carlo sia avvenuto, Franco mente ed è perseguibile per legge.

E’ sottile, ma provatevi ad andare in tribunale con vostra moglie e a dichiararvi già divorziati come propone Carlo: vediamo cosa vi risponde il giudice.

 

Conclusioni

In soldoni, Ratzinger, non ha "sbagliato casualmente" a scrivere le dimissioni perché queste sono costruite secondo una logica giuridica non casuale;  lui continua coerentemente a essere il papa e a farlo “a mezzo servizio”, cosa legalmente impossibile. Quindi se lui dice che il papa è uno, implicitamente ci dice che le sue dimissioni sono invalide e che è stato costretto a questo escamotage.

Adesso, al di là dell’aspetto tecnico, dove ci si può anche smarrire un attimo se non si è giuristi, lo scenario tratteggiato, per quanto incredibile, fa sì  che tutti i pezzi del puzzle trovino il loro incastro e infatti, il mite Benedetto – unico Vicario del Logos incarnato rimasto in terra - a parte velare il suo linguaggio, ha sempre detto la verità, comportandosi coerentemente con la sua dichiarazione e col suo stile di uomo e di religioso. Un trucco? No. Del resto, doveva pur fare, o no, qualcosa per difendere la Chiesa da chi lo pressava per mandarlo via? Colpa degli “altri” se, accecati dalla smania di potere, non si sono accorti che la Declaratio non era giuridicamente valida e costituisce, oggi, per loro una sorta di bomba atomica a orologeria.  

Conclude Acosta: “Ratzinger è ambiguo per non mentire, sapendo che in certi casi e a certe condizioni l'ambiguità è moralmente giustificata. Ecco perché non risponde mai chiaramente, ecco perché le sue risposte sono enigmatiche, ecco perché le sue "dimissioni" sono altrettanto "codificate": sembrava che avesse rassegnato le dimissioni dall’essere il papa ma in realtà, quello che fa è "rinunciare" ad alcune funzioni pratiche che secondo lui corrispondono al papa. E quella "rinuncia" frazionaria, incompleta o parziale non è valida perché contrasta con la legge divina: va contro l'istituzione del Papato che poggia su un solo capo, cosa che Gesù ha fatto scegliendo come papa solo Pietro, e va contro la pienezza dei poteri di cui, per diritto divino, gode il pontificato”.

***

Adesso vediamo se qualcuno dei conservatori raccoglierà l’input, magari anche  recedendo (con un pizzico di buona volontà) da qualche granitica posizione e rischiando qualcosa, e vediamo se i modernisti bergogliani sapranno rispondere a tono e smontare questa ricostruzione.

Probabilmente arriveranno le solite accuse sprezzanti di complottismo, i muri di indifferenza, gli attacchi personali, o magari risposte inutili del tipo: “Il papa è il papa”. Purtroppo, proprio questo è il dubbio.

Tali reazioni sarebbero ancora più controproducenti rispetto ai già pesanti, ultimi autogol del pensiero mainstream, tutto dalla parte di Bergoglio.

Non c’è bisogno di attaccare, noi siamo aperti. Vi sia un dibattito e vinca il migliore su base tecnico-giuridica, purché lo scambio sia fra persone corrette, lucide, intellettualmente oneste e interessate alla Verità.

 

P.S.

Copiamo integralmente il testo della Declaratio in latino e poi in italiano. Attenzione, come già segnalato nello scorso articolo linkato all’inizio, il Vaticano ha tradotto nelle lingue, compreso l’italiano, la parola munus sempre con ministero. Confrontate con la versione latina. A voler pensare bene, perché per il Papa, munus e ministerium sono indivisibili. A pensar male, per tentare di nascondere il meccanismo giuridico innescato da Benedetto. Ma in entrambi i casi “a guadagnarci” è lui.  

Fratres carissimi Versione originale latina di Benedetto XVI:

Qui.

Fratres carissimi

Non solum propter tres canonizationes ad hoc Consistorium vos convocavi, sed etiam ut vobis decisionem magni momenti pro Ecclesiae vita communicem. Conscientia mea iterum atque iterum coram Deo explorata ad cognitionem certam perveni vires meas ingravescente aetate non iam aptas esse ad MUNUS Petrinum aeque administrandum.

Bene conscius sum hoc MUNUS  secundum suam essentiam spiritualem non solum agendo et loquendo exsequi debere, sed non minus patiendo et orando. Attamen in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni ponderis pro vita fidei perturbato ad navem Sancti Petri gubernandam et ad annuntiandum Evangelium etiam vigor quidam corporis et animae necessarius est, qui ultimis mensibus in me modo tali minuitur, ut incapacitatem meam ad ministerium mihi commissum bene administrandum agnoscere debeam. Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me MINISTERIO Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 20, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse.

Fratres carissimi, ex toto corde gratias ago vobis pro omni amore et labore, quo mecum pondus ministerii mei portastis et veniam peto pro omnibus defectibus meis. Nunc autem Sanctam Dei Ecclesiam curae Summi eius Pastoris, Domini nostri Iesu Christi confidimus sanctamque eius Matrem Mariam imploramus, ut patribus Cardinalibus in eligendo novo Summo Pontifice materna sua bonitate assistat. Quod ad me attinet etiam in futuro vita orationi dedicata Sanctae Ecclesiae Dei toto ex corde servire velim.

 

Traduzione italiana, proposta dal sito ufficiale vaticano

Carissimi Fratelli,

vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare  in modo adeguato il MINISTERO (Munus!) petrino.  Sono ben consapevole che questo ministero (munus!), per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al MINISTERO di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice.

Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.

Traduzione inglese proposta dal sito ufficiale vaticano

Dear Brothers,

I have convoked you to this Consistory, not only for the three canonizations, but also to communicate to you a decision of great importance for the life of the Church. After having repeatedly examined my conscience before God, I have come to the certainty that my strengths, due to an advanced age, are no longer suited to an adequate exercise of the Petrine MINISTRY (Munus!). I am well aware that this ministry, (munus!) due to its essential spiritual nature, must be carried out not only with words and deeds, but no less with prayer and suffering. However, in today’s world, subject to so many rapid changes and shaken by questions of deep relevance for the life of faith, in order to govern the barque of Saint Peter and proclaim the Gospel, both strength of mind and body are necessary, strength which in the last few months, has deteriorated in me to the extent that I have had to recognize my incapacity to adequately fulfill the MINISTRY   entrusted to me. For this reason, and well aware of the seriousness of this act, with full freedom I declare that I renounce the ministry of Bishop of Rome, Successor of Saint Peter, entrusted to me by the Cardinals on 19 April 2005, in such a way, that as from 28 February 2013, at 20:00 hours, the See of Rome, the See of Saint Peter, will be vacant and a Conclave to elect the new Supreme Pontiff will have to be convoked by those whose competence it is.

Dear Brothers, I thank you most sincerely for all the love and work with which you have supported me in my ministry and I ask pardon for all my defects.  And now, let us entrust the Holy Church to the care of Our Supreme Pastor, Our Lord Jesus Christ, and implore his holy Mother Mary, so that she may assist the Cardinal Fathers with her maternal solicitude, in electing a new Supreme Pontiff. With regard to myself, I wish to also devotedly serve the Holy Church of God in the future through a life dedicated to prayer.

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