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Mario Draghi, o "l'abbraccio mortale del Loden" (Meloni unica a capirlo)

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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C’è un che di tenero  e di irritante al tempo stesso in questa generale fascinazione per Mario Draghi. Emerge, rugiadosa, quell’infantile propensione dell’italiano medio verso l’”Uomo competente”, (sorta di upgrade postmoderno dell’”Uomo forte”) catalizzata in una voglia di rassicurante, avvolgente lana cotta che avevamo già conosciuto con il loden di Monti e che poi si è visto quali disastri abbia prodotto.

Una propensione emotiva unita, però, a una seccante mancanza di visione strategica e di memoria storica. Infatti, oltre l’ipnotico scintillìo della “competenza”, appare imperdonabile come non si voglia approfondire al servizio di quali obiettivi questa – pur oggettiva - sia stata dedicata.

Non staremo qui a ripercorrere il percorso professionale di Mario Draghi, ma ci limiteremo a raccogliere la spuma dell’attualità: guarda caso, dopo mille ritrosie negli anni scorsi, il banchiere oggi ha accettato subito, senza colpo ferire, la chiamata del Capo dello Stato. Ursula von der Leyen lo ha immediatamente sponsorizzato in un modo così goffo e spudorato che, ai più, avrebbe dovuto sembrare abbastanza sospetto.

Per non parlare del fatto che Draghi, uno dei tanti allievi dei gesuiti (ormai è chiaro: se volete avere successo nella vita, che vogliate fare gli showman o i politici, studiate dai gesuiti) è uno dei beniamini di Bergoglio che lo ha da tempo nominato perfino membro dell’Accademia Pontificia delle Scienze sociali, un onore che non aveva ricevuto nemmeno Giuseppe Conte, cocco del cardinale Silvestrini, a sua volta membro della Mafia di San Gallo.

Improvvisamente, tutti i poteri che mirano all’annichilimento della sovranità italiana, dal punto di vista economico, geopolitico, identitario, demografico, etnico, culturale portano Draghi sulla sedia gestatoria come se fosse l’Uomo della Provvidenza. Ma … farsi una domanda?

Guarda caso, lo spread, la garrota con cui era stato strangolato Berlusconi, è calato improvvisamente, come se fossero le acque del Lago di Tiberiade calmate da Gesù Cristo.

Per non parlare dei media generalisti che, ormai, riservano al banchiere toni messianico-agiografici da Tg nordcoreano, e già solo questo dovrebbe far scattare l’allarme rosso.

L’unica ad aver colto strategicamente il quadro e ad essersi smarcata da tattiche di piccolo cabotaggio è Giorgia Meloni, che, con eleganza ha sostanzialmente detto a Draghi: “Egregio, molta stima per le Sue capacità, ma lei viene da un mondo che per noi è NEMICO, per noi Lei è l’antimateria”.

Dopo un periodo in cui gli italiani sono stati portati oltre i livelli di nausea umanamente sopportabili da ogni sorta di tradimenti, trasformismi, elusione di promesse, cambiamenti di casacca, incoerenze, la Meloni ha ben intuito che gli italiani hanno fame di posizioni chiare, nette, granitiche e incorruttibili. Vogliono GENTE CHE NON FIRMA PATTI COL DIAVOLO, anche a costo di rimetterci. In breve: vogliono la DIGNITA’ della politica.

Dopo che il centrodestra è stato trattato come una pezza da piedi prima, durante e dopo le elezioni (l’ipotesi della formazione di un sua possibile governo non è stata nemmeno presa in considerazione da Mattarella) la Meloni ha fin troppo educatamente detto “no grazie” o si va a elezioni, oppure tenetevi quello che vi meritate.

Questa è strategicamente la strada giusta, a nostro avviso, che infatti sta premiando la giovane signora spinta da razzi nei sondaggi mentre Salvini, imborghesitosi da tempo sulle Nutelle, sui “papà e le mamme”, fiaccato dai processi, ha perso diversi punti. E troppi ne perderà accettando – agli occhi degli elettori - di far parte di un’ammucchiata che solo apparentemente è di salvezza nazionale, ma che nei fatti si tradurrà nella traduzione puntuale degli obiettivi di poteri sovranazionali.

La Meloni sa che l’Italia è divisa in due grandi fazioni: una europeista e una che riconosce nell’euro e nella Ue la radice di tutti i mali. O con il mondo, o contro il mondo; o di qua, o di là: vedrete quanti voti intercetterà FdI – ormai proiettato verso il ruolo di unico partito credibilmente sovranista  - non solo dall’elettorato della Lega, ma anche da una gran massa di ex elettori cinque stelle, poveri cittadini pieni di ideali e di aspettative, truffati da una corte dei miracoli che ha fatto tutto e il contrario di tutto di quanto si era prefissata.

E su questa battaglia “escatologica” fra due modelli di pensiero, uno centrifugo e uno centripeto quanto all’Italia e ai suoi interessi, gli elettori sopra citati non sono più disposti ad accettare tatticismi.

E’ uno scontro molto più profondo di quanto i fumogeni della immediata convenienza politica facciano percepire (ed è comico che nella vera Apocalisse si parli del “grande drago rosso” (la Cina?) e che il nome del prossimo premier faccia appunto “Draghi”. Ci manca solo che il prossimo candidato euro-progressista si chiami “Luigi Anticristi”).

Difficile convincere il piccolo imprenditore distrutto dall’euro e dalla concorrenza cinese o il commerciante fatto a pezzi da Amazon, della necessità di collaborare con Draghi per racimolare qualche miserabile ministero o qualche posticino di sottosegretario.

In questo senso, la Meloni è l’unica che ha mantenuto il polso emotivo di una larghissima parte del Paese, cosa che alla fine conta più di tutte, a livello elettorale.

Vedrete che nomi di ministri tirerà fuori Draghi. Già filtra quello della Bellanova, la promotrice della sanatoria per gli immigrati: da far tremare i polsi. Sarà un Conte Ter al quadrato, solo più apparentemente presentabile e molto più abile ed efficiente nel perseguire gli obiettivi di Ursula von der Leyen.

Sarà un governo che piacerà all’Europa, alle borse, ai media conformisti, (cartina al tornasole infallibile) a Bergoglio, il quale, con l’ultima enciclica “Fratelli tutti” ha praticamente dichiarato guerra all’Italia come stato-nazione.

L’agenda di quello che viene chiamato “il Grande Reset” proseguirà a tappe forzate.

Anzi, a tal proposito, infischiandocene bellamente del sospetto di complottismo – dato che ormai la realtà supera di gran lunga la più fervida fantasia cospirazionista - segnaliamo un libro molto ben fatto, “Il Grande Reset”, della “bocconiana redenta” Ilaria Bifarini, dedicato al piano preciso, ufficiale e documentato, sul quale istituzioni internazionali, filantropi, organizzazioni non governative e mega-aziende private collaborano apertamente già da tempo per organizzare una società in cui “nulla sarà come prima”.

Buon loden a tutti.

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